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Bersani: «Se Renzi forza, finisce Pd e nasce nuovo…

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minoranza dem all’attacco

Bersani: «Se Renzi forza, finisce Pd e nasce nuovo Ulivo»

«Renzi ha sbagliato non solo tutto il resto, ma anche a fare legge elettorale. E ci ha portato, attraverso la Corte costituzionale, alla prima Repubblica». È una bocciatura senza mezzi termini quella del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano (Pd), su Radio24, nei confronti dell’ex presidente del consiglio e segretario dem. Una stroncatura che rafforza l’ipotesi scissione. Evocata espressamente da Emiliano quando sostiene che «la gravità dei danni che Renzi ha provocato al Paese e al Pd sono senza precedenti. E, anche se dubito che qualcuno parlerà di me nei libri di storia, io vorrei evitare di stare dalla parte sbagliata».

Emiliano: non posso restare nel Pd se c’è golpe
Emiliano, insieme a Francesco Boccia, ha fatto partire la raccolta delle ventimila firme necessarie per chiedere il congresso anticipato del Pd, da tenere prima delle elezioni politiche. Ma si tratta di una iniziativa che Renzi non ha nessuna intenzione di prendere. Di qui un altro avvertimento in chiave “scissionista” ribadito oggi dal governatore della Puglia: «Se io capisco che il Pd è stato oggetto di un golpe, e quindi di una appropriazione al di là delle regole della politica e della democrazia, è chiaro che non posso rimanere nel Pd. Questo è inevitabile». Tanto più che il governatore pugliese, disponibile a candidarsi alla leadership del Pd, si dice convinto della sconfitta di Renzi («Si va alle elezioni solo per salvare una classe politica e probabilmente un segretario del partito che se facesse il congresso verrebbe travolto»).

«Renzi ha sbagliato tutto, da lui danni gravi»
Il problema del rispetto delle regole («In qualunque altro Paese del mondo, se un leader si fosse rifiutato di fare il congresso prima di andare alle prossime elezioni senza precisare né la leadership, né il programma di governo, lo avrebbero inseguito»), si somma dunque a un problema di politiche sbagliate. Per Emiliano «non è rimasto in piedi nulla di quello che in tre anni il governo Renzi ha fatto, se non delle cose molto negative». Citate a mo’ di esempio le norme sul lavoro «che non hanno portato a nessun particolare risultato tant’è che stiamo festeggiando il 40%: non il 40% dei consensi, ma della disoccupazione giovanile che è una catastrofe».

Bersani: se Renzi forza, finisce Pd e rinasce Ulivo
La scissione resta dunque uno spettro concreto in casa dem. Dopo essere stata ventilata nei giorni scorsi da D'Alema e ancora oggi da Emiliano (che però ha anche precisato: «Abbiamo il dovere di batterci fino all’ultimo perché questa scissione non ci sia»), ieri anche Pier Luigi Bersani aveva escluso l’uscita dal partito. «Non minaccio nulla e non garantisco nulla», aveva dichiarato l’ex segretario Pd, che oggi, intervistato dall’Huffington Post, ha ribadito: « Se Renzi forza, rifiutando il Congresso e una qualunque altra forma di confronto e di contendibilità della linea politica e della leadership per andare al voto, è finito il Pd. E non nasce la cosa 3 di D’Alema, di Bersani o di altri, ma un soggetto ulivista, largo plurale, democratico». E ha aggiunto: «Non incontro Renzi, parlo in pubblico. E mi piacerebbe farlo nel Pd, dove è preoccupante il restringimento degli spazi democratici».

Il rischio di un Pd spaccato è dunque sempre più verosimile. Ieri 19 segretari regionali - ovvero tutti tranne quelli di Basilicata e Puglia, le regioni di Roberto Speranza e Michele Emiliano - hanno sottoscritto una lettera in cui definiscono «irresponsabile» parlare di scissione. Il redde rationem rischia di arrivare già nella direzione Pd convocata da Renzi il 13 febbraio.

La strategia di Renzi
Renzi non insegue, spiegano i suoi, gli ultimatum degli avversari interni. In queste ore con Bersani e Speranza un dialogo è ancora aperto: si confida di riuscire a “tenerli dentro”. L’obiettivo del segretario dem resta il voto, ad aprile o più realisticamente a giugno. Il Pd, spiegano i parlamentari della maggioranza Dem, non può caricarsi da solo sulle spalle una manovra “pesante” in autunno (ci sono da trovare 19,6 miliardi per disinnescare i previsti aumenti dell’Iva). Bisogna perciò dare la parola agli elettori: il leader dem chiederà nelle urne un mandato forte per proseguire la battaglia in Europa e puntare ad abbassare le tasse.

Grillo: M55 voterà Legalicum e poi elezioni
Il Parlamento «venga convocato subito in seduta permanente finché non si approva la legge. Votate la proposta del Movimento 5 Stelle e poi al voto. Il dado è tratto». Beppe Grillo prende intanto posizione sul blog mettendo avanti la propria proposta calendarizzata per la discussione alla Camera il 27 febbraio. Il Legalicum «è semplice e sarà votato da tutti i nostri portavoce alla Camera e
al Senato, i partiti che vogliono votare subito devono approvarla così come è».

Nella proposta di legge elettorale del M5S «l'unica cosa che abbiamo eliminato» rispetto all'impianto uscito dalla sentenza della Consulta, «sono i capilista bloccati, una scelta di democrazia su cui nessuno può eccepire». In un passaggio del post il leader M5S precisa le altre caratteristiche del Legalicum: premio di maggioranza nazionale al 40% alla lista e non alla coalizione e soglia di sbarramento al 3% per le liste.

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