Quando Franco Properzi ti dà la mano, è un po' come tornare bambino, perché le sue, di mani, sono da gigante. Pilone destro di forza esplosiva, quel giorno di ottobre di 25 anni fa Franchino (il diminutivo chissà mai chi glielo avrà dato) stava mettendo in difficoltà i colleghi della prima linea degli All Blacks, che a un certo punto sono andati per le spicce: nei primi minuti del secondo tempo hanno usato il bisturi dei tacchetti per tagliargli profondamente la mano sinistra e costringerlo a uscire. Tornato dall'ospedale, il n. 3 azzurro si aggirava sorridendo tra i partecipanti al terzo tempo e a qualcuno confidava sottovoce: “Ho un ricordo degli All Blacks per sempre...”.
Orgoglio giovanile, segni che si trasformano in simboli d'onore, altro che tatuaggi tribali. Il fatto è che - al di là delle questioni “personali” di Franchino con i mostri sacri McDowell, Fitzpatrick e Loe - tutta la squadra azzurra poteva giustamente andare orgogliosa di quella prestazione, di avere contenuto la sconfitta con i campioni del mondo uscenti in termini più che onorevoli (21-31) giocando un signor match. Era l'ultima nostra partita nella Coppa del Mondo 1991 e il pubblico di Leicester ci mise veramente poco a decidere da che parte stare. “Noi eravamo gli underdog, gli sfavoriti al 100 per cento - spiega Properzi - e il nostro spirito piacque subito agli spettatori inglesi”.
Solo un minuto, il primo, ci vide veramente in balia della Nuova Zelanda, immediatamente in meta con Zinzan Brooke grazie a una giocata che lasciò di marmo i difensori azzurri. Ma la squadra c'era e la mischia reggeva. “Non so se loro avevano preso la partita sotto gamba, fatto sta che noi invece eravamo pronti e caricati, consapevoli della forza di una squadra che nel 1987, ai primi Mondiali, aveva dato all'Italia 70 punti (quando le mete valevano ancora quattro punti anziché i cinque attuali). Il capitano Giancarlo Pivetta si era raccomandato di affrontare a testa alta la loro haka, magari avremo guardato i cartelloni pubblicitari invece che il volto degli avversari, ma insomma, l'effetto l'avevamo ottenuto. Durante il match siamo progressivamente migliorati in mischia e in rimessa laterale, dove vincevamo bene i nostri palloni e spesso riuscivamo a sporcare i loro. Ricordo una “discussione” con Loe, che mi ha preso per il collo e si è trovato ribaltato con una mossa di judo”. Altri tempi, senza prove televisive e con i conti che si regolavano lì per lì.
L'Italia del ct Bertand Fourcade era un bel mix di esperienza e freschezza. Ai calci pensava già Diego Dominguez che allora giocava centro ed era l'unico oriundo. Estremo un ventenne Paolo Vaccari pieno di elettricità, in mischia il più giovane era Carlo Checchinato e il più anziano un... esordiente di 36 anni, Alessandro Bottacchiari: caso più unico che raro, giocare la prima partita in Nazionale a quell'età e per di più contro gli All Blacks. Il primo tempo si concluse 16-3, la ripresa si aprì con la meta del trequarti ala Tuigamala, che - tanto per dare l'idea - era definito “il camion nero”. Subito dopo arrivava l'agguato a Properzi, sostituito da Ciccio Grespan, dopodiché nell'ultima mezzora l'Italia mise a segno un parziale di 15-9 a proprio favore. Nel tripudio generale arrivarono le mete di Marcello Cuttitta e Massimo Bonomi e alla fine una folla festante rese onore agli Azzurri.
Properzi era all'inizio di una carriera azzurra durata più di 10 anni, con 54 presenze all'attivo e alcune prime storiche: l'Irlanda battuta in casa e in trasferta, la Francia superata a Grenoble in una partita da leggenda. Da giocatore si è aggiudicato quattro scudetti con l'Amatori Milano e tre con il Benetton Treviso, da allenatore della mischia ha vinto cinque campionati con il Benetton e uno con il Mogliano, dove continua ad allenare anche se il suo lavoro vero e proprio è quello di tecnico informatico per un'azienda del ramo alimentare, che si chiama Idea Quick. A un quarto di secolo di distanza, però, quel ricordo del pomeriggio di Leicester è ancora lì, bello nitido. “Fu una grande soddisfazione, una dimostrazione del nostro valore”. E fu anche, di gran lunga, il migliore dei cinque incontri degli Azzurri in Coppa del Mondo contro i maestri del Sud Pacifico.
Indipendentemente dal risultato, e senza sperare in un impossibile successo che non è mai arrivato con gli uomini in nero (13 match e 13 sconfitte), sarebbe meraviglioso ripetere una prova con gli stessi contenuti sabato prossimo all'Olimpico. Per poter sintetizzare la partita come allora fece Buck Shelford, ex capitano neozelandese, in veste di telecronista: “Una vittoria per gli All Blacks, un trionfo per l'Italia”.
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