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Oggi le nuove porpore: la Chiesa universale di Francesco. Domani la chiusura del Giubileo

Papa Francesco (Ansa)
Papa Francesco (Ansa)

È il terzo Concistoro di Papa Francesco, che rispecchia la sua visione di Chiesa universale. Anche se l'Europa e in particolare l'Italia restano in maggioranza dentro il Sacro Collegio – che conta da oggi 121 membri elettori in caso di Conclave - tra le porpore entrano diversi paesi che prima non vi erano rappresentati: Repubblica Centrafricana, Malaysia, Lesotho, Papua Nuova Guinea, Bangladesh, Isola Maurizio e Albania. Luoghi inconsueti per la Chiesa e nomi sorprendenti, come quello del novantenne sacerdote Ernest Simoni, che ha passato gran parte della sua vita nei campi di rieducazione del regime comunista albanese. Ma oggi prenderà la berretta rossa un vescovo neppure cinquantenne, il centro africano Dieudonne' Nzapalainga, il più giovane di tutti in assoluto. Italiani con il contagocce: l'unico è l'arcivescovo Mario Zenari , nunzio apostolico «nell'amata e martoriata Siria», che continuerà la sua missione a Damasco, e che questa mattina leggerà e nome di tutti il messaggio al Papa. L'altro italiano (ma ultraottantenne, e quindi non elettore) è Renato Corti, l'ex ausiliare di Martini: la prossima settimana sia Zenari che Corti saranno ricevuti da Sergio Mattarella al Quirinale, come da tradizione per i nuovi cardinali italiani.

A caratterizzare il terzo Concistoro di Papa Francesco, del resto, è un dato che emerge con forza: tra i nuovi cardinali (13 elettori e 4 ultraottantenni) non c'è in realtà nessun curiale: l'unico citato come tale, il prefetto del Dicastero per il laicato e la famiglia, monsignor Farrell, in realtà è stato nominato solo in agosto e dunque non può essere considerato espressione della Curia Romana. La decisione del Papa di escludere le due categorie da sempre più gettonate nei concistori, cioè i curiali e gli italiani, può essere spiegata con diverse ragioni, ma il messaggio resta questo: con le sue nuove porpore Francesco ci dice di guardare ad altre esperienze di Chiesa per esserne edificati. Un'indicazione che appare ed è di enorme discontinuità. Un discorso a parte lo merita il caso degli Usa: ben tre porpore sono statunitensi (il totale sale a 10, secondo paese per numero), ma si tratta di vescovi decisamente fuori linea rispetto all'episcopato “law and order” tipico degli Usa, e confermato con le recenti nomine dentro la Conferenza Episcopale, dove l'elezione di Donald Trump è vista con una certa benevolenza specie per i temi dottrinali tradizionali (vita e famiglia, ma non immigrazione).

Lunedì la lettera apostolica “Misericordia et misera”
Una cerimonia, quella di oggi, che va letta come una faccia di un'unica medaglia insieme al Giubileo della Misericordia, che si chiude domani con la cerimonia della Porta Santa a San Pietro, aperta l'8 dicembre dello scorso anno. Oltre 21 milioni di fedeli sono venuti a Roma in questo anno, e molti altri milioni hanno attraversato le molte migliaia di porte nelle basiliche del mondo (ma anche le porte delle carceri erano tali): l'evento “simbolo” del pontificato lascerà una traccia profonda nella vita della Chiesa, e avrà il suo documento finali nella Lettera Apostolica “Misericordia et misera” che sarà presentata lunedì prossimo.

Del Giubileo ha parlato ieri il Papa nella lunga intervista ad Avvenire, a firma di Stefania Falasca: «Il Giubileo? Non ho fatto un piano. Le cose sono venute. Semplicemente mi sono lasciato portare dallo Spirito. La Chiesa è il Vangelo, non è un cammino di idee». «Questo Anno sulla misericordia è un processo maturato nel tempo, dal Concilio. Anche in campo ecumenico il cammino viene da lontano, con i passi dei miei predecessori. Questo è il cammino della Chiesa. Non sono io. Non ho dato nessuna accelerazione». E aggiunge: «Chi scopre di essere molto amato comincia a uscire dalla solitudine cattiva, dalla separazione che porta a odiare gli altri e se stessi. Spero che tante persone abbiano scoperto di essere molto amate da Gesù e si siano lasciate abbracciare da Lui»: questo ha significato per Francesco questo Anno di Misericordia.

Il distacco dal “legalismo” della concezione cristiana
Inoltre nell'intervista Francesco risponde alle critiche di quattro porporati conservatori, che in questi giorni hanno preso di mira l'esortazione apostolica post-Sinodo sulla famiglia “Amoris Laetitia”, che Francesco ha scritto dopo il doppio sinodo sulla famiglia (2014-2015). «Fare l'esperienza vissuta del perdono che abbraccia l'intera famiglia umana è la grazia che il ministero apostolico annuncia», spiega. «La Chiesa esiste solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio. Al Concilio la Chiesa ha sentito la responsabilità di essere nel mondo come segno vivo dell'amore del Padre. Con la Lumen Gentium (documento del Concilio Vaticano II, ndr) è risalita alle sorgenti della sua natura, al Vangelo. Questo sposta l'asse della concezione cristiana da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla Persona di Dio che si è fatto misericordia nell'incarnazione del Figlio. Alcuni – e qui evidentemente si riferisce alle critiche sulla famiglia e in particolare sui divorziati risposati - continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere. Il Concilio ci ha detto questo, gli storici però dicono che un Concilio, per essere assorbito bene dal corpo della Chiesa, ha bisogno di un secolo. Siamo a metà».

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