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Renzi «blinda» il nuovo Consultellum: premio salvo

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la strategia del pd

Renzi «blinda» il nuovo Consultellum: premio salvo

«Il futuro, prima o poi, torna». Matteo Renzi riparte da un blog. Un blog senza bandiere del Pd, «non pensato per i reduci» ma per «camminare verso il futuro» aprendo a discussioni su quale Europa e quale centrosinistra. Il leader del Pd ha trascorso tutta la giornata di ieri nella sua stanza al Nazareno per lavorare alla nuova segreteria, che sarà annunciata oggi (ieri con un messaggio ha ringraziato la segreteria uscente per il lavoro svolto), e alla convention di Rimini che nel fine settimana riunirà gli amministratori locali del partito lanciando di fatto la campagna elettorale. Ora che la Consulta si è espressa, infatti, il macigno della legge elettorale sulla strada delle urne a giugno è tolto di mezzo. «La legge elettorale che esce dalla sentenza della Consulta è tendenzialmente omogenea e immediatamente applicabile», detta non a caso il vicesegretario dem Pd Lorenzo Guerini subito dopo il comunicato dei giudici costituzionali. E ancora: «La costituzionalità dell’Italicum è stata confermata».

Già, perché a sparire, del vecchio Italicum, è solo il ballottaggio tra le prime due liste. Mentre resta in piedi tutto il resto: premio di maggioranza per chi supera il 40%, capilista bloccati, multicandidature (tranne per la questione dell’opzione dell’eletto). «È chiaro che il ballottaggio era già morto la sera del 4 dicembre», è la valutazione di Renzi, che appare molto soddisfatto dalla sentenza della Consulta. «Hanno proclamato per mesi che i capilista erano contro la democrazia, che le multicandidature erano contro la democrazia, che il premio di maggioranza era contro la democrazia...», ragiona il segretario rivolgendosi implicitamente alla minoranza del suo partito. Che infatti, con Roberto Speranza, dichiara bocciato l’Italicum e spinge per una legge elettorale da riscrivere in Parlamento.

Ma Renzi di modifiche che rendano omogenei i sistemi elettorali di Camera e Senato non ne vuole sentir parlare. Non solo perché teme che con la scusa dell’armonizzazione dei due sistemi si voglia in realtà allungare artificialmente la legislatura («Berlusconi ha interesse ad arrivare a novembre per aspettare la sentenza di Strasburgo sulla sua candidabilità»). Ma anche e soprattutto perché le due leggi elettorali così come sono dopo l’intervento della Consulta al Pd renziano vanno benissimo. Il premio di maggioranza alla Camera per chi supera il 40% permette di giocarsi una campagna elettorale in autonomia con l’obiettivo pur sempre credibile di raggiungere la fatidica soglia. Mentre il sistema di soglie in vigore per l’elezione dei senatori - ragiona Renzi - ha un effetto maggioritario implicito ma rilevante: 3 per cento per chi si coalizza e 8 per cento per chi corre da solo. «Significa che in Senato entrano il Pd, il M5S, Fi e la Lega, ma solo in alcune Regioni visto che le soglie sono su base regionale». E la sinistra? «O decidiamo di salvare Sel, e chi dovesse unirsi a loro, oppure dovranno superare lo sbarramento dell’8%».

Insomma, la sinistra bersaniana è avvertita: se si esce dal Pd c’è quel muro. E certo i bersaniani non saranno candidati come capilista nei 100 collegi. Dovranno vedersela con le preferenze. «La minoranza da oggi vede il cartello “fine corsa”, ecco perché sono nervosi», è la considerazione che si fa al Nazareno. Questo non impedirà alla segreteria, forse già domani, di offrire all’ex segretario Pier Luigi Bersani la candidatura a sindaco di Piacenza, dove si vota in primavera: sta a loro decidere se stare dentro o fuori.

Quanto al destino della legislatura, Renzi frena sulla corsa alle urne. Un po’ perché quando sciogliere le Camere lo decide il Capo dello Stato, come infatti precisa subito Guerini. Un po’ perché il leader del Pd non ci sta ad essere dipinto come quello che ha come unico scopo il voto subito. «Noi non abbiamo paura delle urne, ma se si arriva a fine anno bisogna avere chiaro per fare cosa. La partita della Ue è fondamentale, una Ue che ci manda le letterine mentre il Paese è sconquassato dalle scosse di terremoto. E poi, chi la fa prossima manovra?». Già, una manovra che solo per disinnescare le clausole dell’aumento dell’Iva ordinaria e agevolata di tre punti percentuali dovrà trovare 19,6 miliardi.