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IL PERCORSO DEL TERRORISTA

«Dalla stazione centrale a Sesto, ho ripercorso il tragitto notturno di Amri nella terra di nessuno»

Alle 3,08 del mattino il piazzale della stazione di Sesto San Giovanni è una terra di nessuno. Uno sbandato con il cappuccio sulla testa vaga senza meta con una bottiglia in mano. Le luci illuminano a malapena la colata di asfalto, lugubre, deserta, si sforzano di rischiarare il grande parcheggio degli autobus ora vuoto, lì sulla destra, ma non ci riescono. Dietro le porte della stazione sbarrate per il freddo, quattro extracomunitari cercano un sonno che non arriva. Le valigie legate con lo spago richiamano altri tempi, altri immigrati. Nel buio della notte, Piazza Primo Maggio è un luogo spettrale e gelato. Un posto dove non ci arrivi per caso. Un luogo di confine di un’umanità sofferente che, se potesse, non sceglierebbe di certo quella vita.

Che cosa ci facesse sotto quei lampioni alle 3,08 di venerdì 23 dicembre Amis Amri, l’uomo più ricercato d’Europa dopo aver travolto con un camion dodici innocenti in un mercatino di Natale a Berlino, resta ancora un mistero. E allora, siamo venuti qui per cercare di capire perché il 24enne tunisino sceso alla stazione di Milano si sia diretto quella notte proprio a Sesto San Giovanni. Abbiamo ripercorso il suo cammino cercando di seguirne i movimenti, almeno per quel poco che è stato fin qui ricostruito dagli investigatori.

Ingrandendo la mappa (e cliccando sui punti) è possibile vedere le 7 tappe della fuga di Anis Amri.

Non era lì per caso
Di certo Amri non si trovava lì per caso. Il terrorista tunisino conosceva l’Italia. Vi era arrivato su un barcone, come tanti altri, a Lampedusa nel 2011. Poi aveva appiccato un incendio nel centro di accoglienza di Belpasso, dove era stato rinchiuso, e si era fatto quattro anni di carcere, prima a Catania poi all’Ucciardone di Palermo, prima di essere liberato a maggio del 2015. Le prigioni sono luoghi di passaggio, dove si stringono amicizie e legami. Dunque è possibile che Amri conoscesse qualcuno che avrebbe potuto aiutarlo a rimanere un “fantasma” dopo l’attentato di Berlino e dargli sostegno nella clandestinità. È probabile ma non è sicuro. Gli investigatori della Digos coordinati dal procuratore aggiunto di Milano, Alberto Nobili, vagliano in queste ore tutte le ipotesi in attesa di rimettere al loro posto le tessere del puzzle. Ricostruire la possibile rete di contatti di Amri in Italia è la priorità.

L’ipotesi di una rete clandestina sarebbe la più inquietante. Milano e il suo hinterland sono da tempo sotto osservazione delle forze dell’ordine. Dal capoluogo lombardo negli ultimi due anni almeno 15 persone sono partite per la Siria con l’obiettivo di unirsi alle armate dell’Isis. E in Lombardia e in Veneto sono numerosi i casi di foreign fighters al centro di inchieste giudiziarie. Quindi, nessuno può escludere che Amri si trovasse a Sesto San Giovanni per prendere contatto con qualcuno che vive e opera da queste parti. Solo supposizioni, per il momento.

Compleanno in fuga
Giovedì 22 dicembre, mentre fugge attraverso la Francia e l’Italia, Amri non ha il tempo di festeggiare il suo compleanno. Il giovane tunisino è nato il 22 dicembre 1992 a Oueslatia, una cittadina a 40 chilometri da Kairouan, ed è il più giovane di quattro fratelli e cinque sorelle. In realtà non ha nulla da festeggiare. Né ha scelte: può soltanto fuggire. Tre giorni prima Amri ha ucciso 12 innocenti e ora deve nascondersi. Dopo la strage di Natale, il giovane fuggiasco viene ripreso per l’ultima volta dalle telecamere otto ore dopo l’attentato. È ancora a Berlino, davanti all’associazione-moschea “Fussilet 33” nel quartiere di Moabit nella capitale tedesca. Da allora se ne perdono le tracce.
Ricompare proprio il giorno del suo compleanno, l’ultimo della sua vita, intorno all’una del pomeriggio nella stazione di Lione Part-Dieu, in Francia. Le telecamere della stazione riprendono anche lì i suoi movimenti. Come abbia fatto a varcare il confine tedesco e a viaggiare attraverso la Francia, un paese in stato d’emergenza dal giorno dell’attentato del Bataclan a Parigi, è un altro mistero. Si sa solo che nel pomeriggio di giovedì scorso acquista in contanti un biglietto ferroviario e sale su un treno diretto a Chambéry, capitale della Savoia, al confine con l’Italia.

A Chambery assieme a François Hollande
Seguiamone anche noi i movimenti. Alla stazione di Chambéry-Challes Les Eaux, Amri arriva nel pomeriggio, circa un’ora e mezza dopo essere partito da Lione. Quel giovedì 22 dicembre per Chambery non è una giornata qualunque. Nella cittadina della Savoia, ironia della sorte, c’è anche il presidente della Repubblica francese, François Hollande, arrivato per inaugurare il nuovo ospedale. La città è blindata, in Francia vigono leggi di emergenza, ma nessuno si accorge che a poca distanza da Hollande c’è anche il ricercato numero uno del continente, un uomo che potrebbe uccidere ancora. Quasi una beffa. Amri, comunque, sale sul treno per Milano delle 17,44 (anche se su questa ricostruzione ci sono dei dubbi), attraversa il confine italiano e arriva alla stazione di Torino Porta Susa alle 20,18. Perché decida di scendere dal treno nonostante abbia un biglietto pagato fino a Milano è una domanda ancora senza risposta.

L'arrivo di Amri a Milano

A Torino, Amri rimane per circa tre ore. Incontra qualcuno? Medita sul da farsi? Chiama un amico? Gli investigatori stanno passando al setaccio le immagini delle telecamere della stazione per capirlo. Sta di fatto che il giovane tunisino acquista un altro biglietto per Milano e sale sul regionale veloce numero 2029 che parte da Torino alle 23,05 e arriva alla stazione centrale di Milano alle 00,46. E qui le sue tracce si perdono ancora una volta.

Il fotogramma, diffuso dalla Polizia, che mostra Anis Amri alla Stazione Centrale di Milano alle ore 00.58 del 23 dicembre 2016 ( Ansa )

Verso Sesto San Giovanni
Amri scende i gradini della stazione ed esce dall’unico ingresso ancora aperto a quell’ora, quello che si apre su Piazza Duca d’Aosta e si incammina verso Piazzale Loreto, distante poco più di un chilometro dalla stazione, dove sale sull’autobus per Sesto San Giovanni, la linea notturna della metropolitana.
Ripercorriamo anche noi i suoi passi. Dalla piazza su cui sorge il grattacielo Pirelli voltiamo a sinistra, poi ancora a sinistra. All’una di notte le strade secondarie sono buie e deserte, la situazione ideale per nascondersi. Dalla stazione centrale di Milano a quella di Sesto San Giovanni ci sono sette chilometri di distanza. Molto più facile arrivare a Piazza Lima, a meno di un chilometro di distanza, dove Amri potrebbe aver preso l’autobus, oppure alla fermata successiva, quella di Piazzale Loreto-Viale Monza. All’una di notte, e fino alle due, le corse sono ancora frequenti. Amri potrebbe aver vagato per Milano fino a poco prima delle tre prima di salire sull’autobus. Seguiamo i suoi movimenti.

L'arrivo di Amri a Milano - Piazzale Loreto

L’autobus lascia Piazzale Loreto e si dirige a nord imboccando la lunga arteria di Viale Monza. Pasteur, Rovereto, Turro, Gorla. Le fermate scandiscono le tappe del lato di un triangolo che ha in Piazzale Loreto il suo vertice e si dispiega lungo Viale Monza sul lato sinistro e Via Padova su quello destro. Questa, secondo l’Antiterrorismo, è una delle aree a rischio del Milanese, dove la microcriminalità si mescola a fenomeni di radicalizzazione islamica e ad attività clandestine come la falsificazione di documenti nel dedalo di strade da Via Clitumno a Via Valtorta, come scrive il giornalista Davide Milosa del Fatto Quotidiano, che da anni studia il fenomeno.
L’autobus sul quale Amri sta viaggiando nella notte tra giovedì e venerdi scorso sfreccia veloce accanto a quelle strade. Via Padova, a poche decine di metri dal percorso dell’autobus, è solo una delle aree cerchiate di rosso sulle carte dell’Antiterrorismo. A Milano ci sono anche le aree di Viale Jenner, Piazzale Maciachini e Via Pellegrino Rossi. E a sud c’è la zona di Via Montegani e di Via Quaranta. E poi, vicino a San Siro, piazzale Selinunte, Via Civitali e via Paravia. Proprio in questa zona, in via Tracia, il 4 agosto, gli uomini dell’Antiterrorismo hanno arrestato un 30enne marocchino che stava preparando un attentato in un centro commerciale di Arese, alle porte di Milano. L’uomo, Nadir Benchorfi, sarebbe stato legato alla cellula jihadista tedesca nota come la “Brigata Lohberg”. Ancora una volta Italia e Germania legate da un filo invisibile.

Il luogo del conflitto a fuoco tra Amri e i due poliziotti La stazione di Sesto San Giovanni

La terra di nessuno
Gli edifici scorrono nel buio dietro il finestrino. Il naviglio della Martesana, il teatro Zelig, il palazzo dove fino a pochi mesi fa sventolavano le bandiere di Forza Italia. Dopo 15 minuti ecco il confine con Sesto San Giovanni, il cavalcavia, la costruzione liberty della Campari, sulla sinistra, incastonata nella nuova sede e infine la stazione. Un percorso lungo strade che evocano altre epoche con i loro nomi: Via Ercole Marelli, Viale Antonio Gramsci, la ex Stalingrado d’Italia. Per Amri non hanno significato. Probabilmente i suoi occhi vedono solo edifici anonimi mentre l’autobus si svuota nella sua corsa verso Piazza Primo Maggio, altro nome evocativo di ere passate.

Dieci fermate da Piazzale Loreto. Capolinea, si scende. Amri cammina sull’asfalto del piazzale deserto. Alle 3,08 il controllo, la pistola, gli spari, la morte.
Aspettava qualcuno? Voleva prendere un autobus? Ai poliziotti che gli chiedono i documenti, Amri risponde in un buon italiano che è calabrese e che arriva da Reggio Calabria. Dal piazzale a venti metri dal luogo in cui è stato ucciso, è vero, partono gli autobus per la Calabria. Ma non solo. C’è una fermata dei pullman della Flixbus diretti verso la Puglia e la Campania. Ogni lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio c’è un pullman che porta a Marrakesh in dieci ore passando per Algesiras, in Spagna. Ma ci sono tre confini da superare e sarebbe azzardato pensare che Amri intendesse tornare a casa sua passando per il Marocco senza documenti. E poi ci sono i bus per l’Albania, quelli per località montane come Cortina e St. Moritz. E quelli diretti in provincia di Bergamo.

Era diretto altrove, Amri? Ma se voleva davvero andare nel Sud Italia, perché non ha preso un treno da Torino? Sarebbe stato molto più semplice. E una volta arrivato a Milano, perché non è salito sull’Intercity che partiva la mattina successiva alle 6,45 per Reggio Calabria? E ancora: perché non si è spostato a Lampugnano, vicino a San Siro, dove l’indomani mattina poteva salire su un autobus per la Calabria?
Il mistero è ancora da svelare. Intanto, nella terra di nessuno, l’autobus per Marrakesh è ancora lì, fermo in un angolo del piazzale deserto. Forse non ha ancora raggiunto il numero di passeggeri sufficiente per partire. I viaggiatori nella sala d’aspetto restano svegli. E l’uomo con il cappuccio e la bottiglia in mano è scomparso nel buio. Un “fantasma”. Come Amri.

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