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Dossier Lo sport a cinque cerchi che dà lezione

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Dossier | N. 97 articoliOlimpiadi e Paralimpiadi di Rio 2016

Lo sport a cinque cerchi che dà lezione

Goodbye Rio. Con il fuoco sacro che si spegne questa sera sui Giochi paralimpici brasiliani, i primi in Sudamerica, finiscono le gare ma resta la forza di certe lacrime, di certe medaglie che gridano al mondo tenacia e convinzione.

Il messaggio che arriva da Rio è per tutti, e lo rubiamo a Francesco Bocciardo, genovese, 22 anni, oro nei 400 stile libero: «Mi ispiro al film Race, il colore della vittoria. Jesse Owens vince quattro medaglie d’oro olimpiche, ma anche batte il pregiudizio della razza e del colore della pelle. Un po’ quello che facciamo noi che, qui, prima che persone con disabilità, siamo atleti che si allenano ore e ore tutti i giorni».

Anche per Luca Pancalli, presidente del comitato paralimpico italiano, Rio rappresenta un punto di svolta per il movimento: «Questi Giochi segnano il percorso tracciato dal movimento paralimpico a livello internazionale e a livello di singoli Paesi. Rio ha raccontato al mondo che abbiamo un’anima in crescita e con una sua precisa connotazione che non va confusa con altre. Quest’anima vuole contagiare la società perché ci sia una nuova percezione della disabilità».

Dopo undici giorni di gare, 23 sport in 21 impianti e 528 titoli, il bottino azzurro brilla: «Siamo molto soddisfatti – confessa Pancalli – i risultati sono andati oltre quelli di Londra 2012 e l’intero team ha fatto conquiste importanti».

Il nuoto e il ciclismo tutti d’oro, il fioretto di Bebe Vio, la gioia di Assunta Legnante: «Tutte le medaglie – continua il presidente – in modo diverso mi hanno emozionato ma sono stato coinvolto, in particolare, da due storie italiane. Sara Morganti è arrivata a Rio con il suo cavallo, Royal Delight, da campionessa mondiale nel dressage. Mi ha commosso l’eleganza con cui Sara ha accettato la decisione inappellabile del giudice di squalificare il suo cavallo. Ed emozioni altrettanto forti sono venute da Oxsana Corso che purtroppo per un sistema di qualificazioni ambiguo e discutibile si è vista superata da atlete che non hanno la sua disabilità. Questi momenti tristi della spedizione italiana sono la cifra dello straordinario amore per lo sport dei nostri atleti».

Dopo il lascito importante da parte del comitato italiano di alcuni campi sportivi alla città di Rio – ben più del valore di una medaglia – è tempo di tornare a casa e programmare Tokyo 2020: «Nei prossimi anni – conclude Pancalli – l’impegno è quello di rafforzare i risultati lusinghieri ottenuti a Rio grazie a umiltà e impegno. I nostri atleti sono ambasciatori dello sport: tramite i loro volti, le loro esperienze dobbiamo contagiare i ragazzi disabili e portarli nelle piscine, nelle palestre, allo sport come fonte di vita e di ispirazione».

A Rio lo sport ha saputo superare se stesso, molti i record aggiornati e quei 1.500 metri categoria T13 con quattro atleti che hanno fatto registrare tempi inferiori al crono con cui è stato conquistato l’oro ai Giochi olimpici (per l’americano Matthew Centrowitz 3’50”, per l’ipovedente algerino Abdellatif Baka 3’48”29). Nella stessa corsa i Giochi brasiliani hanno raggiunto una nuova dimensione, tutta politica.

Sulla linea del traguardo, l’argento etiope Tamiru Demisse ha incrociato le braccia sopra la testa, come un mese fa aveva fatto il suo connazionale Feyisa Lilesa, secondo nella maratona, per denunciare come il governo maltratta la popolazione degli Oromo, la più numerosa del Corno d’Africa.

Questa è la lunga marcia dei Giochi paralimpici, nati come scommessa di un medico visionario, Ludwig Guttmann, in fuga dagli scempi del nazismo,culminati con la prima edizione dei Giochi a Roma nel 1960. Allora in gara 400 atleti, stasera in oltre 4mila chiuderanno il Maracanã per ricordare al mondo che disabilità significa nient’altro che abilità diverse grazie alle quali andare #oltre ogni ostacolo della vita.

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