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Boeri (Inps): aumentare le pensioni minime usando il reddito…

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intervista

Boeri (Inps): aumentare le pensioni minime usando il reddito famigliare

Se si vuole davvero dare un aiuto ai pensionati più poveri è bene guardare al loro reddito famigliare non solo a quello pensionistico individuale, come fa la 14esima che, in 7 casi su 10, va a persone che povere non sono. È uno dei messaggio che il presidente dell'Inps, Tito Boeri, lancia al Governo in quest'intervista al Sole 24 Ore. L'Istituto sta dando il suo supporto tecnico alla definizione delle norme e all'ingegnerizzazione dei processi per il lancio dell'anticipo pensionistico assicurato e finanziato dal sistema bancario (Ape) mentre prosegue il piano di riorganizzazione, che punterà su commissioni esterne per la selezione dei dirigenti in linea con la riforma della Pa.

Per Inps si preannuncia un ruolo nuovo con l'Ape, l'anticipo pensionistico cui sta lavorando il Governo. E' annunciato un decreto in settembre per l'attivazione delle procedure che l'Istituto dovrà garantire. Cosa si può dire in questa fase?
Molti aspetti dell'Ape devono ancora essere definiti al tavolo fra governo e sindacati. Quel che è certo è che l'Inps avrà un ruolo chiave in questa operazione. E stiamo già oggi offrendo supporto tecnico alle decisioni.

State valutando l'impatto finanziario dei vari interventi?
Non solo. Stiamo anche dando supporto nella scrittura delle norme e nell'ingegnerizzazione di processi che si annunciano molto complessi perché coinvolgono lavoratori, imprese, banche, assicurazioni e l'Inps. Riguardo alle valutazioni vorrei rimarcare che i numeri sui costi delle diverse misure dati dai giornali questa estate sono fuorvianti anche perché le diverse misure hanno ovvie interazioni e vanno valutate congiuntamente. Per lo stesso motivo è fondamentale che il confronto in atto mantenga una visione integrata delle diverse misure di cui si discute, a cavallo fra assistenza e previdenza. L'Ape non può non tenere conto di cosa si fa sugli ammortizzatori sociali e viceversa. Le scelte sulle platee di lavoratori cui fiscalizzare le rate di ammortamento non possono prescindere dagli orientamenti sulle platee di pensionati da sostenere. Altrimenti si buttano via soldi e si hanno misure inefficaci.
Che ruolo svolgerete concretamente nella gestione dell'Ape?
L'Inps sarà al centro di molti flussi finanziari e di praticamente tutti i flussi informativi fra lavoratori, imprese, banche e assicurazioni. Il compito più importante e gravoso sarà proprio quello di informare adeguatamente i lavoratori sulle implicazioni della eventuale scelta di un anticipo pensionistico. Ci baseremo sull'esperienza de “la mia pensione” e delle buste arancioni e avremo un ruolo consulenziale ancor prima che di erogatore di pensioni o rate di ammortamento dei prestiti pensionistici. Per questo la riorganizzazione in atto all'Inps è così importante: ci serve a rafforzare la nostra presenza sul territorio e a trattare i problemi di chi si rivolge a noi in modo integrato, guardando alle singole persone anziché alle singole prestazioni.

Parliamo dopo della riorganizzazione. Tornando all'Ape, è d'accordo nel rendere possibile un anticipo di 3 anni e 7 mesi rispetto al requisito della Legge Fornero oppure pensa che la flessibilità dovrebbe essere maggiore?
Più che per quanti anni consentire l'anticipo conta come lo si fa. Penso sia giusto consentire a lavoratori una certa libertà di scelta su quando andare in pensione, se questa scelta non grava sulle generazioni future, cioè non fa aumentare il debito pensionistico. Gli anticipi concessi in passato hanno fatto esplodere il debito. Purtroppo la stessa Ape, coi bonus fiscali previsti per cancellare per alcune categorie di lavoratori le rate di ammortamento, finirà per creare debito aggiuntivo. Per questo bene che le categorie cui concedere il bonus siano circoscritte e scelte con molta cura.
Per esempio?
Se il bonus venisse concesso solo a chi ha redditi famigliari bassi, l'Ape diventerebbe una specie di reddito minimo per quella fascia critica di lavoratori che faticano a rimanere a lungo sul mercato del lavoro e che sono a rischio di povertà. Insomma il bonus sarebbe un primo tassello di quel Sostegno di Inclusione Attiva (SIA) universale che il governo ha dichiarato di voler costruire.
A proposito di minimi, per le pensioni basse si ragiona su due fronti: estensione della 14esima e ampliamento della no tax area. Due misure da non leggere necessariamente come alternative l'una all'altra ha detto Nannicini. Che idea vi siete fatti su questo fronte?
Se si vuole davvero aiutare i pensionati poveri, bene guardare al loro reddito famigliare, non al solo reddito pensionistico individuale, come fa la 14esima che, proprio per questo, in 7 casi su 10 va a persone che povere non sono. Il problema è che anche il marito o la moglie del percettore di un ricco vitalizio possono accedere alla quattordicesima il loro reddito non supera una volta e mezzo il trattamento minimo.

“Giusto consentire a lavoratori libertà di scelta su quando andare in pensione, se ciò non grava su debito e generazioni future”

 

Meglio allora aumentare le maggiorazioni sociali, che guardano all'insieme dei redditi famigliari, o, ancora meglio, selezionare i beneficiari usando l'ISEE, coerentemente con quanto ci si propone di fare nel disegno di legge delega governativo sul contrasto alla povertà. Sarebbe un altro tassello verso la costruzione di un reddito minimo o SIA che dir si voglia. Sono d'accordo con Nannicini sul fatto che ampliamento della no tax area e aiuto a pensionati poveri non siano necessariamente in contraddizione….se ci sono le risorse per permettersi entrambe le cose.

E se non ci sono?
Negli ultimi 10 anni, il reddito medio dei lavoratori dipendenti è rimasto al palo, mentre quello dei pensionati è cresciuto. La distanza fra i redditi di pensionati e lavoratori si è così ridotta fortemente: oggi chi è in pensione ha mediamente un reddito pari a oltre l'80% del reddito di chi lavora; questo rapporto era meno del 70% dieci anni fa. Un paese che stenta a crescere fa bene a favorire queste continue redistribuzioni verso chi non lavora? Se ci sono le risorse per ridurre le tasse, forse meglio farlo per tutti, pensionati e lavoratori. Mi sembra certamente un messaggio sbagliato tagliare le tasse per i soli pensionati.
Ma anche l'aumento delle pensioni minime redistribuisce dai lavoratori ai pensionati. Lei pensa che sia ancora possibile immaginare in futuro un ricalcolo dei trattamenti privilegiati in chiave contributiva o quanto meno il ricorso a un contributo di solidarietà?
Non mi sembra che quella del ricalcolo sia una ipotesi sul tavolo. Continuo a pensare che sarebbe il modo migliore per finanziare interventi per pensionati e pensionandi poveri, non gravando per l'appunto su chi lavora. Tra l'altro, alla luce della sentenza della Consulta, si potrebbe coinvolgere in questa operazione anche i vitalizi dei politici. Ma, ripeto, non mi risulta affatto che queste misure siano all'ordine del giorno.

I vostri ultimi dati di monitoraggio sulle salvaguardie indicano un minor tiraggio complessivo, con circa 42 mila domande accolte in meno del previsto. C'è la possibilità che si realizzi qualche risparmio su questo fronte? In Parlamento c'è chi mira a una ottava salvaguardia, che ne pensa?
C'è un equivoco ricorrente. Le salvaguardie non vengono finanziate da un fondo su cui si fanno risparmi, ma tolgono sempre risorse ad altri interventi. E l'ottava salvaguardia vuole rendere possibile prolungare il periodo in cui si può esercitare l'opzione di prendersi la pensione coi criteri ante-Fornero. Quindi molti di coloro che non sono usciti con le salvaguardie (che in non pochi casi garantiscono pensioni di più di 3mila euro), potrebbero farlo a breve. E poi ricordiamoci che le salvaguardie sono già costate più di 11 miliardi, erodendo circa il 30% dei risparmi di spesa attesi dalla riforma del 2011. Con quei soldi si poteva finanziare per 10 anni un reddito minimo per chi perde il lavoro fra i 55 e i 65 anni di età.
Cosa ne pensate delle altre misure annunciate?
Siamo felici di sapere che si sta seriamente pensando di superare le ricongiunzioni onerose che, oltre ad essere inique, penalizzavano proprio quelle carriere lavorative mobili, di cui il paese ha un grande bisogno per tornare a crescere. Era uno dei punti centrali delle nostre proposte in “Non per cassa, ma per equità”.

“I redditi da lavoro sono al palo, se ci sono risorse
è necessario ridurre le tasse anche per i lavoratori”

 

Anche se è in vigore solo da giugno, come sta andando il part time agevolato introdotto con l'ultima Stabilità?
Al 20 agosto erano state accolte 150 domande.

In Inps è stata lanciata una nuova fase di riorganizzazione. Sono passati ormai diversi anni dalle incorporazioni degli altri istituti: Inpdap, Enpals, Ipost eccetera. Quali sono le novità più rilevanti sul piano operativo?
La fusione fra gli enti la stiamo facendo solo adesso. In primis, varando un piano di assunzioni (interamente finanziato coi risparmi nelle nostre spese di funzionamento) di circa 900 funzionari con lauree in Giurisprudenza, Economia e commercio, Ingegneria gestionale e Informatica. Inizieranno la loro carriera senza avere la targa Inpdap, Enpals, Ipost, etc. Saranno fin da subito Inps, grande Inps. Secondo, stiamo eliminando la sommatoria tra i dirigenti dei vari enti che aveva portato a 48 direzioni centrali, di cui ben 33 a Roma.

Le ridurremo a 36, di cui solo 14 saranno al centro, le altre verranno spostate sul territorio dove tra l'altro la fusione è andata molto più avanti. La terza novità riguarda le modalità di conferimento degli incarichi ai dirigenti apicali. Per la selezione gli organi dell'Istituto si avvarranno di una commissione esterna, che non li sceglierà certo in base alla loro provenienza da Inps, Inpdap, Enpals, etc. o alla loro tessera sindacale, ma pescando fra le ottime professionalità presenti nell'istituto o, se necessario, guardando all'esterno.

Che rapporto c'è tra la vostra riorganizzazione e la riforma della dirigenza varata giovedì dal governo?
Ci muoviamo sulla stessa linea. Anche il decreto del governo, ad esempio, prevede commissioni esterne per la selezione dei dirigenti. Noi siamo già partiti con la riorganizzazione, senza aspettare i tempi di attuazione della riforma che saranno inevitabilmente lunghi, convinti che l'Inps sia una istituzione nevralgica per il paese. Quando la riforma sarà in vigore ci sarà di grande aiuto nella gestione della nuova struttura.

A che punto siete con le procedure informatiche interne, il pagamento delle pensioni dei diversi enti confluiti in Inps?
Anche in questo campo la fusione non c'era stata. A distanza di 4 anni dalla fusione, ci siamo trovati con procedure informatiche diverse per dipendenti privati, pubblici, dello spettacolo, insomma per chi apparteneva a gestioni Inps, Inpdap o Enpals. Stiamo convergendo verso un sistema uguale per tutti.

A proposito, il Governo sembra intenzionato a garantire l'anticipo pensionistico anche ai dipendenti pubblici. Cosa ne pensa?
Mi sembra che ci fossimo accordati per non parlare di Ape… Credo che sia giusto estendere questa possibilità anche ai dipendenti pubblici, sarebbe iniquo escluderli dagli anticipi solo perché hanno meno rischi di perdita del posto di lavoro. E poi non dimentichiamoci che nella pubblica amministrazione c'è un problema serio di blocco del turnover che potrebbe essere in parte ridotto grazie all'Ape.

Già. Lei ha affermato che il personale Inps è molto al di sotto del fabbisogno operativo: quali sono i numeri attuali?
A fine luglio 2016 l'Inps aveva 28.750 mila dipendenti, mentre nel 2012, appena dopo la fusione fra Inps, Inpdap ed Enpals erano circa 32.800. Stiamo perdendo circa 1000 persone all'anno e siamo già scesi al di sotto del livelli del solo Inps pre-fusione pur avendo acquisito 3 milioni e mezzo di nuovi utenti e nuove competenze. Abbiamo forti carenze di personale soprattutto in Emilia Romagna, Veneto e in molte sedi non capoluogo di regione del Nord. L'età media dei dipendenti è di 54 anni e in crescita. Un'amministrazione fortemente digitalizzata come la nostra ha bisogno di alimentare un costante ricambio generazionale.

Inps potrebbe assicurare un piano di dimissioni immobiliari capace di concorrere al raggiungimento degli obiettivi che il Governo si è posto sul fronte delle privatizzazioni? In che termini e con quali risultati economici?
Vogliamo nel nostro piccolo contribuire ad abbassare il livello del debito pubblico, che purtroppo continua a crescere. Non è il nostro mestiere gestire immobili. Il nostro patrimonio immobiliare vale circa 2 miliardi e mezzo, meno di quanto noi eroghiamo mediamente ogni due giorni. Quindi le case non valgono certo come garanzie reali delle prestazioni. Ma perché noi si possa procedere con le dismissioni serve una modifica normativa, che abbiamo da tempo richiesto invano. Speriamo che i prossimi mesi siano davvero la volta buona.

“Un ottava salvaguardia? Si ricordi che queste misure tolgono fondi ad altre iniziative ”

 

A proposito di richieste non esaudite, lei un anno e mezzo fa ha chiesto una nuova governance per l'Inps ma nessun ha risposto. Perché?
La domanda andrebbe posta non a me, ma a chi deve varare la riforma. Le resistenze sono forti. Con la nuova governance si azzereranno tutte le posizioni degli organi di vertice e si ridurrà il numero di incarichi. I componenti del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza scenderanno da 22 a 15 e i membri del collegio sindacale da 9 a 5. Sarebbe davvero importante varare la riforma della governance contestualmente con la riorganizzazione dell'istituto.

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