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Alfano: Torrisi non si dimette? Fuori da Ap

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TENSIONI NELLA MAGGIORANZA

Alfano: Torrisi non si dimette? Fuori da Ap

Sembra un nuovo caso Villari, il senatore del Pd che fu eletto alla presidenza della Vigilanza Rai con i voti della minoranza e che rifiutò di lasciare l’incarico. È quello che sta succedendo per la commissione Affari costituzionali del Senato dove - a sorpresa - è stato eletto alla presidenza un esponente di Alternativa popolare: Salvatore Torrisi che con 16 voti ha avuto la meglio sul candidato indicato dal Pd (Giorgio Pagliari, 11 voti). Un incidente che sta creando frizioni nella maggioranza con uno scambio di reciproche accuse che rischia di avere strascichi pesanti, visto che il neo eletto non ha alcuna intenzione di rinunciare all’incarico, come invece gli chiede il leader del suo partito Angelino Alfano. Che di fronte all’“insubordinazione” del senatore centrista sentenzia: fuori dal partito.

Torrisi e la richiesta di Alfano di lasciare: «Inconcepibile»
Il ministro degli Esteri aveva provato a far scendere la temperatura sul blitz consumato al riparo del voto segreto (il candidato dem poteva contare sulla carta su 17 voti) chiedendo a Torrisi lasciare subito la presidenza della commissione in cui si dovrebbe discutere della nuova legge elettorale: «Torrisi, che è persona stimata, mi ha chiesto 24 ore per rifletterci - ha riferito stamattina -. Ma visto che si tratta di una questione di principio è chiaro che una sua permanenza alla presidenza è incompatibile con Ap». A Torrisi, eletto per sostituire Anna Finocchiaro, entrata nel governo Gentiloni con l’incarico di ministro per i Rapporti con il Parlamento, serve meno tempo per respingere la richiesta: «Mi sembra inconcepibile, assolutamente irrituale» dice. E accompagna il rifiuto di farsi da parte con parole poco concilianti verso il leader del suo partito: «Manco il partito comunista sovietico faceva queste cose. Se mi fossi dimesso ieri - spiega -, oggi non saremmo riusciti a chiudere la discussione generale sul decreto sicurezza e a fissare il termine per gli emendamenti. Io lavoro per le istituzioni». Alfano prende atto e annuncia la cacciata di Torrisi: «Amen. Ha scelto la sua strada. La nostra è diversa: il senatore Torrisi non rappresenta Ap al vertice della commissione Affari costituzionali». Intanto Alfano deve respingere le accuse che piovono dai renziani e fuga i sospetti sul ruolo avuto dalla sua formazione nella votazione: «Noi abbiamo votato a favore del candidato del Pd perché quella presidenza toccava al Pd: noi rispettiamo i patti, siamo leali».

La replica a Orfini
Una risposta anche a chi - come il renziano Matteo Orfini - ha apertamente accusato i centristi e Mdp (il partito degli scissionisti Pd) per quanto accaduto ieri sera a Palazzo Madama: «Due pezzi importanti della maggioranza che hanno votato contro un accordo preso e contro il principale partito della maggioranza, senza dirlo, a voto segreto, con un’intesa sottobanco con le opposizioni», ha detto il presidente reggente dei democratici dando voce all’ira di tutta la componente che fa riferimento all’ex premier fiorentino. «Parole surreali», commenta Alfano. «Siccome non siamo nati ieri e abbiamo capito il giochino dico che non ci stiamo. Se qualcuno cerca pretesti per far cadere il governo e andare al voto anticipato lo dica chiaro». Non finisce qui, perché Orfini a sua volta ribatte: «Ricapitoliamo: ieri alcuni senatori di maggioranza hanno votato insieme alle opposizioni e contro il Pd nell’elezione del presidente della commissione Affari costituzionali del Senato. Ovvero quella che - tra le altre cose - dovrà occuparsi di fare la legge elettorale. Lo hanno fatto di nascosto, senza aver prima manifestato perplessità o difficoltà sulla proposta di maggioranza che era in campo». Per Orfini «si costruisce un’operazione del genere, lo si fa in segreto, lo si fa contro il Pd e poi si dice che è colpa del Pd. Siamo oltre le fake news. Siamo al dadaismo».

Bersani: basta arroganza, scelte condivise
Ma anche Pier Luigi Bersani fa sentire la sua voce per difendere il suo Movimento democratico e progressista e invita il Pd a guardare in casa propria per capire le origini della disfatta d ieri in commissione: «Chi cerca il capro espiatorio conti fino a 16, basta fare i conti e si vede che il problema è un altro: io consiglierei che chi ha più responsabilità non desse ancora segni di arroganza perché non funziona più. Bisogna discutere, non imporre le scelte cotte e mangiate». E l’ex segretario del Pd conferma che i capigruppi Mdp incontreranno il premier Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi per un confronto sulla maggioranza.

Orlando: «Serve un chiarimento»
A seguire gli strascichi dell’incidente di ieri è anche l’altro candidato alla segreteria del Pd, Andrea Orlando. «Siamo alla vigilia di una crisi di Governo? Mi auspico vivamente di no, credo che quanto accaduto ieri sia una vicenda seria che va affrontata nel rapporto tra i gruppi parlamentari» dice il ministro della Giustizia in visita al Salone del mobile alla Fiera di Milano. «Eviterei - ha aggiunto Orlando - di coinvolgere il Capo dello Stato in questa vicenda, perché al momento mi sembra si tratti di un chiarimento che il Pd deve promuovere e realizzare tra le forze politiche». Del resto è quanto Orlando aveva già detto a poche ore dal fallimento dell’elezione del candidato Pd: «Serve un chiarimento, altrimenti si rischia lo sgretolamento del nostro sistema di alleanze».

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