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SwimRunCheers, buona la prima

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Endurance

SwimRunCheers, buona la prima

Attraversare due laghi a nuoto. E correre, correre. In una gara continua, senza pause, senza transizioni. Eravamo in 22 sabato scorso alla partenza dello SwimRunCheers, l’edizione zero. La prova di una gara durissima - prima volta in Italia su queste distanze - ma affascinante come poche, che si è svolta tra Lago Maggiore e Lago di Mergozzo. Blu, verde e sole. Caldo, acqua. Fatica e polvere. Paura e sfida... Non era scontato arrivare in fondo né alla versione “Short” (per modo di dire) della gara, dove in 10 si sono cimentati: 27,5 km totali, suddivisi in 4 frazioni di nuoto (7mila metri totali) e 4 di corsa (20,5 km totali). Né tantomeno alla versione Iron - io ero uno dei dodici iscritti: 17 frazioni alternate, per un totale di 39km, suddivisi in quasi 12 km di nuoto nel lago e 27 di corsa.

Avevamo il chip che calcolava i tempi di ogni partecipante, ma in una gara come questa non c’è un vincitore. Vincono tutti. Si vince se si arriva in fondo. In palio c’è una medaglia davvero particolare: un pezzo di roccia, di marmo di Candoglia, la pietra rosa con cui è costruito il Duomo di Milano.

Quel pezzo di roccia che alla fine hai attaccato al collo vuol dire tante cose. Vuol dire il legame con il territorio. Vuol dire anche che ce l’hai fatta ad arrivare in fondo e a vincere la tua personalissima sfida con questa strana, ma durissima gara. E che, in qualche modo, anche tu che hai tagliato il traguardo, un po’, un pochino, sei una roccia, “the rock”.

Lo SwimRun è nato in Svezia, una manciata di anni fa, da una scommessa di un gruppo di amici che hanno provato ad attraversare a nuoto e di corsa tutte le isolette che sono davanti a Stoccolma. La Otillo, da gara per pochi, è diventata l’appuntamento per eccellenza del movimento dei nuotatori-podisti. Riuscire ad avere uno slot per parteciparvi è come vincere alla lotteria. L’equivalente nel triathlon di avere la possibilità di partecipare all’Ironman di Kona alle Hawaii.

E’ nata come gara per pochi intimi la Otillo, ma accanto ad essa ne sono nate altre, tanto da creare un circuito di gare di Swim Run, con una crescita degli appassionati vertiginosa, in breve tempo.

Quella di sabato scorso sul Lago Maggiore era il primo appuntamento di una gara su queste distanze in Italia. Per durezza e panorami non ha avuto niente da invidiare alla più titolata gara svedese. E gli organizzatori sperano di rifarla il prossimo anno, dopo l’esperienza dell’edizione zero, sistemando e correggendo quello che c’è da sistemare. Sperano anche di riuscire a replicare quanto accaduto in Svezia, dove dai 15 della prima edizione si è passati ai 500 e più del secondo anno, fino a dover mettere un tetto alle iscrizioni perché oltre un certo numero non si riesce a far partecipare tutti quelli che lo chiedono.

La SwimRun tra Lago Maggiore e Lago di Mergozzo si chiama Cheers perché in premio oltre alla medaglia “di roccia” c’è anche il cheers, un brindisi alla salute di chi è arrivato ed è riuscito nell’impresa: tutti quelli che tagliano il traguardo hanno diritto da regolamento a “idratarsi” con le birre, fino a quanto ne hanno voglia. Si perché accanto alla gara si è svolto un Festival enogastronomico di due giorni dedicato alla degustazione di birre artigianali - con oltre 50 birre prodotte da piccoli birrifici piemontesi, lombardi e liguri - e a cibo di qualità, street food a cura di chef dei ristoranti del Lago Maggiore.

La difficoltà dello SwimRun è data dal fatto che si corre con la muta e si nuota con le scarpe. Nuotare con le scarpe significa in pratica che non si riesce a usare le gambe: inutile muoverle. Si è un po’ nelle stesse condizioni di un nuotatore paralimpico, categoria s6 o S7, che non ha l’uso delle gambe. Per riuscire a stare a galla si usa un Pullboy legato a una gamba con un elastico. E si procede con le palette nelle mani, spingendo tutto di braccia. Nuotare così è molto più faticoso che avanzare, come ad esempio si fa nell’Ironman o nelle traversate, solo con la muta, mani e piedi. E quando si esce fuori si corre bagnati e si continua a correre anche a lungo, di solito su percorsi impervi più simili a trail che a corse podistiche.

La particolarità della SwimRunCheers era anche nel percorso. Nella versione Iron gli atleti hanno attraversato il Lago Maggiore da Pallanza fino a Stresa, passando dall’Isola Madre, l’Isola dei Pescatori e l’Isola Bella. Per la prima volta nella storia una gara sportiva è passata nelle Isole Borromee, attraversando Parchi botanici tra i più belli d’Italia che conservano piante rare, vecchie anche di 300 anni. Da Stresa si saliva in alto verso la frazione di Someraro, dove si apre uno degli scorci più belli del Lago Maggiore e dove a vista d’occhio gli swimrunner hanno potuto vedere quello che avevano appena percorso, l’inizio di un’impresa epica: il Lago Maggiore attraversato da un lato all’altro.

Da Someraro il percorso scendeva fino a Baveno dove si è ripreso a nuotare per un altro tratto per uscire all’altezza del Parco di Villa Fedora. Da lì si risaliva fino al bosco, sotto alla cava di granito di Baveno: nel tratto di bosco è stato impossibile correre, come in un trail nei tratti più impervi, tra muri da salire a mani e piedi, tronchi e rami da superare, un fiume da attraversare.

Passato il bosco si è potuto riprendere a correre costeggiando la Cava di Baveno , quella che si vede dall’autostrada, fino a rientrare in fondo al Lago Maggiore dalla frazione di Feriolo, all’imbarcadero. Da qui di nuovo in acqua per nuotare un altro tratto di oltre mille metri che attraversa la foce del fiume Toce e le sue gelide acque. Forse il tratto più complesso della gara per via del freddo, considerando che quasi tutti i partecipanti non indossavano la muta. Usciti all’altezza del Camping Continental di Mergozzo, gli atleti hanno attraversato di corsa il campo da golf e percorso il Sentiero azzurro che risale nel bosco che costeggia il lago, superando un tratto di salita davvero impegnativo, fino ad arrivare sull’altro versante, all’altezza di Mergozzo. Da qui di nuovo in acqua per percorrere in lungo il tratto che riportava gli atleti al campeggio (circa 2,7 km) per poi rientrare al Lago Maggiore fino alla partenza, non dopo aver nuotato attorno all’isolino di San Giovanni, quello che si vede a pochi metri dalla costa di Pallanza-Verbania.

La gara è stata organizzata ponendo molta attenzione alla sicurezza e alla assistenza in acqua: durante le frazioni di nuoto tutti gli atleti sono stati seguiti da barche o canoe. Diversi i ristori a base di gel e barrette. E tanti i volontari che hanno dato forza e tifato per gli swimrunners, dal primo all’ultimo, durante tutta la gara. Non è stato facile bloccare per così tanto tempo il traffico dei traghetti, in un periodo estivo con tanti turisti in giro per le Isole Borromee. E non tutti gli atleti sono riusciti a completare il percorso con il “giro d’onore” dell’isolino di San Giovanni, gli ultimi 400 metri di nuoto davanti all’arrivo, perché a un certo punto, superato il tempo massimo previsto, è ripresa la navigazione dei battelli. Così qualcuno ha concluso la gara tagliando il traguardo di corsa, con un po’ di amaro in bocca. E la voglia già di riprovarci.

Una macchina organizzativa complessa quella dello SwimRunCheers che ha coinvolto attivamente i Comuni di Verbania, Stresa, Baveno e Mergozzo, la Società di navigazione del Lago Maggiore, i Vigili del fuoco, la squadra nautica della Polizia, la Croce rossa italiana e i canoisti della Polisportiva Verbano, tra cui c’era anche l’olimpionico Carlo Tacchini appena tornato da Rio, a fare volontariato assieme ai compagni di squadra.

Avviso ai naviganti. Se avete voglia di provare una sfida estrema, diversa da tutte le altre, segnatevi sull’agenda per il prossimo anno l’appuntamento con lo SwimRunCheers del Lago Maggiore.

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