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Dossier Gli All Blacks son troppo forti, l'Italia è troppo acerba

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Dossier | N. 35 articoliRugby internazionale / I match d’autunno

Gli All Blacks son troppo forti, l'Italia è troppo acerba

ROMA - Si potrebbe partire dal punteggio (68-10) e chiuderla qui. Nel senso che non è difficile immaginare che tipo di partita è stata quella dell'Olimpico, tra una Nuova Zelanda zeppa di rincalzi ma comunque dotata di un'alta gradazione rugbystica (e che a ogni cambio mandava quasi sempre in campo un giocatore più forte di quello che usciva), mentre l'Italia rimaneva due gradini sotto, in pieno processo di apprendimento del lavoro impostato dal nuovo ct Conor O' Shea, con tanti giovani e tante cose da imparare.

Per la maggior parte del tempo c'è stata una squadra sola in campo, che nella prima mezz'ora ha addirittura segnato un punto a minuto e poi ha rallentato solo di poco il ritmo delle marcature. Dieci mete firmate da nove uomini diversi: doppietta di Malakai Fekitoa e soddisfazioni assortite per uomini di tutti i reparti, con segnature di potenza e altre in velocità, con azioni di squadra e assolo frastornanti, come quello di Israel Dagg in occasione della meta n. 4, arrivata al 28' del primo tempo. E' festa per molti in casa neozelandese: esordio con meta per il giovane Rieko Ioane (che ha tutto per diventare l'ennesimo fenomeno) e marcature pesanti per alcuni uomini di fatica che di solito corrono a festeggiare gli altri: il discorso vale in particolare per i piloni Charlie Faumuina e Wayne Crockett.

L'ottimismo induceva a pensare che l'Italia potesse costruire qualche barricata più efficace, che sapesse reggere il ritmo o impostare qualche attacco come si deve. Non è andata così: addirittura si può dire che gli Azzurri non si sono mai resi pericolosi, ne senso che anche l''unica meta non è stata il frutto di un'azione offensiva costruita in proprio ma è venuta - a risultato abbondantemente compromesso - per un un pallone altrui intercettato: il “furto” è stato del neo-entrato Edoardo Gori e la meta l'ha marcata un altro giocatore appena messo il campo, Tommaso Boni, con una bella fuga lungo l'out destro.

Non è in discussione l'impegno dei nostri e non sono mancati placcaggi come si deve, che però il più delle volte finivano solo per rinviare di poco l'esito vincente delle giocate neozelandesi, costruite su una velocità di esecuzione insostenibile per Parisse e i suoi.
Si tratta di aspettarla, questa Italia giovane e un po' acerba. O' Shea deve poter lavorare in pace, e sicuramente avrà dalla sua un pubblico che non si stanca di far sentire il proprio affetto agli Azzurri. Oggi l'Olimpico è andato vicino al tutto esaurito: 61mila i presenti, in estasi per la Haka dei guerrieri maori, salutata da una ovazione finale, ma pronti a sostenere in ogni momento una squadra in evidente difficoltà. Che sabato, tanto per gradire, scenderà in campo a Firenze contro gli Springboks sudafricani: nobili al momento un po' decaduti, ma sempre troppa roba per noi.

LA PARTITA
Italia-Nuova Zelanda 10-68 (primo tempo 3-35). Per l'Italia: 1 meta (Boni); 1 calcio piazzato (Canna), 1 trasformazione (Allan). Per la Nuova Zelanda: 10 mete (Fekitoa 2, Faumuina, Tuipolotu, Dagg, Crockett, Luatua, Dixon, Ioane, Naholo), 9 trasformazioni (Cruden 7, Sopoaga 2). Calci fermi: Canna 1 su 1, Allan 1 su 1; Cruden 7 su 7, Sopoaga 2 su 3.

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