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Referendum, Boschi: «Con il sì Italia più competitiva»

Maggiore stabilità di governo, maggiore efficienza e rapidità del processo legislativo, maggiore certezza del quadro normativo in cui muoversi tra Stato e Regioni per avviare un'attività economica: ecco tre buone ragioni per votare Sì al referendum costituzionale di novembre sulla riforma del Senato e del Titolo V per chi ha a cuore lo sviluppo economico del nostro Paese.

Maria Elena Boschi arriva a Cernobbio per partecipare ai lavori del Forum Ambrosetti a Villa d'Este reduce da un giro di qualche giorno nelle Feste dell'Unità sparse in tutta Italia, ultima quella di Milano dove la ministra per le Riforme ha anche subito una piccola contestazione da parte di una ventina di sostenitori del No. A riprova di una campagna referendaria che si apre in un curioso clima politico: con il Movimento 5 stelle alle prese con la grave crisi della Giunta capitolina guidata da Virginia Raggi, e con Silvio Berlusconi

sostanzialmente silente sul tema riforme pur essendo Forza Italia formalmente schierata per il No, gli unici veri oppositori del governo in questo momento sembrano essere i vari leader della minoranza interna del Pd. Dall'ex premier Massimo D'Alema, schierato ormai da tempo per il No e che lunedì a Roma lancerà formalmente la sua contro-campagna, fino a Pier Luigi Bersani e al giovane bersaniano Roberto Speranza, che ancora non hanno sciolto le loro riserve avendo condizionato l'impegno per il Sì alla richiesta di modificare l'Italicum.

Nel mirino della minoranza dem (e non solo: basta guardare le ultime prese di posizione sull'Italicum di personalità come il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e il fondatore del Pd Walter Veltroni) non c'è più solo il premio alla lista invece che alla coalizione, ma il meccanismo “cuore” della nuova legge elettorale, ossia il ballottaggio tra le prime due liste se nessuna raggiunge il 40% dei voti. Un sistema simile a quello in vigore dal 1993 per i sindaci ma che, nell'attuale tripolarismo, rischia di consegnare il governo del Paese ad un partito anti-sistema e anti-euro come il Movimento 5 Stelle.
Ed ecco allora che la ministra Boschi, ribadendo una posizione già pubblicamente espressa dal premier Matteo Renzi, ricorda davanti alla platea di economisti e imprenditori riunita a Cernobbio che eventuali modifiche all'Italicum, «nella disponibilità del Parlamento», non sono un tabù. Tuttavia invita a riflettere sul caso spagnolo, dove si rischia di tornare a breve per la terza volta alle urne in un anno: «In un sistema tripolare, senza ballottaggio il rischio è l'impossibilità di formare un governo – dice Boschi -. L'Italicum ha il grande pregio di garantire la stabilità, e tutti voi sapete che la stabilità ha anche un grande valore economico». Stabilità attraverso l'Italicum, su cui naturalmente non si vota a novembre essendo una legge ordinaria, ma anche stabilità attraverso il superamento del bicameralismo perfetto con il rapporto fiduciario con il governo affidato alla sola Camera del deputati.
«Noi abbiamo un Sì o un No da dare alla riforma nel suo complesso. La domanda che dobbiamo porci è: si tratta di un passo avanti o no? Quello che è certo è che difficilmente potranno ricrearsi le condizioni in Parlamento, dopo fallimenti trentennali, per fare di nuovo una riforma di così ampia portata», dice Boschi. Rispondendo indirettamente a D'Alema e a quanti, nell'opposizione, parlano di nuova fase costituente e di bicamerali in caso di vittoria del No. «Poi se vince il No non è certo la fine del mondo, semplicemente ci teniamo tutto così com'è mentre possiamo avere un Paese più competitivo, più efficiente e anche più giusto nei confronti dei propri cittadini». Se vince il No non casca il mondo, dunque. In linea con il tentativo di sdrammatizzare e spersonalizzare il voto referendario portato avanti nelle ultime settimane dallo stesso Renzi, che non ha più detto “se perdo me ne vado”.
E' evidente che il dimezzamento dei tempi per l'approvazione di una legge è di per sé un vantaggio competitivo perché permette di rispondere in tempi certi alle esigenze di cittadini e imprese. Ma Boschi, di fronte alla particolare platea di Cernobbio, vuole sottolineare soprattutto l'importanza per lo sviluppo economico del Paese della riforma del Titolo V, una parte del Ddl Boschi spesso sottovalutata nel dibattito politico. «Gran parte della possibilità di sviluppo economico di questo Paese passa dal riordino di competenze tra Stato e Regioni – spiega la ministra -. L'incertezza e la confusione di competenze tra Stato e Regioni è uno dei principali ostacoli all'iniziativa imprenditoriale, soprattutto per gli investitori stranieri. Non possiamo avere venti centri che decidono in maniera diversa su settori strategici come le politiche del lavoro, il turismo o l'energia. Se volete aprire uno stabilimento industriale in Lombardia rispettando certe regole e poi volete espandervi in Piemonte come fate, dovete ricominciare daccapo?». E qui l'applauso, almeno a Cernobbio, è garantito.


Referendum: Cernobbio, 75% dei partecipanti per il sì
E infatti tra la platea di Villa d'Este il referendum costituzionale passa con alte percentuali. “Quale sarebbe il suo voto, oggi, al referendum sulle riforme promosso dal governo italiano?”, è stato chiesto ai partecipanti ai lavori della terza e ultima giornata del Forum Ambrosetti. Al televoto il 75,9% si è espresso per il sì, il 15,2% per il no mentre il 7,1% è
incerto e l'1,8% non voterebbe.
Nel consueto dibattito a porte chiuse dopo l'intervento in chiaro, la ministra Boschi ha poi avuto un botta e risposta con l'ex premier Monti e con il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta. Particolarmente vivace il duetto con Monti, il quale ha suggerito, non senza un certo sarcasmo, di prendere a modello la Grecia per quanto riguarda la composizione e il funzionamento delle istituzioni, ad esempio per numero di parlamentari. Semmai per noi il modello è la Germania, prima economia in Europa>>, è stata la pronta replica di Boschi. Monti ha poi bonariamente suggerito alla ministra di non dire “questa riforma ce la chiede l'Europa”. In realtà questa riforma non ce la chiede l'Europa – è stato il ragionamento di Boschi in risposta a Monti – ma ce la chiedono sia il buonsenso sia gli italiani, da almeno 30 anni. In altre occasioni – è stata la stilettata al predecessore di Letta e Renzi – si diceva “ce lo chiede l'Europa” e si agiva in tal senso…

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