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Papa: «In Europa mancano leader che vadano avanti»

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A UN GIORNALE BELGA

Papa: «In Europa mancano leader che vadano avanti»

LaPresse
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Fermare le guerre, alimentate dal traffico di armi. E condanna dell'uso strumentale della religione per giustificare i conflitti. Papa Francesco in un'intervista rilasciata al giornale cattolico Tertio torna sui temi del Giubileo della misericordia appena concluso (si era aperto un anno fa, l'8 dicembre 2015) e parla di Europa: «Servono leader che vadano avanti». In un passaggio risponde anche alle critiche di alcuni settori tradizionalisti sul tema dei divorziati risposati e in particolare ai “dubia” di quattro cardinali in merito ai contenuti di Amoris Laetitia, il documento sulla famiglia: i contenuti del Sinodo, dice, sono stati approvati da oltre i due terzi del Sinodo, e quindi condivisi da una larghissima maggioranza, e non sono stati calati dall'alto. Anche se lui, il Papa, resta l'unico garante dell'unità della Chiesa.

«Mai più la guerra!» lo diciamo con la bocca –dice Francesco - ma intanto fabbrichiamo armi e le vendiamo; e le vendiamo agli stessi che si combattono; perché uno stesso fabbricante di armi le vende a questo e a questo, che sono in guerra fra di loro. È vero. C'è una teoria economica che non ho provato a verificare, ma l'ho letta in diversi libri: che nella storia dell'umanità, quando uno Stato vedeva che i suoi bilanci non andavano, faceva una guerra e rimetteva in equilibrio i propri bilanci. Vale a dire, è uno dei modi più facili per produrre ricchezza. Certo, il prezzo è molto alto: il sangue». Poi il tema della strumentalizzazione della religione, da parte degli integralisti: «Nessuna religione come tale può fomentare la guerra. Perché in questo caso starebbe proclamando un dio di distruzione, un dio di odio. Non si può fare la guerra in nome di Dio o in nome di una posizione religiosa. Non si può fare la guerra in nessuna religione. E perciò il terrorismo, la guerra non sono in relazione con la religione. Si usano deformazioni religiose per giustificarle, questo sì. Voi siete testimoni di questo, lo avete vissuto nella vostra patria. Ma sono deformazioni religiose, che non riguardano l'essenza del fatto religioso, che è piuttosto amore, unità, rispetto, dialogo, tutte queste cose… Ma non in quell'aspetto, ossia, che in ciò bisogna essere tassativi, nessuna religione per il fatto religioso proclama la guerra. Alcune deformazioni religiose sì. Per esempio, tutte le religioni hanno gruppi fondamentalisti. Tutte. Anche noi. E da lì distruggono, a partire dal loro fondamentalismo. Ma sono questi piccoli gruppi religiosi che hanno deformato, hanno “ammalato” la propria religione, e da qui combattono, fanno la guerra, o fanno la divisione nella comunità, che è una forma di guerra. Ma questi sono i gruppi fondamentalisti che abbiamo in tutte le religioni. C'è sempre un gruppetto…». E aggiunge: «Schumann, De Gasperi, Adenauer lo dissero sinceramente (la fine delle guerre, ndr) Ma dopo... al giorno d'oggi mancano leader; l'Europa ha bisogno di leader, leader che vadano avanti...».

La Chiesa ascolti gli altri, il Papa garantisce l'unità
Una parte dell'intervista è dedicata ai rapporti dentro la Chiesa, e in particolare alle critiche sulla famiglia: «La Chiesa nasce dalle comunità, nasce dalla base, dalle comunità, nasce dal Battesimo; e si organizza intorno ad un vescovo, che la raduna, le dà forza; il vescovo che è successore degli Apostoli. Questa è la Chiesa. Ma in tutto il mondo ci sono molti vescovi, molte Chiese organizzate, e c'è Pietro. Quindi, o c'è una Chiesa piramidale, dove quello che dice Pietro si fa, o c'è una Chiesa sinodale, in cui Pietro è Pietro, ma accompagna la Chiesa, la lascia crescere, la ascolta; di più, impara da questa realtà e va come armonizzando, discernendo quello che viene dalle Chiese e lo restituisce. L'esperienza più ricca di tutto questo sono stati gli ultimi due Sinodi. Lì si sono ascoltati tutti i vescovi del mondo, con la preparazione; tutte le Chiese del mondo, le diocesi, hanno lavorato. Tutto questo materiale è stato lavorato in un primo Sinodo, che portò i risultati alla Chiesa; e poi si è tornati una seconda volta – il secondo Sinodo – per completare tutto questo. E da lì è uscita Amoris laetitia. È interessante la ricchezza della varietà di sfumature, che è propria della Chiesa. È unità nella diversità. Questo è sinodalità. Non calare dall'alto in basso, ma ascoltare le Chiese, armonizzarle, discernere. E dunque c'è un'Esortazione post-sinodale, che è Amoris Laetitia, che è il risultato di due Sinodi, dove ha lavorato tutta la Chiesa, e che il Papa ha fatto sua. Lo esprime in maniera armonica. È interessante: tutto quello che c'è lì [in Amoris laetitia], nel Sinodo è stato approvato da più dei due terzi dei padri. E questo è una garanzia. Una Chiesa sinodale significa che si dà questo movimento dall'alto in basso, dall'alto in basso. E nelle diocesi lo stesso. Ma c'è una formula latina che dice che le Chiese sono sempre cum Petro et sub Petro. Pietro è il garante dell'unità della Chiesa. È il garante. Questo è il significato. E bisogna progredire nella sinodalità; che è una delle cose che gli ortodossi hanno conservato. E anche le Chiese cattoliche orientali. È una loro ricchezza, e lo riconosco nell'Enciclica».

Poi un passaggio sul ruolo pubblico della religione e sull'esclusione nella vita pubblica, come starebbe accadendo in Belgio: «Bene, non voglio offendere nessuno, però questa impostazione è un'impostazione antiquata. Questa è l'eredità che ci ha lasciato l'Illuminismo – non è così? – in cui ogni fenomeno religioso è una subcultura. È la differenza tra il laicismo e laicità. Di questo ho parlato con i francesi… Il Vaticano II ci parla dell'autonomia delle cose, dei processi e delle istituzioni. C'è una sana laicità, per esempio la laicità dello Stato. In generale, uno Stato laico è una cosa buona; è migliore di uno Stato confessionale, perché gli Stati confessionali finiscono male. Però una cosa è la laicità e un'altra è il laicismo. Il laicismo chiude le porte alla trascendenza, alla duplice trascendenza: sia la trascendenza verso gli altri e soprattutto la trascendenza verso Dio; o verso ciò che sta al di là. E l'apertura alla trascendenza fa parte dell'essenza umana. Fa parte dell'uomo. Non sto parlando di religione, sto parlando di apertura alla trascendenza. Quindi, una cultura o un sistema politico che non rispetti l'apertura alla trascendenza della persona umana “pota”, taglia la persona umana. Ossia non rispetta la persona umana. Questo è più o meno quello che penso. Quindi, inviare alla sacrestia qualunque atto di trascendenza è una “asepsi”, che non ha a che fare con la natura umana, che taglia alla natura umana buona parte della vita, che è l'apertura».

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