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Carlo Messina: «Brexit, per l’Italia può essere una…

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A colloquio con Carlo Messina

Carlo Messina: «Brexit, per l’Italia può essere una grande occasione di crescita»

(Agf)
(Agf)

Carlo Messina è un uomo di banca che parla poco, non gli piace comparire, conosce e pratica le regole del mercato e dell’innovazione. Mi viene in mente l’espressione “liberata” di Giovanni Bazoli il giorno della sua nomina alla guida di Intesa Sanpaolo, dopo una stagione turbolenta, e quelle parole che cito a mente: sono tranquillo, ora la banca è stata messa in sicurezza.

Sbagliava il professor Bazoli, perché Messina non ha “messo in sicurezza” la banca, ne ha fatto la prima banca d’Europa, quella più capitalizzata che decide di investire sul territorio, nei “luoghi” della manifattura e della ricerca italiane, e gode di un credito internazionale e di un apprezzamento sui mercati di prima grandezza.

Qui, però, Messina, il giorno dopo lo shock di Brexit, parlerà poco di Banca Intesa e molto del Paese e dell’Europa, rompe la sua regola di riservatezza perché sente il bisogno di dire che «viviamo un momento unico per trasformare una fase difficile e di persistente incertezza e volatilità in una grande occasione di crescita» e lo dice, a modo suo, con un linguaggio fatto di cose avvenute, che si capiscono e si possono toccare.

Dottor Messina, abbiamo alle spalle il venerdì nero più nero della storia italiana, mai Piazza Affari in un solo giorno era crollata così tanto, non esiste un effetto Italia ma motivi fondati di forte preoccupazione di sicuro, e lei dice che viviamo un “momento unico” per l’Italia prima ancora che per l’Europa, capisco l’occasione da cogliere, ma il momento unico incuriosisce, esige spiegazioni. «Guardi, io non ho dubbi - dice scandendo bene le parole - che sono questi i momenti in cui si deve reagire per diventare leader europei. Sono fasi nella vita di un Paese in cui è necessario giocare all’attacco non in difesa, diciamo che si è obbligati a essere vincente non perdente. Era così per le banche nel 2011 e a casa nostra ci siamo posti il problema: che cosa facciamo, ci siamo chiesti, ci difendiamo, teniamo la posizione e inevitabilmente decliniamo verso una media banca? Oppure giochiamo all’attacco, lavoriamo sodo su di noi e sui clienti, rafforziamo il capitale, ragioniamo in grande? Abbiamo scelto la seconda strada e oggi siamo la banca più forte in Europa per capitale, leverage, efficienza e redditività. Oggi il Paese ha tutte le condizioni per essere leader in Europa e vincere la sua partita in Italia. L’Inghilterra è uscita? Bene, noi possiamo aggredire alcuni suoi punti di forza, se esci da un ambiente finanziario e universitario dove tutti parlano in inglese, mi creda, lo puoi rifare anche in Italia, in tutti i campi. Prima, però, devi fare in modo che vengano sanati alcuni punti politici deboli dell’Europa di oggi...»

Si spieghi meglio, dottor Messina, a che cosa si riferisce? Ecco la risposta: «Prima di tutto in Europa impera l’indicatore che misura il rapporto debito pubblico/pil ed esclude il risparmio privato. Qui non si chiede di cambiare le regole ma di seguire criteri seri di bilancio. Il rapporto debito pubblico/pil se lo sono inventati in Germania perché loro stanno meglio ma i debiti di un Paese sono pubblici e privati e, se li consideriamo entrambi, la Germania, l’Italia e la Francia sono i tre Paesi leader in Europa e, in questo caso, si parte da una regola di verità. Aggiungo: se confronti il debito pubblico con il patrimonio pubblico scrivi in modo serio le regole perché sono quelle del bilancio e scopri che la forza del risparmio privato italiano aiuta a trovare quelle risorse di cui abbiamo vitale bisogno per sostenere la crescita». Non si ferma qui, Messina, il passaggio dai punti deboli da sanare alle “regole stupide” da correggere o eliminare, è breve, direi quasi automatico. Ascoltiamolo:«Direttore, siamo riusciti a non contrastare e a fare valere per i depositi e le famiglie uno strumento come quello del bail in che era stato concepito e si rivolgeva agli investitori istituzionali. Il caso dell’Ilva, poi, è paradossale. L’infrastruttura più importante per il Pil del Paese è sottoposta a un’asta dove il fattore tempo e il fattore prezzo sono vincolati. Queste sono “regole stupide” e vanno eliminate. Siamo diventati specialisti a infilarne una dietro l’altra e a creare un meccanismo vizioso che alimenta un circolo tutto al contrario per cui dobbiamo combattere disoccupazione e disagio sociale e facciamo in modo di crearne di nuovo noi. Ne vuole sentire un’altra? Ho visto che l’ha citata nel suo editoriale di ieri. Abbiamo detto sì alla vigilanza unica e al passaggio di competenze a Francoforte in cambio della garanzia unica sui depositi, ma poi si scopre che la Germania la vuole condizionare al grado di rischio legato al possesso di titoli di Stato da parte delle banche. Siamo seri! Anche mettendo insieme cose che non stanno insieme, titoli di Stato in pancia alle banche italiane e sofferenze nette, siamo a una frazione di un terzo/quarto del pil italiano, ma se andiamo a esplorare i derivati posseduti da banche tedesche e francesi scopriremo che i totali dell’attivo sono un multiplo del Pil dei loro Paesi, ha capito bene, un multiplo non una frazione. Mi sa dire lei qual è il rischio maggiore?».

Su questo, sono totalmente d’accordo, anzi, nel giornale di ieri, ho espresso la mia opinione su una scala più vasta: se si vuole costruire davvero una nuova Europa non solo bisogna fare la garanzia unica sui depositi ma anche condividere i debiti pubblici nazionali, ognuno ha il suo rischio e la saggezza consiglia di gestirli insieme, in un quadro volutamente espansivo, che non perda la serietà di bilancio, ma guardi finalmente avanti, ci metta dentro investimenti e futuro, cioè, ricchezza e lavoro per i giovani. Dottor Messina, però, mi tolga un altro dubbio: lei è convinto che ci sia in Italia una leadership politica in grado di fare cambiare queste “regole stupide” in Europa e di compiere le scelte che servono in Italia, e se sì con i numeri e la forza parlamentare indispensabili? Anche su questo punto, la risposta non si fa attendere:«Bisogna avere credibilità e credo che se c’è una persona che se la può giocare questa è proprio Renzi, l’energia e la determinazione del premier unite alla competenza e alla capacità tecnica del ministro Padoan, ci mettono in una condizione a mio avviso ideale. Oggi il presidente del Consiglio può determinare l’agenda del Paese e contribuire a cambiare quella europea, e se non lo fa perde un’occasione unica, se non torni a investire e non tagli questi elementi di debolezza europea incomprensibili, ti avvii verso il lato perdente non quello vincente. Sia chiaro: noi all’Europa non dobbiamo solo chiedere regole nuove che valgono per tutti, ma dobbiamo anche dimostrare di ridurre il debito pubblico italiano, rivediamo il bail-in e le “regole stupide” ma diamo un segnale magari cominciando a vendere i beni immobiliari dello Stato, sono operazioni difficili, ma vanno fatte. Serve un segnale perché non si disperda il valore di un Paese strutturalmente forte, fatto di risparmio e di imprenditori innovativi, con un Nord che cresce più dell’Europa». Si ferma di scatto, Messina, ma si vede che ha dentro ancora qualcosa da tirare fuori, riguarda il Nord, anzi Milano, la sua capitale economica, e ritorna esattamente lì, da dove abbiamo iniziato questa conversazione. «Direttore, mi creda, abbiamo davvero un’occasione unica. Mi dice che cosa impedisce di decidere di trasferire l’Eba da Londra a Milano, esattamente come la Bce sta a Francoforte e l’ESMA a Parigi, e cominciare così a valorizzare l’area cablata dell’Expo non solo per la ricerca e l’innovazione, cose giustissime, ma anche come polo di attrazione per la finanza e l’Università? Abbiamo la Bocconi a Milano e la Luiss a Roma, i Politecnici di Milano e di Torino, abbiamo una rete straordinaria di eccellenze. Milano per la qualità dei suoi servizi, a un’ora dal lago di Garda e dal mare, può competere e vincere su Francoforte e Parigi. Dobbiamo pensare e fare in grande».

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