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Higuain, nuova stella bianconera: ma adesso Allegri ha qualche…

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Higuain, nuova stella bianconera: ma adesso Allegri ha qualche problema...

Premessa doverosa: la Juventus sta facendo un grande mercato, almeno sulla carta, e sembra davvero difficile che qualcuno in Italia possa ostacolarne il cammino verso il sesto scudetto consecutivo. Così come sembra facile pronosticare un percorso in Champions migliore di quello dello scorso anno. Eppure, da un un punto di vistra strettamente tecnico, è giusto sottolineare con largo anticipo i possibili problemi di Allegri. Farlo più avanti, quando magari il meccanismo non funzionerà come tutti si aspettano (l’augurio a tutti i tifosi bianconeri è che non accada, ovviamente) sarebbe troppo facile.

“Se Pogba e Bonucci dovessero accasarsi altrove la Juventus ne uscirebbe profondamente ridisegnata soprattutto nella fase dinfensiva”

 

Partiamo da una considerazione di base: in questo momento il mercato della Juventus vede l’arrivo di Higuain, Dani Alves, Pjanic, Pjaca, Isla e Benatia, solo per restare ai nomi più importanti. Per contro ci sono le uscite di Morata, Caceres, Cuadrado e Padoin. In pratica i bianconeri si sono rinforzati a scapito delle due rivali più vicine: Roma e Napoli, a cui hanno sottratto Pjanic e Higuain. Ma sappiamo anche che, con buona probabilità, nei prossimi giorni assisteremo all’addio di Pogba e forse di Bonucci. Se entrambi restassero a Torino saremmo di fonte a una corazzata, ma se i due (Pogba in particolare, ma attenzione a non trascurare l’eventuale partenza di Bonucci) dovessero accasarsi altrove la Juventus ne uscirebbe profondamente ridisegnata.

Problemi per Allegri, dicevamo. Cerchiamo di metterli in fila. La coppia Dybala-Higuain, fortissima in fase offensiva, è meno attrezzata di quelle che l’hanno preceduta in fase di copertura. Morata, e più indietro nel tempo Carlitos Tevez, garantivano un maggiore coinvlgimento nel gioco corale quando (e la cosa accadeva soprattutto in Champions) la squadra finiva sotto pressione. Il minore apporto in fase difensiva potrebbe essere amplifcato dalla partenza di Pogba, che garantisce un perfetto equilibrio a centrocampo fungendo da cerniera tra la linea difensiva e quella di attacco. Dovesse partire anche Bonucci, Chiellini si troverebbe privato di uno dei due compagni (l’altro è Barzagli) che sembrano fatti apposta per mascherare le sue lacune.

Il ruolo di Bonucci non potrà essere ricoperto, non allo stesso modo almeno, da Dani Alves. Grandissimo campione, ma con spiccate caratteristiche offensive e con due punti interrogativi: primo, ha 33 anni compiuti, e anche se gli auguriamo di essere quasi eterno come Barzagli (giocatore che stimo come l’ultimo vero grande difensore italiano) è lecito avanzare qualche dubbio sulla tenuta alla distanza. Secondo, perché il Barcellona l’ha fatto partire dopo otto stagioni? In genere le grandi squadre si privano dei propri campioni per due soli motivi: o trovano qualcuno di migliore, oppure ne intravedono i primi segni del declino.

Torniamo per un attimo a Higuain: l’anno scorso, e su questo concordano tutti, ha fatto un anno straordinario. E straordinario significa che non è la regola. Pur con tutte le cautele e i distinguo del caso, il Napoli ha fatto come la Juventus e la Juventus ha fatto come l’Inter. Ossia il Napoli ha ceduto a carissimo prezzo un giocatore reduce da un’annata incredibile, ma senza ulteriori margini di crescita (la Juve lo fece con Zidane, tanto per fare un esempio). I bianconeri, dal canto loro, hanno comprato a carissimo prezzo un giocatore (come negli anni aveva provato a fare Moratti con giocatori come Vieri) che difficilmente riuscirà anche solo a ripetere le prestazioni dell’anno scorso. Dovessero far partire Pogba, anche se per una montagna di denaro, a Torino contravverrebbero a un’altra regola aurea di casa-Juve: non si vendono, a nessun prezzo, giocatori giovani (e Pogba ha solo 23 anni) che possono migliorare ancora. Cosa che invece ha fatto l’Inter con tipetti come Andea Pirlo. Insomma, una Juventus alla rovescia rispetto a come eravamo abituati a vederla.

Allegri si troverà a gestire una squadra fatta di grandi nomi e di grandi giocatori, ma con una spiccata propensione al gioco offensivo. La storia recente del calcio europeo ci insegna che la direzione di sviluppo non è più quella. O almeno non solo quella. Negli ultimi tre anni l’Atletico di Simeone, praticamente senza grandi nomi e con un gioco basato su una ferrea applicazione difensiva, ha giocato due finali di Champions: le ha perse entrambe, vero, ma per un soffio e in ogni caso per perdere una finale bisogna arrivare a giocarla. Il Real che ha vinto quest’anno, forse come mai nella storia, ha abbinato alla presenza di fuoriclasse una cura di «calcio all’italiana» che Zidane, intelligentemente, non ha fatto mancare ai suoi uomini.

“Il recente Campionato Europeo ha messo in mostra un chiaro ritorno al gioco difensivo, con una cura della fase di contenimento che per qualche anno si era persa sulle ali dell’entusiamo per il tiki-taka”

 

Il recente Campionato Europeo ha messo in mostra un chiaro ritorno al gioco difensivo, con una cura della fase di contenimento che per qualche anno si era persa sulle ali dell’entusiamo per il tiki-taka. Così sono emersi valori diversi da quelli che tutti si aspettavano e le squadre hanno preso il sopravvento sui singoli. Se facciamo un elenco di nomi, non c’è un motivo al mondo per cui il Portogallo potesse vincere l’Europeo e per cui la Francia potesse perderlo proprio contro i lusitani. Così come non c’è un motivo per cui l’Italia, in un momento che definire difficile è un eufemismo, potesse impartire una lezione di calcio alla Spagna e al Belgio e trascinare ai rigori i campioni del mondo in carica della Germania.

Allegri si troverà a dover gestire una squadra costruita per attaccare in un momento in cui, almeno a livello di Champions, che poi è il vero obiettivo dei bianconeri, le rivali prestano attenzione crescente alla qualità del reparto arretrato. Per lui non sarà facile trovare il giusto equilibrio, ma ha più volte dimostrato di essere un ottimo tecnico ed è giusto dargli fiducia.

Ricordiamo, solo perché ogni tanto qualcosa la storia insegna, che le «collezioni pregiate» di giocatori non sempre portano ai risultati sperati: anche perché, piaccia o meno, alla fine vince una sola. In Europa di collezioni pregiate ce ne sono molte, già collaudate o in costruzione: in Spagna, in Germania e anche in Inghilterra.

“Il calcio è pieno di risultati che guardando le liste dei giocatori non hanno un senso logico, dal Brasile del 1950, sconfitto dall’Uruguay, passando per l’Ungheria contro la Germania nel 1954 e l’Olanda di Cruyff nel 1974”

 

Seconda considerazione, la somma di undici campioni non porta necessariamente alla vittoria. Anzi, il calcio è pieno di risultati che guardando le liste dei giocatori non hanno un senso logico. Esempi? Moltissimi: a partire dal Brasile del 1950, sconfitto in casa dall’Uruguay, passando per la grande Ungheria contro la Germania nel 1954, l’Olanda di Cruyff e via dicendo fino ai nostri giorni. L’Italia ha rotto per ben due volte i pronostici: contro il Brasile vincendo poi il mondiale del 1982, e di nuovo con il mondiale del 2006 che, sulla carta, non avrebbe mai potuto vincere. Stessa cosa per la Danimarca e la Grecia nei campionati Europei, per l’Inter del Triplete, per lo stesso Real di quest’anno visto che, ancora due mesi prima della fine della Champions, sembrava impossibile che qualcuno fermasse la passeggiata vincente del Barcellona.

Il calcio è fatto così: di cose che sulla carta sono chiarissime e che diventano improvvisamente complicate sul campo. Del resto accade anche agli allenatori: sulla lavagna dello spogliatoio, prima del fischio di inizio, disegnano la partita perfetta. Peccato che a pochi metri, nello spogliatoio degli avversari, ci sia un altro allenatore che sta facendo esattamente la stessa cosa...

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