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Manovra, ecco come aumenterà (gradualmente) l’Iva di qui…

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Manovra, ecco come aumenterà (gradualmente) l’Iva di qui al 2019

Il ministro dell Economia, Pier Carlo Padoan (EPA)
Il ministro dell Economia, Pier Carlo Padoan (EPA)

Prima di approdare finalmente in «Gazzetta Ufficiale», dove ha assunto il nome di decreto legge 50/2017, il testo della manovrina ha subito un’altra, importante modifica: nella versione definitiva, uscita dal passaggio al Quirinale per la firma del Capo dello Stato, non ha trovato infatti spazio la norma “interpretativa” che ha provato a cancellare ex post l’arretrato di Ici, Imu e Tasi a carico delle piattaforme petrolifere. Sul punto, quindi, torna a valere la parola della Cassazione, che in due sentenze (3618 e 19510 del 2016) ha dato ragione ai Comuni costieri stabilendo che le trivelle devono pagare le tasse immobiliari arretrate: un contenzioso, quello fiorito intorno alle 119 piattaforme petrolifere censite nel mare italiano, che vale almeno 300 milioni di euro, e che abbraccia tutte le imposte fino al 2016, quando le trivelle sono alla fine rientrate nell’esenzione prevista per i «macchinari imbullonati» delle imprese. La norma prima inserita e poi espunta dalla manovrina era qualificata come «interpretativa», e mirava quindi a cancellare ex post i tributi, ma anche per il contrasto netto con la Cassazione non è sopravvissuta al vaglio dei tecnici.

Nel proprio assetto definitivo, il maxi-decreto con la manovrina conferma le cifre dei “compiti a casa” chiesti da Bruxelles: il valore della correzione è di 3,4 miliardi sul piano strutturale, vale a dire i due decimali di Pil al centro da mesi del confronto fra Roma e la Ue, mentre scende a 3,1 miliardi ai fini dell’indebitamento Pa (si veda Il Sole 24 Ore di domenica). A spiegare la forbice è il diverso trattamento che la commissione riserva alle misure «una tantum», a partire da quelle che compongono il ricco pacchetto di interventi destinato alle aree terremotate: un pacchetto che nel suo complesso poggia sull’attivazione del fondo triennale da un miliardo all’anno per finanziare gli sconti fiscali e la ricostruzione.

Il peso strutturale della manovra ha permesso al governo di dedicare 3,8 miliardi dal 2018 allo sminamento delle clausole di salvaguardia Iva che pesano sui conti del prossimo anno (come anticipato sul Sole 24 Ore di domenica): grazie alla “manovrina”, infatti, il peso degli aumenti Iva comincia a scendere da 19,6 a 15,2 miliardi, con la conseguenza che la dinamica prevista per le aliquote viene ripensata. Per quella “agevolata” del 10%, l’incremento 2018 viene limitato all’11,5% invece di puntare al 13%, mentre per l’aliquota ordinaria del 22% la storia è più complessa: manovrina alla mano, dovrebbe passare al 25% nel 2018, al 25,4% nel 2019 per poi scendere al 24,9% nel 2020 e trovare pace al 25% dal 2021. A completare il quadro c’è lo slittamento al 2019 del ritocco delle accise, altro capitolo delle clausole.

Basta questa strana altalena del prelievo, che sarebbe ovviamente ingestibile all’atto pratico, a mostrare comunque che la manovrina rappresenta solo un primo passo nello sforzo di superamento delle clausole di salvaguardia, il cui impegno è stato appena ribadito nel Def: resta il fatto che per la prima volta il governo interviene sulle prossime scadenze non con la sterilizzazione, ma con la previsione esplicita di un aumento, anche se meno corposo di quello “originale”, con una mossa che sicuramente riaprirà il dibattito di queste settimane sulle sorti dell’imposta sul valore aggiunto.

Sul lato delle spese, si attesta a circa 460 milioni il taglio previsto ai budget dei ministeri, accompagnato da una mini-rimodulazione del credito d’imposta per le imprese che investono nel Mezzogiorno (la “Visco-Sud”).

Da segnalare, poi, la conferma del fatto che la rottamazione delle liti fiscali sarà aperta a tutti, e non sarà dunque limitata a chi ha già aderito alla definizione agevolata delle cartelle (come previsto dalle prime bozze per le imposte interessate dal primo round delle rottamazioni). Questa, insieme alla stretta sulle compensazioni (chiamate a portare 975 milioni quest’anno e 1,9 miliardi dal prossimo), e all’estensione dello split payment (1 miliardo di entrate nel 2017, 1,5 dal 2018) è il cuore fiscale della manovra. Resta però il fatto che, come accaduto a suo tempo con il collegato fiscale, anche questa definizione agevolata dimentica tutte le controversie relative ai tributi locali: proprio l’esperienza di dicembre mostra che sarà probabilmente il Parlamento a completare l’opera, lasciando all’autonomia regolamentare dei Comuni la scelta. Non sarà questo, comunque, l’unico tema all’attenzione dei parlamentari: anzi, i venti pre-elettorali che soffiano forti dalle parti dei palazzi della politica lasciano presagire il più classico degli assalti a quello che potrebbe rivelarsi come l’ultimo treno prima della manovra e/o del voto.

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