Un’affluenza che scende e che è la prima spia che si accende sul prossimo referendum costituzionale. Ma si accende un’altra spia sul partito perché il Pd fa fatica in tutte le principali città, a Milano – dove il premier ha fatto la sua scommessa più alta - Sala e Parisi si rincorrono per tutta la notte in un testa a testa estenuante. Nessun sindaco confermato al primo turno (tranne forse quello di Cagliari), esclusione dal ballottaggio di Napoli. Ma il cuore della nottata è a Roma dove per molte ore Roberto Giachetti ha duellato con Giorgia Meloni per il secondo turno rimasto in bilico fino all'ultimo.
E proprio la conquista del ballottaggio, sia pure sul filo di lana, diventa la ”salvezza” per Renzi, l’unico fatto positivo di una nottata. L’esclusione da Roma sarebbe stata un brutto colpo per il premier, una sconfitta bruciante soprattutto se messa accanto alle difficoltà di Sala a quelle di Fassino. Dunque Giachetti ce la fa e risparmia un lunedì nero al premier ma l’appuntamento è solo rinviato di 15 giorni quando oltre alla suspence per la Capitale ci sarà anche quella su Milano che si annuncia già complicata. Sarà difficile per Renzi il 20 giugno far finta di niente, prendere le distanze da un voto parlando solo dei sindaci perché il voto di città così importanti ha in sé un significato politico anche per il Governo. Soprattutto perché sia a Roma che a Milano i candidati li ha scelti lui.
Gli unici a cantare vittoria sono i 5 Stelle che possono dire di aver toccato una prima meta, quella di arrivare al ballottaggio di Roma da grande favorito. La candidata Raggi ha staccato di molto Giachetti dimostrando che nella Capitale va verso la vittoria. E importante è anche il risultato di Torino dove la Appendino è riuscita a dar filo da torcere a Fassino e ad aprire il secondo turno all’incertezza. Insomma, un successo atteso e trovato nelle urne, una conferma che è un tonico per il Movimento dopo gli scandali di Livorno e Parma, dopo la scomparsa di Casaleggio e il progressivo disimpegno del loro guru, Grillo, che in questa occasione si è tenuto lontano dalle piazze e dalla campagna elettorale.
E il voto di ieri è una lezione per la destra. Che divisa perde, unita ha chance di tornare a vincere. Che nella declinazione moderata scala posizioni mentre nella versione di Salvini fa fatica. A Milano, a Napoli, a Bologna, a Trieste: dove la Lega non ha rotto con Berlusconi, la destra ha conquistato il ballottaggio. E a Roma si trova la dimostrazione che il Cavaliere ha ancora un potere sia pure d’interdizione perché appoggiando Marchini ha impedito alla Meloni di affacciarsi sul secondo turno.
Tra quindici giorni c’è il redde rationem finale. I riflettori saranno più che a Roma, dove sembra scontata la vittoria dei 5 Stelle, a Milano. Se Renzi dovesse perdere la città sarà un’umiliazione per il premier che ha scelto il candidato e ha costruito la “narrazione” politica di successo sull’Expo. Davvero potrebbe essere un segnale allarmante che cambierà anche la campagna elettorale verso il referendum. Se al primo turno il rischio era Roma, al ballottaggio la roulette è Milano.
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