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Sicurezza, perché l’Italia delle rotaie viaggia a due…

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IL NODO DELLA SICUREZZA

Sicurezza, perché l’Italia delle rotaie viaggia a due velocità

  • –di Giuseppe Latour

L’Italia delle rotaie viaggia a due velocità. L’immagine descrive perfettamente la situazione della rete ferroviaria italiana. Da una parte, ci sono tecnologie all’avanguardia che garantiscono la sicurezza dei circa 16.700 chilometri gestiti da Rfi e sottoposti alla vigilanza dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf). Dall’altra, c’è un universo composito e disomogeneo: circa 3.700 chilometri di rotaie che rispondono a un controllore diverso (l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi) e a ben 34 aziende, a partecipazione sia pubblica che privata, sparse in tutto il paese.

Questi soggetti scontano, in qualche caso, un deficit di investimenti, che li mette su un piano diverso rispetto agli standard migliori. Per questo, c’è già allo studio del Governo un decreto che punta a riportare tutto sotto l’ombrello unico dell’Agenzia. Insomma, esiste un universo intero che si colloca fuori dai circa 16.700 chilometri della rete di Rfi. Si tratta delle cosiddette “ferrovie ex concesse”, la cui costruzione ed esercizio è stata affidata nel tempo dallo Stato a operatori privati. Negli anni, questi soggetti sono transitati nella sfera di competenza di Regioni e Province autonome, che stipulano con loro contratti di servizio.

Se si guarda la mappa del nostro paese, si scopre che, messe insieme, queste aziende private costituiscono un pezzo importante del nostro patrimonio di rotaie. In totale, sono circa 3.700 chilometri, spalmati da Nord a Sud, in cui si incontrano 2.736 passaggi a livello (metà della rete nazionale) e c’è un traffico di circa 34 milioni di treni-chilometri all'anno (un decimo di tutta la rete nazionale). Complessivamente, stiamo parlando di una ventina di gruppi che controllano 34 società a livello locale. Si va da Ferrovie Nord in Lombardia fino a una pluralità di soggetti presenti proprio in Puglia, nello specifico Ferrovie del Gargano, Ferrotramviaria, Ferrovie del Sud Est e Ferrovie Appulo Lucane.

Questi 34 operatori, come detto, non sono sottoposti alla vigilanza del medesimo controllore di Rfi: se infatti le verifiche sulla società del gruppo Ferrovie sono appannaggio dell’Agenzia, le “ex concesse” fanno riferimento all'Ustif del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Questo non vuol dire che esista un problema di sicurezza su larga scala, ma semplicemente che la nostra rete ferroviaria viaggia a due velocità. Da un lato (Rfi) sono stati fatti investimenti massicci, quantificabili dal 2000 a oggi in circa 6-7 miliardi di euro, dall’altro c’è una situazione molto disomogenea, tra realtà più virtuose e altre che hanno necessità di recuperare terreno con l’apporto di risorse fresche. In una parola, andrebbero armonizzati gli standard su alcune materie strategiche, come i dispositivi di sicurezza a terra e a bordo.

In questo senso, la questione dei controlli e dell’allineamento di tutta la Rete non è nuova, tanto che è stato già varato un decreto legislativo (Dlgs n. 112/2015) che prevede il passaggio di tutte le ferrovie regionali sotto l’ombrello dell’Agenzia. Tale avvicendamento è subordinato all’approvazione di un Dm da parte delle Infrastrutture, che dovrà individuare le società che cambieranno controllore: la bozza del provvedimento è all’esame della Conferenza Stato-Regioni. «Spero che sia approvato per la fine dell’anno», dice il direttore dell’Agenzia, Amedeo Gargiulo. Quando accadrà, spiega il direttore, «ci sarà da lavorare su questi soggetti. Ogni azienda dovrà fare un’analisi del rischio e per tutti ci saranno soluzioni tecnologiche più moderne». Nel periodo transitorio – dicono ancora dall’Agenzia – «dovranno essere adottate misure cautelative a tutela della sicurezza ferroviaria».

Intanto, un’arma ulteriore per gestire questa partita è stata fornita all’Agenzia dalla legge europea (n. 122/2016), in Gazzetta ufficiale da pochi giorni: la possibilità di sanzionare gli operatori per le inosservanze alle sue disposizioni, fino a un massimo di 20mila euro.

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