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Fisco, Orlandi: 19 miliardi evasione recuperati nel 2016, incasso…

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l’audizione

Fisco, Orlandi: 19 miliardi evasione recuperati nel 2016, incasso triplicato in dieci anni

Il 2016 è stato un anno record per il recupero dell’evasione pregressa con 19 miliardi di euro, «il maggiore risultato mai conseguito dall'istituzione» dell'Agenzia delle Entrate. Lo ha ricordato il direttore dell'Agenzia, Rossella
Orlandi un una audizione alla Commissione Finanze della Camera. Rispetto al 2015 (14,9 miliardi) si registra un aumento del 28%, mentre rispetto al 2007 (6,4 miliardi) la cifra è triplicata. Numeri che confermano quelli forniti il 9 febbraio insieme al ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

Orlandi: 2016 record, 19 miliardi recupero evasione
Dei 19 miliardi - ha spiegato Orlandi - 10,5 miliardi derivano da attività di controllo sostanziale, in crescita del 36% rispetto al 2015, 8 miliardi sono frutto di attività di liquidazione. «Si tratta - ha proseguito -di un’attività su cui abbiamo investito molto per affinare le nostre capacità di estrazione e di analisi ed evitare, quindi, l’invio di avvisi imprecisi o inesatti».

Incassati oltre 4,1 miliardi dalla voluntary disclosure
Nei 10,5 miliardi sono inclusi anche gli incassi da attività di accertamento relativa alla voluntary 1 (relativa alle violazioni commesse fino al 30 settembre 2014): sono stati incassati oltre 4,1 miliardi . Un risultato, quest’ultimo, che «è andato oltre le previsioni, quantificate in circa 3,8 miliardi di maggiori Entrate, grazie alla certosina attività di controllo». Si tratta di entrate che, secondo Orlandi, possono definirsi in parte «strutturali», poiché comportano un significativo allargamento della base imponibile per gli anni futuri, oltre che un patrimonio informativo classificato con una specifica applicazione che è destinato ad affinare e condizionare in positivo le ulteriori e future azioni di deterrenza. Infine, circa 500 milioni provengono da versamenti spontanei da compliance.

Con voluntary emerse attività estere per 61,7 mld
Orlandi ha ricordato il bilancio della “voluntary disclosure”, per un «valore complessivo degli investimenti e delle attività estere di natura finanziaria, oggetto della procedura di emersione» che «ammonta a circa 61,7 miliardi di euro». «Delle oltre 129mila istanze pervenute, 127.383 - ha precisato - sono riferibili alla cosiddetta collaborazione volontaria internazionale». Gli Stati esteri maggiormente interessati dalla emersione delle attività sono stati, ha spiegato, la Svizzera, il Principato di Monaco, Bahamas, Singapore, Lussemburgo, San Marino e Liechtenstein. «Dalle ultime rilevazioni effettuate alla data del 28 febbraio 2017 - ha concluso al riguardo - la lavorazione delle istanze risulta pressoché conclusa».

750 italiani nei Panama Papers
L’Agenzia delle Entrate ha inoltre elaborato un elenco di soggetti italiani coinvolti nell’inchiesta Panama Papers secondo il quale sarebbero 750 gli italiani che con la costituzione di entità offshore hanno presumibilmente nascosto al fisco italiano «rilevanti attività di natura finanziaria, detenute in altri Paesi non collaborativi, e di natura patrimoniale». Il dato è stato riferito sempre da Orlandi nel corso dell’audizione alla Commissione Finanze delle Camera.

Arrivano nuovi indici, addio studi settore
Nel 2017 l’Agenzia delle Entrate dedicherà attenzione «all’attuazione della strategia di gestione della compliance per migliorare i risultati ottenuti in termini di gettito, attraverso l’aumento dell’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti e la riduzione dell’invasività dei controlli nei confronti di soggetti a basso rischio». Uno degli obiettivi strategici è «l’elaborazione di nuovi indici sintetici di affidabilità fiscale finalizzati a favorire una maggiore compliance dichiarativa delle pmi e dei professionisti, in sostituzione degli attuali studi di settore, per gli esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo». I contribuenti che risulteranno “affidabili” avranno accesso a benefici premiali. «Gli indici sintetici di affidabilità fiscale - ha concluso - andranno a sostituire gli attuali studi di settore e a regime interesseranno oltre 4 milioni di operatori economici».

«Tax gap» da errori o illiquidità vale 13 mld
Il direttore ha inoltre segnalato che le somme «non dichiarate a seguito di errori nella compilazione della dichiarazione o per illiquidità dei contribuenti» rappresentano «circa il 13% del gap delle entrate tributarie», per un valore che si «attesta intorno a circa 13 miliardi di euro». E ha ricordato che «l’Iva rappresenta la quota più rilevante del 'tax gap', che ammonta, nel 2014, a 40,5 miliardi di euro, di cui 8,4 miliardi dovuti a mancati versamenti». Per quanto riguarda l’Iva, ha tuttavia sottolineato, «nel corso del 2015 sono state introdotte due importanti misure: l’estensione del “reverse charge” ai settori delle costruzioni e delle pulizie e l’adozione della scissione dei pagamenti, 'split payment', per i fornitori della Pubblica amministrazione». E che «entrambe le misure hanno fornito un contributo alla riduzione del gap. In particolare, per quanto riguarda lo 'split payment', le più recenti stime effettuate dall'Agenzia delle Entrate, evidenziano una riduzione strutturale del 'gap' di 2,5 miliardi nel 2015 e di un ulteriore miliardo nel 2016, importi al netto dei maggiori rimborsi e compensazioni».

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