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Pensioni, Renzi: dobbiamo trovare risorse in più

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Pensioni, Renzi: dobbiamo trovare risorse in più

«Ci sono ancora un sacco di cose da fare, come le pensioni, è un tema sul quale bisogna lavorare perché in passato si è intervenuto con l’accetta, c’è uno scalino troppo grosso e le pensioni minime sono troppo basse. Quindi deve esser chiaro che dovremo trovare risorse in più per le pensioni». Matteo Renzi torna a parlare nel luogo dove tutto era partito, alla festa dem di Bosco Albergati in provincia di Modena. E passa in rassegna il lavoro fatto da quando è al timone del comando a Palazzo Chigi. «Bisogna dirlo con forza. È finito il tempo in cui ridono dell’Italia. È finito il tempo in cui possono prenderci in giro. E questo succede anche in Europa». Per il premier «la prima cosa che è cambiata in questi tre anni è la percezione, il ruolo e l'importanza dell’Italia nel mondo e questo lavoro lo sta facendo il Pd».

«Jobs act è cosa più di sinistra degli ultimi anni»
Tra i meriti rivendicati dal presidente del Consiglio le politiche per favorire l’occupazione. Se «599mila persone hanno trovato un lavoro e il 75% a tempo indeterminato grazie al Jobs act non è una statistica: non sono voti, sono volti. C’è gente che ha potuto prendere il mutuo grazie a questo. La lotta al precariato e il Jobs act è la cosa più di sinistra che sia mai stata fatta negli ultimi anni».

«Oggi in Italia qualche diritto in più e tassa in meno»
Il bilancio. «Se qualcuno dice che va tutto bene curatelo. Ma bisogna anche dire che qualcosa è oggettivamente iniziato a cambiare ed è merito del Pd che ha scelto di cambiare e fare le cose concretamente, qualcuna riuscita meglio, qualcuna peggio. Oggi in questo Paese c’è qualche diritto in più e qualche tassa in meno». Matteo Renzi parla dal palco dove lanciò la propria candidatura alla guida del Pd. «Tre anni fa c’era Napolitano che non riusciva a dimettersi, le riforme erano bloccate, la riforma costituzionale era su un binario morto, Berlusconi primo nei sondaggi, si discuteva su come togliere la tassa sulla prima casa poi non ci si riusciva, la cultura faceva notizia per i crolli, l’Expo sembrava impossibile, i diritti civili non erano all’ordine del giorno e le grandi opere erano cantieri infiniti».

“Sondati” i militanti. «Calma, si vota a novembre»
«Volete ridurre il numero dei parlamentari, ridurre i costi della politica, eliminare enti inutili come il Cnel? Calmi, dovete votare a novembre, non ora». Innescato un sondaggio estemporaneo tra i militanti Pd per elencare gli effetti della riforma istituzionale Renzi indica incidentalmente quando potrebbe tenersi la consultazione. Qui i toni si accendono, considerato il largo fronte di opposizione alle modifiche istituzionali, fronte del quale fanno parte anche esponenti della minoranza del partito. «Parlamentari che hanno votato sei volte sì ora vogliono votare no: noi siamo pronti a camminare con voi, ma se ci dite di fermarvi, noi non ci fermeremo, se volete fermarvi vi fermate da soli». Il messaggio inviato ai detrattori è che «dopo trent’anni c’è qualcuno che le cose le sta facendo, questo li manda fuori di testa e dicono no a prescindere».

«Ho sbagliato a personalizzare»
Non manca un accenno di autocritica, su di una sua scelta che a dire di molti si sarebbe rivelata controproducente ai fini del risultato. «Anche io ho sbagliato a dare dei messaggi: questo referendum non è il mio referendum, perché questa riforma ha un padre che si chiama Giorgio Napolitano. Ho fatto un errore a personalizzare troppo, bisogna dire agli italiani che non è la riforma di una persona, ma la riforma che serve all’Italia». Ma «se il referendum passa, i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri concittadini che non ce la fanno».

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