La «cultura della semplificazione e della velocità» che ha ispirato il Ddl Renzi-Boschi oggetto del referendum del 4 dicembre andrebbe «applicata al sistema amministrativo, non a quello costituzionale, perché quel sistema ha bisogno invece di maggiore stabilità e maggiore riflessione». La pensa così l'ex presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida, divenuto uno dei protagonista del confronto tra favorevoli e contrari dopo aver presentato ricorso al tribunale civile di Milano voto sul quesito referendario, ritenuto lesivo della libertà di voto perché non permette più voti sulle varie parti della riforma costituzionale.
Sul ricorso Onida Tribunale di Milano decide a metà novembre
La decisione del presidente della Prima sezione civile sul ricorso Onida, particolarmente attesa anche in relazione all'ipotesi di rinvio delle urne circolata nei palazzi della politica per tener conto dell'emergenza terremoto, non arriverà prima della metà di novembre. Difficilmente, quindi, potrà incidere sullo svolgimento del referendum, la cui eventuale sospensione dovrebbe passare da una decisione della Corte costituzionale attivata da un giudizio di costituzionalità richiesto dal tribunale di Milano. La prospettiva di aver presentato un ricorso inutile non scoraggia però Onida che a margine di un convegno organizzato dalla Legacoop Lombardia rilancia le ragioni del no. «Sembra che la preoccupazione di oggi sia solo decidere chi comanda. Ma se la maggioranza che è in Parlamento non esprime la vera maggioranza del Paese, questa non è democrazia, è piuttosto qualcosa che si avvicina pericolosamente ad una forma di dittatura». spiega Onida.
Onida: con riforma governo chiede democrazia di investitura
«L'idea che si deve scegliere chi comanda e una volta scelto non deve avere intralci è una visione della democrazia molto più debole rispetto a quella dell'attuale Costituzione, basata sulla discussione e sul confronto. Il governo è già forte, ha gli strumenti del decreto legge e della fiducia, ha tutti i poteri. Con questa riforma si chiede invece la democrazia di investitura» insiste il professore. Quanto alla legge elettorale Onida ricorda che «pretende di fare di un sistema multipartitico uno in cui una minoranza governa da sola. Se la maggioranza del Paese non è di un partito solo deve esprimersi come tale, se no non è una democrazia, ma una dittatura».
Alfieri (Pd): da riforma nessun rischio di deriva democratica
Alle dichiarazioni di Onida replica a stretto giro il segretario regionale del Pd lombardo Alessandro Alfieri, anche lui ospite del dibattito organizzato da Legaccop Lombardia. Respinta al mittente innanzitutto l’accusa di «deriva antidemocratica», perchè la riforma «si inserisce in un complesso di rinnovamento che passa per il referendum del 4 dicembre e che è necessario per l'Italia». Merito di Renzi, conclude Alfieri, «che sta giocando una partita importante non solo per noi ma anche per il ruolo dell'Italia in un momento cosi' delicato per l'Europa».
Camusso: no a rinvio referendum. Landini contro la riforma
Un secco no ad ogni ipotesi di rinvio delle urne arriva oggi da Susanna Camusso, intervenuta a Bologna alla manifestazione regionale per lo sciopero dei lavoratori di Poste Italiane. Per la leader Cgil il governo Renzi ha «caricato» troppi «significati» sul referendumm costituzionale, creando una «situazione di paralisi delle decisioni che non serve a nessuno», mentre invece «mi pare sia utile scegliere la democrazia, quindi il voto dei cittadini, e non continuare a rinviare». Sul fronte sindacale si è sentita anche la voce del leader Fiom Maurizio Landini, che ha attaccato la riforma «perché il Senato diventa una cosa che non è eletta da nessuno», e le modifiche alla Costituzione sono legate «a una riforma
elettorale che ha un premio di maggioranza e che determina il fatto che ci sarà in Parlamento una maggioranza che non corrisponde alla maggioranza reale dei cittadini, con potere molto forte». In più, per Landini, «questo vuol dire accentrare nel governo un potere senza precedenti».
Grillo: «Il Pd uccide i partigiani una seconda volta»
In giornata, il tema del referendum torna a scatenare la vena polemica del leader M5S Beppe Grillo, che affida ad un tweet (che rimanda a un intervento di Diego Fusaro, filosofo con un blog sul Fatto quotidiano online) la sua ultima presa di posizione a favore del No: «Così il Pd sta uccidendo i partigiani una seconda volta: #IoDicoNo». Nel suo intervento Fusaro attacca la manifestazione di Renzi sabato scorso a Piazza del Popolo, un’«adunata oceanica in difesa del 'Sì' alla Riforma della Costituzione voluta da JP Morgan e dal signor Obama». «La storia insegna, ma non ha scolari, diceva qualcuno - scrive Fusaro nell'intervento rilanciato sul blog di Grillo - Dal canto suo, Kant spiegava che l'evento della Rivoluzione francese è capace di destare entusiasmo anche nello spettatore disinteressato. L'evento della massa che canta “bella ciao” e difende una riforma che uccide la lettera e lo spirito dell'esperienza da cui nacque 'bella ciao' non desta certo entusiasmo: al contrario, genera un misto di vergogna, compassione e orrore».
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