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Per la Nuova Zelanda una staffetta da sogno tra Olimpiadi e All Blacks

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Per la Nuova Zelanda una staffetta da sogno tra Olimpiadi e All Blacks

Gli All Blacks nella loro performance pre-partita, la famosa Haka (Reuters)
Gli All Blacks nella loro performance pre-partita, la famosa Haka (Reuters)

E dire che una delle medaglie più attese, a Rio, la Nuova Zelanda l'ha mancata. Nel rugby a sette, disciplina all'esordio olimpico, la squadra maschile è arrivata solo quinta, mentre le ragazze hanno conquistato l'argento alle spalle dell'Australia. Al podio delle Black Ferns, come sono chiamate le rugbyste “kiwi”, la nazione della grande nuvola bianca ne ha aggiunti però altri 17: per un Paese da 4,5 milioni di abitanti si tratta di un exploit eccezionale, che l'Italia - tanto per renderci conto - avrebbe in proporzione eguagliato se si fosse aggiudicata più di 200 medaglie...

Buona anche la distribuzione delle 18 affermazioni di atleti e atlete in maglia nera: quattro ori in tipici sport dell'acqua (due nel canottaggio, uno nella canoa/kayak e uno nella vela), nove argenti (due nella vela, uno a testa nel tiro a volo, nel già citato rugby a sette, nel golf, nella canoa slalom, nel ciclismo su pista, nel canottaggio e nell'atletica) e cinque di bronzo (tre nell'atletica, una nella canoa/kayak e una nella vela). In totale sette medaglie al maschile e 11 al femminile, distribuite anche lungo un consistente arco anagrafico: dai 37 anni di Mahè Drysdale nel singolo del canottaggio (oro a Rio come a Londra 2012, cui si aggiunge il bronzo di Pechino 2008) ai 19 di Eliza McCartney, che ha conquistato un inatteso terzo posto nel salto con l'asta.

Se dobbiamo fare un confronto con l'Italia, ecco che l'aspetto più umiliante riguarda proprio l'atletica leggera. Nella disciplina che ai giochi assegna più medaglie (in tutto 141 dal primo al terzo gradino del podio), legate a 47 specialità diverse, 42 nazioni sono andate a segno e la piccola Nuova Zelanda ne ha vinte quattro: nei salti, con la McCartney, nei lanci (con l'argento di Valerie Adams nel peso femminile e il bronzo di Tomas Walsh in quello maschile) e nella corsa, con il bronzo di Nicholas Willis nel 1.500 metri, uno dei superclassici dell'atletica. Agli antipodi, in tutti i sensi, ecco la realtà degli azzurri: nemmeno uno è salito sul podio e l'assenza per infortunio di Gianmarco Tamberi - sicuramente uno dei favoriti nel salto in alto - non cambia la sostanza del discorso. Più in generale il bottino italiano complessivo di 28 medaglie è sicuramente dignitoso, tuttavia il contributo “sbilanciato” dato da alcuni sport (sette medaglie fra tiro a volo e tiro a segno) e lo zero conseguito non solo nell'atletica ma anche in specialità di grande tradizione come la ginnastica e il pugilato non possono non raffreddare in parte gli entusiasmi. Se però pensiamo che da noi, al contrario di quanto avviene nella grande maggioranza dei Paesi più sviluppati, lo sport a scuola è in pratica del tutto assente, possiamo anche concludere che abbiamo ottenuto ottenuto risultati fin troppo buoni.

Intanto, ancora prima che finissero le Olimpiadi, è partito il Championship ovale, cui partecipano le quattro migliori rappresentative del rugby dell'emisfero Sud. Mentre il Sudafrica ha superato in rimonta, e a ridosso dell'ultimo minuto, gli ospiti dell'Argentina per 30-23, a Sydney è andato in scena il classico Australia-Nuova Zelanda. Se qualcuno poteva chiedersi quanto poteva pesare, per gli All Blacks, l'assenza di totem come Richie McCaw, Dan Carter, Ma'a Nonu e Conrad Smith, tutti protagonisti nella conquista della Coppa del Mondo 2015, ecco che gli australiani sono stati schiantati con un 42-8 (primo tempo 32-3) che parla da solo. Ci sarà sicuramente bisogno di ulteriori conferme, ma intanto i tuttineri, dopo avere battuto tre volte su tre il Galles a giugno, hanno iniziato così il torneo. Finito il quale, si prepareranno alla tournée europea di novembre, che comprende anche il match di Roma con l'Italia il 12 novembre: ahi, un altro doloroso confronto ci aspetta.

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