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Cancellate 5mila società partecipate, lista degli esuberi entro 6…

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via libera definitivo del governo

Cancellate 5mila società partecipate, lista degli esuberi entro 6 mesi. Slitta il decreto sui dirigenti Pa

(Olycom)
(Olycom)

La riforma delle partecipate arriva al traguardo dell’adozione definitiva senza modifiche di sostanza ai parametri scritti per dividere le società pubbliche che possono continuare a operare da quelle destinate invece a chiusura, privatizzazione o aggregazione. Sul tavolo del Cdm, invece, non arriva la riforma dei dirigenti, ancora al centro delle discussioni all’interno del governo e dell’alta burocrazia ministeriale soprattutto dopo che il testo aveva perso la clausola di salvaguardia per i direttori generali (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Lo slittamento trascina con sé anche gli altri decreti alla prima lettura, su camere di commercio ed enti di ricerca: se ne riparlerà il 25 agosto.

Nel capitolo dei rinvii va inserito in realtà anche un decreto approvato ieri in via definitiva, quello che riforma il Codice dell’amministrazione digitale: il suo primo effetto concreto è infatti quello di cancellare nei fatti la scadenza di domani, data a partire dalla quale anche gli enti locali avrebbero dovuto abbandonare la carta nella creazione dei propri atti, e di rimandare il tutto a data da destinarsi, quando saranno pronte le nuove regole tecniche. Nel frattempo, quindi, l’amministrazione digitale può attendere.

È il taglia-partecipate, comunque, a dominare per il suo peso specifico i lavori del governo di ieri, con l’obiettivo di cancellare in prima battuta almeno 5mila partecipazioni locali. Nonostante le molte resistenze incontrate anche da questo provvedimento, il testo definitivo conferma l’impianto complessivo della riforma, che chiede agli enti proprietari di scrivere entro sei mesi un piano di razionalizzazione prevedendo obbligatoriamente l’abbandono delle partecipazioni in aziende che non rispondono a un doppio piano di requisiti. Il primo è quello degli ambiti di attività: le pubbliche amministrazioni potranno essere socie solo di spa, srl (anche in forma cooperativa, come precisato nell’ultimo testo) e società consortili che producono servizi di interesse generale, compresa la realizzazione di reti e impianti, opere pubbliche, beni strumentali o attività di supporto agli enti non profit.

All’interno di questo ventaglio di opzioni, che esclude i tanti settori di mercato, dai servizi professionali al commercio all’ingrosso e al dettaglio, in cui oggi sono attive le società pubbliche, le partecipate dovranno rispettare il secondo gruppo di criteri: rimane il fatturato minimo da un milione, nonostante le richieste parlamentari di abbassare l’asticella a 500mila euro, e l’addio alle società con più dipendenti che amministratori, alle aziende doppione (attive cioè in settori simili o uguali a quelli già coperti da altre partecipate) e, fuori dai servizi di interesse generale, alle aziende che hanno chiuso in rosso quattro degli ultimi cinque bilanci. Su questi punti il piano di razionalizzazione, da adottare entro sei mesi per non incorrere in una sanzione amministrativa fino a 500mila euro, non ha possibilità di scelta, ma deve limitarsi a censire le partecipate che entro un anno vanno chiuse, privatizzate oppure aggregate per superare i parametri minimi di fatturato e organici. Entro sei mesi, anche le società pubbliche “in regola” con i nuovi parametri dovranno effettuare una revisione straordinaria del personale per individuare gli esuberi.

Una novità importante spunta nel testo esaminato ieri dal consiglio dei ministri per le assunzioni di nuovo personale: alle società controllate viene esteso l’obbligo, previsto fin dal 2008 per le aziende di servizi pubblici locali, di definire con provvedimenti autonomi il rispetto dei principi di trasparenza e selezione pubblica nel reclutamento del personale, ma in caso di mancata adozione dei regolamenti si applicheranno direttamente i cardini del concorso pubblico previsti per le Pa dal testo unico del pubblico impiego (articolo 35, comma 3 del Dlgs 165/2001). Trovano poi una nuova definizione gli affidamenti senza gara alle società in house: serve il «controllo analogo», ovviamente, e l’eventuale presenza di soci privati deve essere limitata a quella eventualmente imposta da normative di settore, a patto che comunque i privati non abbiano un’«influenza dominante».

Chiude il quadro dei provvedimenti attuati ieri la riforma della Corte dei conti, che dà nuovi poteri al pm per vigilare sull’esecuzione delle sentenze senza però affidargli la responsabilità diretta.

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