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Al via domani il Tour delle stelle: presenti tutti i big, da Froome a…

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Al via domani il Tour delle stelle: presenti tutti i big, da Froome a Nibali

(Ap)
(Ap)

Eccolo qua, scusate se non ce ne siamo accorti. Puntuale come il caldo, le zanzare e l'aria condizionata, il Tour de France è pronto per partire. Distratti dall'Europeo di calcio, e dalla nuova sfida tra Italia e Germania, ci stavamo dimenticando che proprio questo sabato, da Mont- Saint Michel, parte l'edizione numero 103 della Grande Boucle.

Tre settimane su e giù per la Francia, scendendo in senso antiorario da Nord verso I Pirenei e le Alpi per approdare il 24 luglio a Parigi.
Un copione consolidato, con tre sconfinamenti in Spagna, Andorra e Svizzera. Un copione che non invecchia mai nonostante gli alti e bassi del ciclismo. Il Tour e il Tour dicono gli organizzatori. E chi non c'è peggio per lui. Solo che quest'anno, il problema non si pone perchè campioni che contano ci sono tutti.
A cominciare dall'ultima maglia gialla, l'inglese Chris Froome, che ha davanti a sè due obiettivi. Di vincere il suo terzo Tour (dopo quelli del 2013 e 2015) e di rialzare, tra una Brexit e l'altra, la frusta bandiera di sua maestà britannica. Fuori dall'Europa, fuori dagli Europei, Londra affida il suo riscatto a questo inglese di passaporto keniano che guida l'armata Sky. Ma non sarà facile perchè, come dicevamo, gli avversari non mancano, a partire dal colombiano Nairo Quintana che proprio nel 2015 arrivo secondo alle spalle di Froome. Il colombiano, andato molto forte nella prima parte della stagione, quest'anno vuole centrare il bersaglio. Dopo due secondi posti, lo scalatore della Movistar è pronto per raggiungere la meta. Con quella sua faccia un po' cosi, indecifrabile e sardonica, Quintana ci sta lavorando da mesi. Ha esperienza, l'appoggio di Valverde e una età, 26 anni, perfetta per compiere il grande salto.

Per titoli e blasone, il terzo tra i favoriti è lo spagnolo Contador. Il capitano della Tincoff, 33 anni, è ancora uno dei più grandi talenti del ciclismo mondiale. E poi, come il nostro Nibali, è uno dei sei corridori della storia ad aver vinto tutti i tre giri ciclistici.
Due le controindicazioni: quella di avere in squadra un altro fuoriclasse come Peter Sagan e poi la ruggine degli anni: l'ultima vittoria di Alberto al Tour risale al 2009, un bel po' di tempo fa, con in mezzo varie disavventure legate al doping e dintorni. Si vedrà. La strada e lunga e piena di insidie, come ha dimostrato proprio Vincenzo Nibali all'ultimo Giro d'Italia, sovvertendo in extremis una situazione che sembrava ormai compromessa.

Parlando di Nibali, eccoci ai due gioielli di casa Astana: di Vincenzo si è detto: viene da una maglia rosa che lo ha definitivamente inserito nel Pantheon dei grandi. Viene al Tour con lo spirito migliore: prepararsi all'Olimpiade di Rio, dare supporto a Fabio Aru e tentare di piazzare qualche colpo a sorpresa. E chi lo ammazza? Trovarsi in una situazione migliore è difficile
«Dal Giro d'Italia sono uscito con una buona condizione» dice il siciliano. «Mentalmente sono molto tranquillo, e credo sia merito della maglia rosa. Chi vedo favorito? In primis Froome, alle sue spalle Quintana che è cresciuto anche a cronometro. E poi Contador, ma lievemente dietro...».
Nibali non lo dice perchè porta male, ma un pensierino alla famosa doppietta (Giro e Tour), riuscita per l'ultima volta a Pantani nel 1998, non può non farlo.

Pensieri ma non parole, perché le parole potrebbero destabilizzare la non facile convivenza con Fabio Aru, che proprio domenica compie 26 anni. Questo tema, alla vigilia della partenza, è ovviamente in primo piano all'interno dell'Astana. Beppe Martinelli, il direttore sportivo, conoscendo bene entrambi, cercherà di motivarli nel modo migliore, frenando gli eccessi del giovane Aru che, pur non avendo mai corso al Tour, punta comunque a un posto vicino al podio.

Ma che Tour sarà? Impegnativo come sempre. Anche perché al Tour non si può nascondersi o rifiatare. All'inizio sono tutti caricati a molla. Cadute di massa, fughe continue, ventagli. Gli agguati sono sempre dietro l'angolo. Già nella seconda tappa , che ricorda una classica del Nord, si può sparigliare la classifica. Una frazione che sembra costruita per Nibali.

Due le cronometro. La prima, 37,5 km, alla tredicesima tappa. Una frazione mossa con arrivo e partenza in salita. La seconda, la crono scalata di Sallanches-Megève, 17 km molto impegnativi. Una crono dedicata a Bernard Hinault, l'ultimo francese ad aver vinto il Tour nel 1985, quindi 31 anni fa. Un vuoto che che i francesi patiscono da tempo.
E le montagne? Anche qui non si scherza. Gli snodi sono questi. Sui Pirenei, da tener d'occhio, c'è il tappone del Tourmalet nell'ottava tappa. Il giorno dopo l'arrivo in salita nel principato di Andorra.
Poi si va sul Ventoux, il mitico Ventoux, dodicesima tappa con rampe finali attorno al 9%. Tre anni fa, proprio sulla montagna calva, Froome mise le basi per il suo successo finale. Infine, la giostra delle Alpi. Qui si va sulle nuvole. La prima scrematura nella tappa tutta svizzera da Berna a Finhaut Emosson, quattro cime che lasciano il segno. Dopo la cronoscalata di Megève (18esima), si va ancora più su con l'Albertville-Sain Gervais Mont Blanche. Infine la penultima tappa, prima di Parigi, da Megève a Morzine con discesa finale.

Insomma, per vincere questo Tour, bisogna prendere la funivia. O comunque non farsi staccare quando la strada si impenna. Oltre al gruppo dei big, di cui abbiamo già parlato, gli altri nomi papabili sono questi: i due francesi, Thibaud Pinot e Romain Bardot. Poi l'olandese Van Garderen, il portoghese Rui Costa, lo spagnolo Valverde.
Sui velocisti c'è poco da dire: una sfida anglo-tedesca con Mark Cavendish, Andrè Greipel e Marcel Kittel. Al Giro i due panzer hanno fatto man bassa. L'impressione è che vogliano fare il bis.

Infine la truppa italiana. Siamo in pochi, tredici compresi Nibali ed Aru. Una tristezza. Bisogna ritornare agli anni Ottanta per avere un plotoncino così esiguo. La progressiva mondializzazione in lingua inglese del ciclismo ci sta marginalizzando. Portiamo gente in gamba, buoni artigiani, quasi tutti di supporto ai grandi campioni. C'è anche Matteo Tosatto, il più anziano del gruppo (42 anni). Complimenti. Insomma , siamo pochi e con tanti chilometri alle spalle. Ci salvano Nibali ed Aru. Ma poi c'è il vuoto.

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