RIO - «La squadra di Atene2004? Vi chiedo una cortesia: ora non parlate più di quella squadra; parlate di questa, perché ha scritto una pagina nuova della pallanuoto e dello sport italiano». Sa bene di cosa parla, Tania Di Mario. Del Setterosa campione olimpico in Grecia è l'unica ancora in acqua con la calottina in testa: 12 anni fa era il bomber designato; di questa squadra Tania, classe 1979, è invece la capitana e la coscienza critica, la “regista” che pure non disdegna qualche rete col suo destro spesso letale dai 6 metri.
Bastano poche parole di Tania per dare il senso di quello che questo “nuovo” Setterosa sta realizzando qui a Rio: dopo 12 anni torniamo a giocarci una finale olimpica, dopo aver asfaltato per la seconda volta nel torneo la Russia, e senza aver subito sconfitte nella prima fase.
«Abbiamo lavorato molto, fatto sacrifici, sudato e sofferto per arrivare a questo punto - spiega Tania -, ma ovvio non vogliamo fermarci ora, a un passo dal sogno».
Ma vi abbiamo viste tutte piangere, le chiediamo: riuscirete a non sentirvi appagate dalla medaglia che già avete al collo?
«Nessun appagamento – dice sicura -, si può giocare una finale olimpica senza sentirsi appagate de tanto che si è già fatto, anzi si deve farlo e queste ragazze sono capaci di farlo, lo hanno già dimostrato proprio stavolta con le russe, dimenticando la facile vittoria del girone di qualificazione, non perdendo la calma oggi dopo il loro doppio vantaggio, gestendo con sicurezza anche le ultime fasi del match. Sì, siamo pronte, felici ma pronte a giocarci l'oro».
E quelle lacrime alla fine? In acqua alla sirena in molte piangevano…
«Anch'io piangevo a vederle!! Queste ragazze mi hanno emozionato: voglio ringraziarle tutte, ma ancora c'è tempo di prima di farlo, il tempo almeno di un'altra partita… ».
Il cloro, le continue gomitate, le botte rimediate. Teresa Frassinetti, la nostra centroboa, ne avrebbe di motivi per giustificare quei suoi occhi azzurri e lucidi. Niente da fare, impossibile mascherare le lacrime che le spezzano la voce; meglio arrendersi all'evidenza e affrontare i microfoni singhiozzando di gioia: «Voi vedete solo un pezzetto del lavoro che facciamo, questa è una vittoria che ci ripaga di tanta fatica, ma state tranquilli, ci bastano poche ore per cancellare tutto e prepararci per la finale, ennesima di questo torneo. Perché come dice il nostro ct, questo è un torneo fatto di sei finali, e finora ne abbiamo giocato solo cinque…».
Eccolo Fabio Conti, il ct, il demiurgo di questo “nuovo” Setterosa che ha vissuto un personalissimo derby in famiglia, avendo sposato una russa: «Mia moglie e mio figlio hanno visto la partita a San Pietroburgo; anzi avrebbero voluto vederla, ma io ho detto a mia moglie di non preoccuparsi, di andare pure a teatro, ché l'avrei aggiornata io sul risultato…», sogghigna ironico.
Un sorriso glielo strappa anche la felice coincidenza che si verificherà venerdi qui a Rio: «La prossima sarà la mia 200esima panchina azzurra, e sapete tutti come vorrei festeggiare…».
È da giorni che nella testa del ct c'è questa giornata: «Di più che giorni. Sono mesi che penso a una sola idea, quella del “torneo perfetto”; finora non ci è mai capitato di portarlo a termine, hai visto mai che…».
Non lo dica ct, per favore: che gli dèi di Olimpia non scambino per presunzione l'umano desiderio di trasformare speranza, fatica e sudore in oro.
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