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Italicum, la Consulta rinvia a dopo il referendum

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legge elettorale

Italicum, la Consulta rinvia a dopo il referendum

Il verdetto della Corte costituzionale sull’Italicum previsto per il 4 ottobre è stato rinviato a data da destinarsi. Quasi certamente se ne riparlerà a gennaio. La decisione dello slittamento è stata presa ieri dal presidente Paolo Grossi, dopo aver sentito tutti i colleghi, quelli presenti alla prima camera di consiglio dopo la pausa estiva, e destinata alla “lettura delle sentenze”, e quelli assenti, tra cui Giuliano Amato in viaggio dagli Usa in Italia. A darne notizia è stata la stessa Corte, con un comunicato stampa diffuso verso le 19, in cui non sono indicate le motivazioni del rinvio: si legge soltanto che il Presidente ha «sentito il collegio» e che ha rinviato la trattazione delle questioni sollevate dai Tribunali di Messina e Torino «a nuovo ruolo», ovvero, appunto, a data da destinarsi. Tuttavia, a Palazzo della Consulta si parla di gennaio, cioè all’esito del referendum sulla riforma costituzionale(di cui, peraltro, non è stata ancora fissata la data ufficiale, che oscilla tra fine novembre e i primi di dicembre).

La riunione in camera di consiglio è cominciata verso le 15 e sono state esaminate tutte le ragioni pro e contro il rinvio: dall’imminente arrivo di una terza ordinanza sull’Italicum, quella emessa dal Tribunale di Perugia (non ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale), all’opportunità di conoscere, al momento della decisione, anche la legge elettorale applicabile al Senato. Ma sul tavolo è stata messa anche la questione, metodologica, di quando decidere l’eventuale rinvio: se prima oppure in coincidenza dell’udienza già fissata del 4 ottobre. È prevalsa la prima opzione: per rispetto del principio del contraddittorio fra le parti, si è ritenuto doveroso dare agli avvocati la possibilità di affrontare le questioni conoscendo anche l’esito del referendum , in funzione del sistema elettorale applicabile al Senato (diverso nel caso di vittoria del sì o del no). Diversamente, la discussione degli avvocati nell’udienza pubblica del 4 ottobre (e anche quella della Corte nella successiva camera di consiglio) sarebbe stata monca.

Non ha invece pesato più di tanto, a quanto sembra, la prospettiva di una possibile modifica dell’Italicum, sebbene proprio ieri siano state presentate in Parlamento le prime mozione per impegnare il governo a delle correzioni (il voto è previsto per domani). Un tema messo anch’esso sul tavolo poiché qualcuno temeva che se la Corte si fosse pronunciata nelle more dell’iter parlamentare, «si sarebbe sostituita al legislatore» o comunque avrebbe potuto «interferire». Peraltro, sarebbe stata una quasi forzatura motivare il rinvio sulla base del semplice annuncio di una modifica legislativa, annunciata ma ancora tutta in alto mare. E ciò, sebbene non sia mancato, in passato, qualche caso in cui la Corte si è spinta a rinviare solo sulla base di un semplice «annuncio» (nella vicenda Abu Omar, ad esempio, fece slittare il verdetto perché il governo aveva annunciato di voler rinunciare a uno dei suoi ricorsi se anche la Procura di Milano avesse rinunciato al proprio). La Corte ha esaminato anche l’ipotesi che il 4 ottobre qualche giudice potesse chiedere un approfondimento e, quindi, uno slittamento della decisione: non sarebbe stata una soluzione funzionale a scavallare il referendum perché, generalmente, in questi casi lo slittamento è di 15 giorni, un mese, al massimo.

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