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Dossier Mare, boxe e scherma: i distretti ai Giochi

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Dossier | N. 97 articoliOlimpiadi e Paralimpiadi di Rio 2016

Mare, boxe e scherma: i distretti ai Giochi

La geografia segna il destino. Così succede agli uomini, alle imprese e anche allo sport. Come certe aziende nascono in determinate aree (l’Italia è culla di distretti unici), così il clima, un cielo, certi spazi fanno gli atleti e le medaglie. Fra i 309 azzurri che hanno iniziato l’avventura olimpica con la colorata cerimonia di venerdì scorso, è evidente che ci sono anche i distretti dello sport, dettati dalla geografia e dalla passione degli uomini e delle donne che magari, carichi di esperienza, decidono di tramandare l’arte di una disciplina per non perdere nulla del proprio passato e lasciare eredità ai figli, a chi ha passione. A chi – come cantava Francesco De Gregori – «mise il cuore dentro alle scarpe e corse più veloce del vento».
La Liguria, per esempio. In Brasile ha fatto arrivare 16 atleti. Escluso il tennista Fabio Fognini, gli altri hanno a che fare con il mare: si va dal nuoto alla pallanuoto, dal nuoto sincronizzato alla vela.

Qualcosa di molto simile accade anche in Campania. Dei 24 azzurri di quella regione dieci fanno canottaggio e un altro gruppetto vive a pane e boxe, perché la scuola napoletana ha una tradizione che non è solo Clemente Russo, doppio argento olimpico a Pechino 2008 e a Londra 2012. Ed è riuscita a esprimere perfino una boxeur donna, quella Irma Testa, “The butterfly”, che sarà a Rio 2016 la prima pugile azzurra a un’Olimpiade.
Poi, accanto ai luoghi che segnano il destino di chi, vivendo davanti al mare, non può che scegliere di giocare a pallanuoto odarsi alla vela, ci sono anche le scuole che fanno gli atleti. Per decenni le Marche, o meglio Jesi, hanno fatto le fortune dei medaglieri azzurri.Ogni Olimpiade era una messe di ori e brillanti da parte delle ragazze terribili del fioretto: Giovanna Trillini, il “cobra”, Valentina Vezzali (entrambe poi anche portabandiera), ora Elisa Di Francisca. Tradizione, scuola, una palestra una città.

Qualcosa di analogo sta succedendo in Sicilia: su 18 azzurri, sette vengono dalla scherma e con armi diverse (spada per Rossella Fiamingo, Paolo Pizzo, Enrico Garozzo, Marco Fichera; fioretto per Giorgio Avola e Daniele Garozzo; sciabola per Loreta Gulotta).
La scherma, abiti a Jesi o in Sicilia, è Dna italiano da secoli. Il primo trattato di scherma italiano fu scritto nel 1409 dal maestro Fiore dei Liberi da Premariacco - il Flos duellatorum - e Achille Marozzo è considerato il padre fondatore della scherma italiana, perché nel 1536 pubblicò un’opera completa con le tecniche e i princìpi della scherma.
Situazione in qualche modo simile in Lombardia. La regione ha 45 ragazzi a Rio: Vanessa Ferrari, Erika Fasana, Elisa Meneghini, Camilla Patriarca, Sofia Lodi sono le farfalle della ginnastica azzurra. E, in particolare, Vanessa Ferrari, dopo le lacrime di Londra, a Rio cerca di saltare oltre ogni delusione.

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