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Roma: la partita dei 2 miliardi di appalti nei rifiuti

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NETTEZZA URBANA

Roma: la partita dei 2 miliardi di appalti nei rifiuti

Chi metterà le mani sugli appalti futuri dell'azienda romana di nettezza urbana, l'Ama? E chi si assicurerà il controllo del gruppo di Manlio Cerroni? Sono due domande cui è difficile oggi dare una risposta, e sono due domande correlate in modo diretto.
È questa la partita sottesa alla vicenda della spazzatura di Roma. Una partita economica che attira molti. Nei prossimi 15 anni l'azienda di nettezza urbana Ama dovrà spendere la cifra di 2 miliardi di euro (ripeto: 2 miliardi di euro) per pagare la gestione all'esterno dei rifiuti indifferenziati, come il trattamento dell'immondizia negli impianti Tmb (trattamento meccanico biologico) o l'utilizzo dei rifiuti come combustibile negli impianti energetici.

Queste attività, e il fatturato che esse generano, sono un boccone appetitoso che muove molti interessi.

Una parte importante di questa impiantistica esterna all'Ama è in mano al gruppo industriale realizzato nei decenni dall'avvocato Manlio Cerroni con la galassia di imprese come il Colari, la Sorain Cecchini, la perugina Gesenu.
Cerroni, il vulcanico inventore della discarica di Malagrotta, è l'imprenditore che ha assicurato per decenni a Roma – e a tutte le giunte di ogni tonalità politica che l'hanno guidata – la tranquillità sul fronte dei rifiuti. Tra le colline che dominano FIumicino bastava aprire i cancelli della discarica più grande d'Europa e fare entrare i convogli dei camion compattatori del Comune di Roma (fino al 1985 il servizio era gestito direttamente “in economia” dal Comune), ovvero dell'Amnu (dal 1985 al 1994), cioè dell'Ama (dal 1994).
Ma il gruppo di Cerroni ora appare in forte difficoltà, assediato da un'ostilità diffusa, non solo politica, e da inchieste giudiziarie che ne rallentano l'attività in modo condizionante. Non c'è azienda del gruppo tanto osteggiato che non debba subire arresti, sequestri, indagini e pessimi titoli sui giornali locali.

Un anno fa, era il settembre 2015, l'Ama aveva ottenuto dal Comune di Roma la concessione del servizio rifiuti in affidamento diretto per 15 anni. Valore complessivo, circa 11 miliardi di euro alla media di 700-750 milioni l'anno. Era ed è la più grande concessione europea del 2015 nel comparto dei servizi di pubblica utilità.
Di questi 11 miliardi, il piano economico industriale prevede la spesa di un miliardo di euro in investimenti per i cosiddetti “ecodistretti” e prevede soprattutto una spesa esterna di 2 miliardi per i servizi di trattamento.
Attenzione: quella dei 2 miliardi di appalti esterni è un'ipotesi a parità di perimetro che si basa sul progetto di avere ancora lo stesso ciclo di lavorazione della spazzatura centrato su impianti Tmb, inceneritori e un ricorso — quanto più ridotto possibile — alle discariche. Un forte ricorso al riciclo potrebbe spostare in modo sensibile questa stima.

A chi andrà questa cifra cospicua di lavori pagati dall'Ama? È presto detto: in buona parte dovrebbe andare alla galassia di imprese create da Cerroni. Per esempio, Cerroni ha diversi degli impianti Tmb di cui si serve l'Ama. Ma il gruppo Cerroni è in difficoltà. Non solamente per le inchieste giudiziarie. L'avvocato in novembre compirà 90 anni; da tempo pensa alla transizione e da anni in azienda lavora con ruolo di vertice la figlia Monica Cerroni. Monica Cerroni è stata per diversi mandati la presidente della Fise Assoambiente, l’associazione confindustriale delle imprese del settore; poche settimane fa, la presidenza dell'associazione è passata a Roberto Sancinelli, un vivacissimo imprenditore bergamasco il quale con la società Montello è fra i più grandi riciclatori europei della plastica.
L'avvocato Cerroni potrebbe pensare una cessione di quote della sua azienda a qualche nuovo socio industriale.

Chi potrebbe essere il partner di Cerroni? Il panorama delle imprese private italiane del comparto ambientale per ora non mostra aziende con la propensione a un investimento così complesso, o con la solidità finanziaria adeguata. Più facile guardare le grandi utility a carattere pubblico dell'Alta Italia, come la lombarda A2A sotto la guida accorta e strategica di Giovanni Valotti o come la bolognese Hera, che ha una forte capacità industriale e finanziaria.

Ma è ancora più facile immaginare l'interesse di investitori stranieri che possano costruire attorno al gruppo Cerroni una grossa realtà.
Nel caso di un ingresso straniero nella società dell'avvocato, agli impianti già disponibili potrebbero essere aggregati alcuni inceneritori già esistenti nel Lazio, impianti di produzione di energia, distribuzione elettrica e anche quelle attività acquedottistiche che sono al centro di una delle più sentite campagne politiche del Movimento Cinquestelle.
In questo scenario, ai 2 miliardi di lavorazioni esterne che l’Ama si appresta ad assegnare si potrebbe aggiungere un business assai più articolato e vasto.

È in programma per stasera alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti un'audizione del presidente uscente dell'Ama, Daniele Fortini, che lascerà l'incarico il 4 agosto.
Tra i temi che saranno discussi ci saranno i limiti e le inefficienze dell'Ama, ma anche l'impegno di molti che vi lavorano con dedizione, i progetti per trasformare l'Ama in un'azienda moderna, la legalità e la trasparenza.

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