Italia

«Da Brexit un voto contro l’esclusione»

  • Abbonati
  • Accedi
l’intervista

«Da Brexit un voto contro l’esclusione»

 Francesco Caio, amministratore delegato di Poste Italiane (imagoeconomica)
 Francesco Caio, amministratore delegato di Poste Italiane (imagoeconomica)

«Il voto sul referendum per la Brexit non è un voto contro l’Europa, ma contro l’esclusione. Un esito che abbiamo visto in questi giorni in Inghilterra, ma che presto potrebbe replicarsi in modo simile altrove, perchè è l’incarnazione di un malessere che ormai ha assunto una dimensione globale». Il numero uno di Poste Italiane, Francesco Caio, non ha dubbi sulla chiave di lettura del terremoto che ha investito la Gran Bretagna. «Sono stato a Londra nel week end e l’impressione è quella di una città stordita come un pugile suonato», chiosa il manager, che conosce bene la città per la lunga esperienza lavorativa avuta nella City londinese. Per Caio quanto accaduto è l’effetto «di un modello di crescita delle società occidentali che ha accresciuto il livello di diseguaglianza e, in un contesto di una prospettiva di crescita bassa, ha tolto la speranza al sistema». Caio ricorda come Poste Italiane già due anni fa aveva intuito questo trend e fatto dello sviluppo e dell’inclusione i perni del piano industriale. Secondo il manager l’Italia ha le carte in regola per avere un ruolo di leadership nel rafforzamento dell’Unione europea. «Va creato un ponte tra risparmio e investimenti nell’economia reale», rilancia il manager. A questo scopo Poste sta valutando l’investimento attraverso Poste Vita nei fondi lanciati da Cdp, il fondo per le infrastrutture e il fondo di turnaround per le imprese. Quanto alla seconda tranche della società che il ministero intende mettere sul mercato, al momento l’operazione resta confermata entro l’anno.

Come legge quello che è accaduto in Gran Bretagna?

Una parte degli inglesi ha votato ufficialmente contro l’Europa, ma in realtà è un voto contro l’esclusione. È predominante la componente interna di una classe ampia, non più giovane e cresciuta nelle regioni industrializzate negli anni ’70, che oggi si sente esclusa e ha una paura enorme del futuro.

Dunque una questione solo britannica?

Tutt’altro, una manifestazione in Inghilterra di fenomeni che ormai sono globali. Nelle società occidentali, negli Usa e in Europa occidentale, il livello di diseguaglianza abbinato a una prospettiva di crescita bassa ha tolto la speranza al sistema. Sono fenomeni complessi: una rivoluzione tecnologica dal grande potenziale ma che se non governata finisce con il concentrare valore aggiunto e crescita nelle aziende e nelle comunità che la sanno utilizzare creando nuova esclusione digitale.

Si pensi poi ai grandi flussi migratori e al cambiamento climatico, con l’aumento della temperatura nell’Africa subsahariana che spinge la gente a muoversi per avere speranza di vita. Siamo di fronte all’obsolescenza di un modello industriale e a un mondo che evolve in fretta. Servono risposte sovranazionali, quindi il tema della costruzione europea è quantomai rilevante oggi. L’Europa deve tornare ad avere un ruolo importante. E l’Italia può e deve avere maggiore consapevolezza delle cose buone che sono state fatte per contribuire a questo ruolo.

Quali?

Oggi l’Italia dopo la Germania è il paese con il disavanzo primario più elevato e positivo. Chi doveva mettere in ordine i conti lo ha fatto. L’Italia ha avuto prima degli altri l’idea di una politica comune di guardiacoste e di una frontiera europea. Abbiamo dimostrato di avere una capacità di progettualità. Nel 2015 questo paese ha realizzato il più grande processo di privatizzazioni per garantire la stabilità di bilancio. Anche le riforme istituzionali e costituzionali vanno nel senso di un rilancio della crescita: accorciare i tempi delle decisioni significa più crescita e permettere a chi si sente escluso una maggiore possibilità di partecipazione. A livello europeo la Banca Centrale con la sua chiara politica monetaria di intervento protegge lo spread del debito pubblico da chi vuole speculare, che però trova nelle azioni degli operatori finanziari dei mercati terreno fertile per scommesse al ribasso. In questo contesto i mercati – e soprattutto i cittadini – si aspettano risposte chiare di indirizzo politico verso una maggiore mutualità in cui la Germania in primis dia un segnale di aver capito la lezione del Brexit.

Poste Italiane aveva già intuito tempo fa alcuni trend emersi oggi. Come?

Nel nostro piano industriale per la privatizzazione siamo partiti dai bisogni dei cittadini. È importante l’aver portato al centro del piano il cittadino e il rispetto per la persona. Ma anche i giovani e l’attenzione alle loro ambizioni. Così abbiamo individuato una domanda reale di inclusione e di sviluppo. E su questa stiamo costruendo: inclusione nelle transazioni finanziarie, ad esempio, per noi è una carta come PostePay Evolution che si rivolge a segmenti come i nuovi italiani da sempre considerati da Poste come un mercato di grande potenziale.

Ma gli esclusi oggi sono gli europei non più giovanissimi che temono per il futuro

E qui arriviamo al tema del risparmio, del rendimento e dunque delle prospettive di reddito. È un tema di assoluta centralità in questa fase di tassi zero. L’inclusione per chi ha risparmio e vuole assicurarsi il futuro per noi è nel proporre strumenti di investimento che portino clienti abituati al rendimento fisso verso l’azionario, ma con veicoli che consentano di calmierare il rischio.

Il governo punta alla creazione di strumenti alternativi al credito bancario per finanziarie l’economia reale. Voi ne avete fatto un perno del piano industriale. A che punto siete?

Va costruito un ponte fra risparmio e investimenti. È necessario costruire, come sistema paese o come Europa, filiere che consentano al risparmio di restare in Italia, altrimenti questo migrerà dove i rendimenti sono più alti. Un esempio di filiera che funziona è quello che esiste tra Poste, che fa raccolta, e Cassa deposti e prestiti (sotto il cui controllo è stato spostato il 35% del capitale di Poste, ndr), che è un forte veicolo di impieghi. È importante rimettere in moto l’economia attraverso investimenti in infrastrutture: non sono i soldi che mancano in Italia, ma i progetti. Siamo interessati a investire in nuovi fondi che portino soldi all’economia reale e stiamo cominciando a investire le riserve tecniche di Poste Vita. Vogliamo accompagnare la massa dei risparmiatori per farla diventare massa di investitori. E poi prendere questi fondi e metterli a disposizione di progetti per far ripartire l’economia. Esempi concreti sono i fondi annunciati dalla Cdp, quello di turnaround o quello per le infrastrutture, nei quali stiamo valutando di investire. Ma sono solo esempi da cui partire per fare altre iniziative. Ci interessa anche il settore del private equity, ma per incentivare gli investimenti in questo settore in Italia bisogna fare di più.

Dopo Brexit quali sono le prospettive per la seconda tranche del 30% di Poste?

Ci muoviamo nell’ambito di una decisione di lungo periodo dell’azionista, parte di un processo di privatizzazione di medio periodo. La direzione resta confermata, stiamo lavorando per andare sul mercato entro l’anno. Ovviamente l’azionista terrà conto dell’andamento dei mercati. I mercati continuano a esprimere una domanda per questo tipo di titoli che coniuga solidità patrimoniale con prospettive di crescita quali quelle di Poste in settori quali e-commerce, nei pagamenti, nei finanziamenti e nel risparmio.

I fondamentali della nostra attività restano immutati, oltre alla conferma anche per quest’anno della politica dei dividendi costruita per l’Ipo (la società ha confermato la distribuzione dell’80% dell’utile netto,ndr). E il nostro modello di business senza esposizione al credito è apprezzato

Il ministero dell’Economia ha deciso di spostare il controllo di Poste, con una quota del 35%, sotto la Cdp prima di procedere con la seconda tranche sul mercato. I poteri di governance restano però al ministero. Cosa cambia per voi?

In linea generale non cambia nulla, al di là del fatto che l’operazione consente un rafforzamento patrimoniale di Cdp. Come noto abbiamo in essere una convenzione con Cassa che disciplina e remunera la raccolta postale che facciamo per loro conto. Tra le molte nuove opportunità di investimento che stiamo guardando per avere rendimenti più elevati ci sono anche le iniziative cui sta lavorando Cdp. Noi abbiamo una forte capacità di raccolta e loro sono uno strumento importante di impiego.

Si è parlato di acquisizioni che potreste fare tra le controllate di Cdp, come la Sia...

Abbiamo indicato l’M&A tra le opzioni di crescita del nostro piano. Quando avremo novità le comunicheremo.

© Riproduzione riservata