Un intervento mirato sui redditi familiari più bassi «per rendere vantaggioso il lavoro del secondo percettore di reddito» (di solito, la donna) attraverso un rafforzamento delle detrazioni fiscali (che potrebbero interessare, a seconda della tipologia di nucleo, lavoro dipendente, autonomo, figli a carico).
Giorno dopo giorno, in vista della presentazione (lunedì o martedì prossima settimana) del Documento di economia e finanza e del Programma nazionale di riforma, inizia a prendere forma l’operazione che il governo Gentiloni è intenzionato a portare avanti per mantenere l’impegno di ridurre le tasse sul lavoro. Che accanto alla decontribuzione piena, stile Jobs act, per tre anni a favore del primo impiego (degli under35), potrebbe puntare anche su un “fisco di vantaggio” per il secondo lavoro familiare. La novità è spuntata nelle ultimissime bozze di Def e Pnr elaborate dai tecnici del ministero dell’Economia, con l’obiettivo di sostenere l’occupazione, specie quella femminile.
L’ipotesi allo studio, da dettagliare poi nella legge di Bilancio per il 2018, alla stregua della decontribuzione triennale, punterebbe su un rafforzamento delle detrazioni fiscali: sul lavoro dipendente (del secondo percettore di reddito), se entrambi i componenti familiari sono occupati; oppure una ad hoc per gli autonomi (nel caso di professionisti); oppure, ancora, un incremento delle agevolazioni per i figli a carico (sempre nel caso si sia in presenza di un secondo reddito familiare).
«È intenzione del Pd che lo strumento sia universale e che sostenga l’occupazione, in particolare delle donne – sottolinea l’economista dem, Filippo Taddei –. Abbiamo necessità di ampliare la partecipazione al mercato del lavoro, senza penalizzare le famiglie».
Un assaggio di “taglio al cuneo” potrebbe scattare anche prima della manovra di ottobre. Il condizionale è d’obbligo, ma l’esecutivo sta accelerando sulle modifiche alla normativa sui premi di produttività: oggi sono in calendario una serie di incontri tecnici con le parti sociali per strutturare al meglio la proposta che, nelle intenzioni dell’esecutivo, mira a premiare lo sviluppo della partecipazione: l’ipotesi sul tavolo (si veda l’anticipazione del Sole 24Ore di domenica) è quella di fissare un tetto unico a 3mila euro (attualmente si può salire fino a 4mila) per le erogazioni delle somme incentivanti, tassate, a vantaggio dei lavoratori, con la cedolare secca al 10%; e contestualmente re-introdurre una sorta di decontribuzione a favore delle imprese fino a 800-mille euro (della somma elargita come premio), collegata a forme di partecipazione. Se la misura sarà condivisa da associazioni datoriali e sindacati, e non avrà costi per l’Erario, potrebbe finire già nel pacchetto crescita della “manovrina”, da approvare ad aprile.
Una fetta (si vedrà se più o meno robusta) della riduzione del cuneo dovrebbe arrivare con la prossima legge di Bilancio: nelle bozze di Def e Pnr si parla esplicitamente di «misure strutturali» di decontribuzione del costo del lavoro: qui l’ipotesi più accreditata resta quella di partire con uno sgravio per tre anni a favore del primo impiego, da affiancare, per gli under35, a una dote formazione portabile per agevolare nuovi inserimenti occupazionali nei casi di carriere discontinue. Resta da vedere se, in prospettiva, e risorse permettendo, si potrà arrivare a un taglio strutturale del cuneo, per tutti, vecchi e nuovi assunti, da ripartire o in parti uguali imprese-lavoratori, oppure due terzi imprese, un terzo lavoratori.
La prossima settimana potrebbero esserci sviluppi pure sul fronte voucher: tra le proposte per individuare il “sostituto” ai buoni per le imprese il faro si sta concentrando sul lavoro a chiamata, che potrebbe essere esteso a tutti i lavoratori (superando gli attuali limiti d’età). Per le Pmi si starebbe pensando pure a una «chiamata online semplificata» del lavoratore “temporaneo”.
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