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Ponte sullo Stretto, progetto da aggiornare (con una nuova legge)

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l’annuncio del premier

Ponte sullo Stretto, progetto da aggiornare (con una nuova legge)

Contratto di costruzione con le imprese (a guida Salini Impregilo) “caducato” per legge dal 2 novembre 2012, società pubblica Stretto di Messina Spa liquidata (o quasi), imprese e Stato italiano davanti ai giudici del Tribunale di Roma (proprio in questi mesi) con richiesta di risarcimento danni per 790 milioni di euro, un progetto definitivo approvato nel luglio 2011 e da allora fermo nei cassetti.

Un’opera, fra l’altro, che in questi anni è uscita completamente sia dalla programmazione statale sulle infrastrutture, sia da quella europea (elenchi di opere “Connecting europe” nel Regolamento 1316/2013).

C’è molto da fare per rimettere in pista il Ponte sullo Stretto, perché dal 2011 a oggi tre governi e due legislature lavorano per smontare l’operazione. La svolta di Renzi, dunque, è a 180 gradi.

Il progetto nasce in epoca democristiana, con la legge 1158 del 1971, ma entra nel vivo solo il 27 dicembre 1985, governo Craxi, con la concessione alla società pubblica Stretto di Messina Spa, per lo studio, progettazione e costruzione. Il primo progetto di massima è del 1992 (costo ipotizzato, l’equivalente di 3,3 miliardi di euro), ma tutto resta in sostanza nei cassetti con i governi Prodi, D’Alema e Amato, per ripartire invece con la legge obiettivo 2001 dell’esecutivo Berlusconi II. Il Cipe approva nel 2003 il progetto preliminare (4,7 miliardi la costruzione, 6 miliardi costo totale), la gara per la costruzione viene lanciata il 15 aprile 2004, vinta a fine 2005 dal consorzio Eurolink, a guida Salini Impregilo con gli spagnoli di Sacyr e i giapponesi di Harima: da una base d’asta di 4,425 miliardi il contratto è stato poi firmato per 3,879 miliardi il 27 marzo 2006 (a pochi giorni dalle urne).

Prodi vince le elezioni e tra le prime cose che fa (Dl 262/2006) c’è la revoca dei fondi pubblici al Ponte, 1,4 miliardi: l’operazione viene congelata.

Torna Berlusconi e si riparte, con imprese invitate a progettare e fondi ristanziati nel 2009. Il progetto definitivo viene consegnato da Eurolink nel dicembre 2010, e approvato dalla Stretto di Messina nel luglio 2011. Nel frattempo il contratto ad Eurolink viene "aggiornato" a 5,215 miliardi, e il costo complessivo dell’opera (comprese opere accessorie e oneri finanziari) sale a 8,55 miliardi.

Già l’allora Ministro Giulio Tremonti, a fine 2011, fece inserire in stabilità la revoca di 470 milioni di euro, e l’opera si fermò di nuovo sotto il governo Monti.

Il 3 ottobre 2012 l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi, in campagna per le primarie del centro-sinistra, così dichiarava: «Continuano a parlare del Ponte sullo stretto, ma io dico: usiamo gli 8 miliardi per rendere più moderne e sicure le nostre scuole». Pochi giorni dopo il governo Monti approva il decreto legge 2 novembre 2012, n. 187, che dichiarò la «caducazione» ex lege della concessione alla Stretto di Messina e di tutti i contratti con le imprese (in primis Eurolink) se non si fossero verificate una serie di circostanze nei mesi successivi, tra cui l’accettazione della caducazione da parte delle imprese (in cambio di opere per il territorio fino a un massimo di 300 milioni di euro), e nuovi studi sulla fattibilità finanziaria dell’opera.

Ma sia i costruttori di Eurolink che i progettisti di Parsons non ci stanno, e fanno subito ricorso al Tribunale di Roma, chiedendo il rinvio alla Consulta per incostituzionalità della legge e un risarcimento danni di 790 milioni di euro (di cui 700 Eurolink). Nel frattempo la società Stretto di Messina, che è arrivata ad avere 100 dipendenti, viene messa in liquidazione il 15 aprile 2013 da Monti, e oggi resta in piedi (con personale distaccato della controllante Anas) solo per seguire la causa.

Siamo ancora al primo grado: il 31 maggio e il 12 luglio scorsi si sono tenute due udienze interlocutorie, e ora si attende la decisione circa il rinvio o meno alla Corte costituzionale. Se il rinvio ci sarà, resta in piedi la richiesta di 790 milioni, ma il rischio effettivo per lo Stato sarebbe non superiore a 3-400 milioni. Se il rinvio non ci sarà, il massimo risarcimento ottenibile sarebbe di poche decine di milioni. In ogni caso, se il governo decide di rimettere i piedi l’opera, bisognerà cancellare la legge del 2012. Il progetto definitivo c’è, ma è del 2010, va certamente rivisto in profondità, e naturalmente l’opera andrà reinserita nella programmazione nazionale sulle infrastrutture.

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