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Claudio Ranieri, storia di un vincente incompreso in patria

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la favola del tecnico del Leicester

Claudio Ranieri, storia di un vincente incompreso in patria

Claudio Ranieri, Leicester. La rivalsa della periferia del mondo. Il voglio ma non posso che si materializza nel vertice più alto, nel sogno maximo di uno scudetto operaio in salsa british. Nel salotto prestigioso, per pochi, sempre quelli, della Premier League. Siamo dentro l'impresa di una squadra, di una città di 288 mila anime nelle Midlands Orientali, di una guida più eroica che tecnica, costruita in punta di piedi da mister Ranieri, l'ultimo dei Leggendari. Che gli innamorati dell'epica paragonano ad Achille dell'Iliade, al più determinante e determinato dei guerrieri.

La favola del piccolo Leicester e di Claudio, terzo maschio di quattro figli, nato nel 1951 a Roma all'ombra della Piramide Cestia da un macellaio di Testaccio, con mamma Renata alla cassa, è un po' come il Verona di Bagnoli, il Cagliari di Scopigno. È la rincorsa impossibile dei meno bravi, dei meno ricchi, dei meno belli, che diventano più forti. Un romantico azzardo. Sorto da un pensiero stupendo, dal nulla. Da un allenatore di successo, sempre schivo con i vincenti. Che ora fa impazzire il mondo. Con il suo proletariato pedatorio nelle vene, con la sua faccia mai da fotografo. Sir Claudio Ranieri ha vinto il campionato (2016) inglese, è riuscito nel folle stravolgimento delle gerarchie di Sua Maestà il pallone, da quelle parti più ordinario del rintocco del Big Ben. E non poteva che essere un romano, introspettivo e controcorrentista, a cambiare le regole morali del football britannico. Delle sue principali leve. Neanche fosse Josè Mourinho o Arrigo Sacchi, “il mago di Fusignano”.

Fresco di scudetto, l'allenatore è raccontato nel libro “Se vuoi provarci fallo fino in fondo- Claudio Ranieri storia di un vincente” di Malcom Pagani (Rizzoli). Un'opera completa sulla vita di questo talento del made in Italy che da noi, sulle prestigiose panche di casa nostra, non ha mai sfondato. I club italiani hanno sempre trovato il modo per non attribuirgli il reale valore. Come nel secondo anno (2008) alla guida della Juve. Malcom Pagani nel libro: “C'erano rapporti tumultuosi tra Ranieri e qualche giocatore (Trezeguet,Camoranesi) e soprattutto con «il signorino» francese, l'amministratore delegato della società Jean-Claude Blanc. Succedevano cose non esattamente corrette a quei tempi. Quando arrivavano i Christian Poulsen, che non eccitavano l'immaginario, e i tifosi protestavano, una vocina faceva filtrare bugie affilate come verità. Bugie verosimili, e per questo ancora più maligne: «Poulsen è arrivato perché Ranieri lo ha preferito a Xabi Alonso». Erano falsità o, come ebbe a dire un giorno Ranieri, «balle totali. Xabi è stato sempre uno dei miei calciatori preferiti. Ma io sono un dipendente. E non vado a lamentarmi in giro».

“Il mio Leicester è come Forrest Gump”

Claudio Ranieri  

All'estero il Nostro ha invece sempre fatto le cose in grande, titolo francese con il Monaco, secondo posto con il Chelsea, poi il trionfo targato Midlands. «Il mio Leicester- racconta l'allenatore romano - è come Forrest Gump». Uno a cui la madre diceva che i miracoli «accadono tutti i giorni». Eccolo, il miracolo. «Una banda di sottovalutati, di derisi, di esclusi arrivati a toccare il cielo con un dito. Una banda di estrosi, di originali, di gente che vive come vuole, che raggiunge il campo di allenamento in treno, che non ha sposato una modella, che non conosce la dieta a zona, forse neanche il gioco a zona, che si sazia e fa festa intorno alla tavola mangiando come io non ho mai visto mangiare nessuno in vita mia». I boys di Ranieri, la sua squadra.

Fondato nel 1884 da un gruppo di studenti della Wyggeston School, il Leicester del bomber Jamie Vardy, in testa alla classifica fin dalle prime giornate, lo scorso primo maggio ha conquistato la Premier League con 3 turni d'anticipo, pareggiando all'Old Trafford (1-1) contro il Manchester United. È il primo titolo della sua storia. Una vittoria probabilmente irripetibile, nell'apoteosi della semplicità. «È il metodo Leicester- dice Ranieri. - Vincere provando a restare se stessi. Essere se stessi. Al miglior giocatore della Premier, votato dai calciatori stessi, cioè Riyad Mahrez, dicevano sempre la stessa cosa: “Fai il ballerino per caso? Hai le gambe troppo magre”. E allora Mahrez ha aspettato il proprio turno e poi ha danzato da Nureyev, tra le difese muscolari della Premier League. Niente palestre, niente pesi, solo incoscienza, talento e corsa». Corre Mahrez e corre l'altro che gli gioca accanto, Jamie Vardy. «Uno che dopo una vita divisa tra i turni nei capannoni a costruire sostegni ortopedici, gli hamburger mangiati in piedi accanto ai distributori di benzina e gli scarpini indossati in macchina nel parcheggio dello Stocksbridge, guardando la realtà dell'ottava serie dai vetri appannati della sua macchina di terza mano, ha avuto un contratto tra i professionisti a quasi trent'anni, e non vede alcuna ragione plausibile per fermarsi proprio adesso». Non la vedono neanche i tifosi. Che sono stati tutto l'anno in platea e adesso che del Leicester parla tutto il mondo cantano e non smettono. Cantano e vogliono restare qui, perché è qui che la storia dà torto e dà ragione. Cantano e vogliono cantare ancora. «Perché in città è arrivato un italiano con gli occhiali da professore e ha colto l'attimo».

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