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Per la Bce il credito italiano ora è la priorità

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L'Analisi|la questione banche

Per la Bce il credito italiano ora è la priorità

  • – di Alessandro Merli

La netta vittoria del “no” nel referendum costituzionale può mettere nel mirino dei mercati soprattutto le banche italiane, considerate l'anello debole dell'eurozona. E costringe in prima linea la vigilanza europea della Bce. Nella sua doppia veste di responsabile della politica monetaria e della supervisione bancaria nell'eurozona, la Bce è impegnata in un monitoraggio continuo delle ripercussioni derivanti dal voto e dalle attese dimissioni del Governo. Se molta dell'attenzione si è concentrata alla vigilia sulla possibile reazione della Bce agli sviluppi del mercato del debito pubblico italiano e dello spread, sono forse più preoccupanti per Francoforte, e per il suo braccio di vigilanza, l'Ssm, le conseguenze del voto su un sistema bancario, che ha bisogno di smaltire una percentuale di crediti deteriorati più alta che negli altri grandi Paesi dell'area euro e dove alcune banche hanno necessità urgente di ricapitalizzazione.

Tra l'altro, proprio per la percezione sui mercati che gli acquisti di titoli pubblici della Bce, attraverso il Qe, possano contribuire ad attutire ogni impatto sul debito pubblico, le maggiori turbolenze potrebbero scatenarsi sui titoli delle banche, che diventano una proxy per vendere l'Italia, come è avvenuto in più occasioni nei mesi scorsi. La più grande e imminente incognita è ovviamente il Monte dei Paschi di Siena, l'unica banca dell'eurozona a fallire in modo esplicito lo stress test condotto dalla vigilanza l'estate scorsa. L'atteso successo della conversione di parte delle obbligazioni in azioni potrebbe non bastare ad assicurare il buon esito dell'aumento di capitale se il “no” al referendum, come è presumibile, allontanasse potenziali investitori dal resto dell'aumento di capitale. Non a caso, gli incontri decisivi, fra cui quello con i fondi del Qatar, sono stati rinviati alla giornata di oggi. Anche se a quel punto l'interlocutore principale del Governo italiano per un possibile intervento sulla banca diventerebbe la Commissione europea, è ovvio che l'Ssm avrebbe un ruolo decisivo in ogni possibile sviluppo della situazione Mps.

Se c'è poi un punto interrogativo sulla cessione all'Ubi di tre delle quattro “good banks” andate in risoluzione lo scorso anno e sul merger Popolare Vicenza-Veneto Banca, che a sua volta comporterà una richiesta quasi certamente, da parte della vigilanza Bce, di nuovo capitale, l'attenzione maggiore delle autorità di vigilanza è concentrata probabilmente su Unicredit, che è in migliori condizioni di salute, ma deve comunque presentare il nuovo piano industriale la prossima settimana e avrà bisogno di un corposo aumento di capitale. Unicredit è tra l'altro l'unica banca italiana sistemica a livello globale, secondo la lista stilata dal Financial Stability Board, e ha presenze significative in altri Paesi dell'eurozona, soprattutto in Germania e in Austria, il che la rende un sorvegliato speciale della vigilanza. La lente della Bce si allarga però al di là della supervisione sui singoli istituti di credito per uno sguardo sistemico e al possibile rischio di contagio al resto delle banche italiane ma anche a quelle del resto dell'area euro. «Una crisi finanziaria in Italia – sostiene Megan Greene, capo economista di Manulife Asset Management – produrrebbe una forte restrizione delle condizioni finanziarie, creando un enorme ostacolo a una crescita economica già deludente. Il fallimento di banche in Italia potrebbe naturalmente far scattare il contagio nell'eurozona. Non sono passati che pochi mesi da quando i timori su Deutsche Bank erano sulla prime pagine di tutti i giornali».

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