Un’altra medaglia di legno. Amara. Forse a Rio de Janeiro c’è qualche recriminazione in meno per Vanessa Ferrari, quarta nel corpo libero come nel 2012 a Londra, ma la delusione è comunque fortissima. E la ginnasta di Orzinuovi, 26 anni a novembre, non riesce a trattenere le lacrime: la sensazione «è più o meno la stessa», spiega.
«L’esercizio è andato bene, ho fatto tutto quello che dovevo fare, è andata così» racconta in zona mista Ferrari, ancora con gli occhi lucidi. «Non so dove ho perso la medaglia, forse non sono stata precisissima nell’ultima diagonale ma non so se sia stato quello, poteva esserci come non esserci. Se è peggio qui o a Londra? È uguale, è sempre una medaglia olimpica in entrambi i casi: a Londra me l’hanno nettamente rubata (il bronzo andò alla russa Aliya Mustafina, stesso punteggio ma premiata per il maggiore coefficiente di difficoltà,ndr), potevano darmela come non darmela. È più o meno la stessa cosa, ma alla giuria non ho nulla da dire».
Vanessa non riesce a darsi pace. «Sapevo che potevo farlo meglio, però l’ho fatto bene e ci ho sperato fino all’ultimo perché poteva starci», riflette, prima di frenare sui prossimi programmi: «Al futuro ci sto pensando, non ho ancora deciso. Ora torno a casa, ho un po’ di ore di volo prima di pensare a che cosa fare. Ma non sono più serena di quattro anni fa: due Olimpiadi, due quarti posti; non so che cosa dire».
Piange Vanessa. Non un pianto a dirotto, ma un lamento, un sibilare che quasi nasconde il groppo che le stringe la gola. Non cerca scuse, ma da campionessa e atleta ha tutto il diritto di raccontare prima i suoi tormenti, poi il suo calvario: «Il tendine non mi ha dato fastidio oggi, perché sono imbottita di antidolorifici. Ma prepararsi così è stato difficile, sapere di non poter fare tutti i lavori necessari, di doversi fermare per forza, a volte, è stato complicato, così come lavorare sul duro in questi ultimi giorni. Ma ho stretto i denti, e sono contenta di come sono riuscita a farlo in queste condizioni».
Enrico Casella, che la allena da quando aveva 6 anni, la osserva da lontano con lo sguardo amorevole di padre e onesto di tecnico: «Stavolta non è come Londra. Non c'è nulla da recriminare. Stavolta nessun furto, ma solo sport. Ci sono state tre atlete più brave di Vanessa, e basta. Quando ha finito l'esercizio è corsa da me l'ho abbracciata, e un po’ l’ho preparata al voto che stava per arrivare… “sai quella sbavatura potrebbe costarci un po’...” le ho detto, perché hai tra le braccia un'atleta che ha dato tutto, non puoi dirle tutto subito…».
Se Vanessa lascia uno spiraglio ancora aperto per il suo futuro da ginnasta, Casella usa parole più nette: «Credo proprio questa sia stata la sua ultima gara. E penso che ci aiuterà a crescere in altro modo, restando nell'ambiente magari come allenatrice e affiancando così quelle giovani che punto a portare a maturazione nel 2019. La ginnastica mancherà a Vanessa, ma anche lei mancherà alla ginnastica, perché lei è una campionessa che ha cambiato questo sport in Italia, contribuendo a far tornare protagonista la nostra squadra nel mondo».
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