L'ex assessore all'Ambiente, Paola Muraro, non si avvarrà della facoltà di non rispondere. Al contrario, è pronta a rispondere a tutte le domande della Procura della Repubblica di Roma, che la ascolterà oggi, a partire dalle 15. 30, in qualità di indagata nell'inchiesta sul “sistema rifiuti”. Sviluppi anche per l'imprenditore edile Sergio Scarpellini, accusato di aver corrotto il dirigente del Comune di Roma Raffaele Marra. Oggi i suoi legali hanno chiesto la revoca della misura cautelare. L'istanza si fonda sulla collaborazione che il palazzinaro romano ha avviato con la Procura, dopo che all'interrogatorio di garanzia ha ammesso di aver dato «soldi a Marra perché è un dirigente».
Rifiuti non a norma
Paola Muraro è accusata di violazione dell'articolo 256 del Testo unico in materia ambientale, per fatti risalenti a quando rivestiva la carica di consulente Ama con delega ai due impianti Tmb (Trattamento meccanico biologico) di Rocca Cencia e via Salaria, a Roma. L'illecito di cui è accusata prevede l'arresto da tre mesi a un anno o l'ammenda da 2mila 600 euro a 26mila euro. Con lei rispondono altri quattro altri quattro ex dirigenti di Ama. Il sostituto procuratore Alberto Galanti ritiene che Muraro abbia compiuto irregolarità nel suo precedente ruolo di responsabile tecnico e referente Aia (Autorizzazione integrata ambientale) dei due impianti Tmb. Stando ai documenti, tra il 2010 e il 2016 dai due stabilimenti sarebbero usciti scarti di rifiuti (Cdr e Fos) fuori dalla norma e che, tra l'altro, sarebbero finiti successivamente nei termovalorizzatori e inceneritori di proprietà di Aria srl (San Vittore, Frosinone), Ep Sistemi spa (Colleferro, Roma), Lazio Ambiente spa, società controllata dalla Regione (Colleferro, Roma). Secondo i magistrati si tratterebbe di «gestione di rifiuti in violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni riguardati la gestione degli impianti stessi».
Cattiva gestione degli impianti
Al di là delle irregolarità nel trattamento dei rifiuti, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) hanno individuato una generale cattiva gestione dei due impianti Tmb di cui aveva una importante responsabilità la Muraro. I magistrati - è annotato negli atti hanno rilevato che «nelle aree impiantistiche non erano state mantenute efficienti le pavimentazioni in modo da essere impermeabili ad eventuali rifiuti liquidi (...), le canalette di scolo delle acque di prima pioggia risultavano otturate da rifiuti (...)» oltre allo «stoccaggio di rifiuti in aree non autorizzate». In un caso, addirittura, gli inquirenti hanno scoperto che in un macchinario per impacchettare i rifiuti, un portone, utile per evitare la dispersione delle polveri, era stato sostituito con un semplice telo in pvc di colore verde, «tale da non garantire il confinamento delle polveri e delle matrici maleodoranti esternamente all'impianto».
Ingerenze in Ama
L'indagine, però, ha un fronte tutt'altro che chiuso. Si tratta dell'ipotesi di reato di abuso d'ufficio, non inserita nell'avviso a comparire notificato dalla Procura. All'interno di questo filone sono contemplati svariati aspetti, alcuni che potrebbero finire in archiviazione altri che potrebbero riservare interessanti sorprese. Tra questi risultano gli svariati contratti di consulenza di Muraro (compensi per 1 milione 136mila euro in 12 anni) ottenuti con Ama attraverso gli ex dominus della società, Franco Panzironi e Giovanni Fiscon, entrambi sotto processo in Mafia Capitale. Il più esplosivo, però, è rappresentato dalle presunte ingerenze di Muraro, in qualità di assessore comunale, nelle scelte di alcuni dirigenti della società pubblica. Stando ad alcune audizioni, emergerebbe un controllo definito «militare» della società pubblica. I magistrati stanno vagliando la possibilità di procedere su questo fronte, anche alla luce di quanto chiarito da Marcello Minenna, ex assessore al Bilancio, e Alessandro Solidoro, ex amministratore unico di Ama, che avrebbero confermato alcune interferenze di Muraro nella municipalizzata, tali da celare un presunto abuso d'ufficio.
La macrostruttura Ama
Un nuovo fronte d'indagine, però, potrebbe compromettere ulteriormente la Muraro. Dietro l'approvazione della nuova Macrostruttura di Ama - il riassetto aziendale della municipalizzata dei rifiuti fortemente voluto dall'ex assessore Paola Muraro - si nasconderebbero presunte pressioni sulla dirigenza della società di nettezza urbana. Gli inquirenti stanno facendo luce anche sul procedimento di formazione della nuova Macrostruttura, in vigore dal giorno precedente le dimissioni della Muraro, su cui c'è la firma dell'attuale amministratore unico della società pubblica, Antonella Giglio. In questa vicenda - per la quale non ci sono indagati né ipotesi di reato - tornano i nomi di Salvatore Romeo, braccio destro della Raggi, ed Emiliano Limiti, dirigente Ama stretto collaboratore della Muraro, in attesa di conoscere le intenzioni del gip che sta decidendo se archiviare o meno la sua posizione nel procedimento Mafia Capitale. I fatti cominciano con una riunione svoltasi poco più di un mese fa in Campidoglio. Muraro e Romeo chiedono al direttore generale, Stefano Bina, di firmare il piano della Macrostruttura. Un progetto già oggetto di forti critiche e dissapori all'interno della stessa Giunta M5S. Bina si rifiuta di dare attuazione a quel piano senza neanche averlo studiato e scopre, tra l'altro, che l'assessore all'Ambiente lo ha scavalcato utilizzando un suo sottoposto - Limiti - senza dirgli nulla. Sulla nuova Macrostruttura, approvato la settimana scorsa, compare esclusivamente la firma dell'amministratrice Giglio, che in questi giorni ha messo in ferie Bina, il cui mandato scade il 31 dicembre.
Da Scarpellini a Marra assegni per 367mila euro
Per quanto riguarda il caso Marra-Scarpellini, altro fronte caldo per le sorti dell'amministrazione capitolina guidata dal Virginia Raggi, l'inchiesta in corso è affidata al sostituto procuratore Barbara Zuin e al procuratore aggiunto Paolo Ielo. Secondo gli ultimi accertamenti a giugno 2013 Scarpellini avrebbe girato a Marra due assegni circolari per complessivi 367mila euro, denaro poi utilizzato per l'acquisto di un appartamento a Roma, in via Prati Fiscali, poi intestato alla moglie Chiara Perico. L'indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma, coadiuvati dall'Unità di informazione finanziaria di Bankitalia, avrebbe consentito di accertare che quella dazione di danaro sarebbe stata una corruzione per l'esercizio della funzione di Marra. Secondo i pm, Scarpellini avrebbe compiuto anche altre simili operazioni illecite con il dirigente, ma si tratta di fatti avvenuti nel 2009, dunque prescritti.
L'uomo potente
Marra sarebbe per Scarpellini l'uomo giusto con cui trattare al Campidoglio. Il gip Maria Paola Tommaselli sottolinea che «la centralità del ruolo del Marra all'interno dell'Amministrazione» e la «rilevanza degli incarichi affidatigli» sarebbero «elementi dai quali può agevolmente desumersi la sussistenza di una notevole capacità di influenza e concorrere a determinare le scelte del pubblico apparato». Marra, infatti, gode della «indubbia fiducia del sindaco Virginia Raggi», cui avrebbe fatto alcuni presunti favori. Un particolare, questo, che emergerebbe in modo chiaro «dalla obiettiva circostanza che il predetto, nonostante la campagna di stampa che pure si è registrata a suo sfavore, non è stato esautorato, ma è stato nominato direttore del Dipartimento Risorse umane del Comune».
L'interrogatorio
All'interrogatorio di ieri Scarpellini ha ammesso di aver dato denaro a Marra. C'è da dire che in prima battuta sia l'imprenditore sia Marra hanno negato che si trattasse di corruzione. Ai pm hanno detto che si era trattato di un «prestito». Tuttavia gli inquirenti hanno contestato esclusivamente all'imprenditore edile una intercettazione ambientale registrata nel suo ufficio. Una discussione di Scarpellini con la propria segretaria, in cui quest'ultima affermerebbe: «Ricorda di dire che quel denaro è un prestito». È stato allora che il palazzinaro ha ammesso la corruzione. Un'ammissione di colpevolezza che ora rischia di far precipitare ulteriormente la posizione di Marra, il quale fino alla fine ha negato che quel denaro fosse una tangente.
Il fratello di Marra all'attenzione di Anac
L'ente Anticorruzione avviato alcune verifiche sulla base di un esposto particolareggiato sulla posizione di Renato Marra, fratello del dirigente comunale arrestato, assunto al Comune di Roma al vertice della neonata Direzione del turismo. Stando alla denuncia - sulla quale stanno lavorando anche i magistrati della Procura di Roma - ci potrebbero essere presunti «profili di illegittimità», come fa notare la denuncia a firma dell'avvocato Giuseppe Ursini, del collegio di presidenza dell'associazione. In particolare - è la loro ipotesi - si «potrebbe delineare non solo la violazione dell'articolo 7 del Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici (“il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado”), ma anche responsabilità penalmente rilevanti, quali il reato di abuso d'ufficio».
© Riproduzione riservata