«Il Giro d’Italia non ha nulla da invidiare al Tour de France. Certo c’è ancora un gap notevole in termini di fatturato. La corsa francese ha un giro d’affari notevolmente superiore. Parliamo di circa 110 milioni a fronte di introiti italiani che sfiorano i 40. Ma se guardo alla storia, ai campioni che hanno calcato le strade del Giro dal 1909 a oggi, alla bellezza del nostro territorio e alla passione per il ciclismo che si respira, beh, tutta questa differenza io non la vedo. Pensiamo anche al fatto che si corre in maggio, mentre la kermesse francese si tiene in piena estate quando magari molte persone sono già in vacanza. E i risultati economici e di visibilità che, in particolare, questo Giro sta ottenendo me lo confermano». Ci vorrà tempo per raggiungerlo, insomma, ma il Giro è ufficialmente scattato all’inseguimento del Tour.
Da presidente e ad di Rcs, Urbano Cairo è oggi l’organizzatore della Corsa Rosa. Un evento sportivo a cui però è legato prima di tutto da appassionato.
«Devo confessare che ho amato più di ogni altro due corridori. Il primo è stato Felice Gimondi. Una rivelazione prepotente nel ciclismo degli anni Sessanta, capace di vincere grandi corse a tappe e classiche come la Parigi-Roubaix e la Milano-Sanremo, pur essendo costretto a competere per gran parte della sua carriera con il “cannibale” Eddy Merckx. Tifare per lui voleva dire gioire per i successi, ma anche imparare a soffrire per le sconfitte».
E il secondo?
Marco Pantani. Un altro scalatore che oltre vent’anni dopo ha saputo emozionare me, come milioni di tifosi. Mi sono sempre piaciuti di più campioni come il Pirata che sanno coniugare talento e fatica.
Al via del Giro del Centenario si presentano quasi tutti i big dell’attuale circuito. Un bel segnale.
Sì. Ci sono due grandi favoriti, il colombiano Nairo Quintana e Vincenzo Nibali. Ma attorno a loro ci sono molti corridori in grado di conquistare la maglia rosa. Senza trascurare il fatto che l’exploit di un outsider non si può mai escludere in un percorso duro come quello che abbiamo delineato. Sarà una corsa molto combattuta, difficile e selettiva. Ed è su questa incertezza, sulla sfida fino all’ultimo chilometro che bisogna puntare per far crescere il valore del Giro, l’interesse dei tifosi e di conseguenza quello di sponsor e tv.
A tal proposito si può già tracciare un bilancio di questa edizione?
Le cifre sono molto confortanti. I ricavi e gli sponsor crescono e aumenta la visibilità del Giro, sia a livello nazionale che internazionale. Saranno collegate televisioni di 194 paesi con un’audience globale di 827 milioni di spettatori. Prevediamo che seguiranno il Giro sulle strade 12,6 milioni di persone. Mentre la social media community annovera due milioni di fans fra Facebook, twitter, Instagram, Google+ e Strava. Il Giro sarà una vetrina ineguagliabile per il Belpaese.
Il passaggio del Giro è ancora uno spot così importante per attrarre turisti e far apprezzare il fascino della Penisola?
Ritengo di sì. Ed è una convinzione anche dei Comuni che si contendono le tappe del Giro. Il passaggio della carovana genera ritorni immediati, e le immagini della gara in panorami mozzafiato e così variegati come quelli che l’Italia sa offrire generano poi un effetto a medio termine su coloro che amano il ciclismo e che vogliono visitare il nostro paese. Ma non solo su di loro, evidentemente. Quest’anno avremo appuntamenti magnifici come quello sull’Etna, ad esempio, o la tappa di Bormio.
Non bastano i paesaggi a fare grande una corsa, però.
Certo che no. Ed è il motivo per cui abbiamo investito tanto. Sia sul fronte sportivo per avere i campioni che la gente ama in corsa. Sia nelle tecnologie, dagli elicotteri alle telecamere più innovative, per innalzare la qualità dello spettacolo televisivo. Dobbiamo migliorare i nostri standard e l’organizzazione se vogliamo appunto competere ad armi pari con il Tour de France.
Al Giro si pedala tra tradizione innovazione. Il gran finale quest’anno andrà in scena a Milano. È ipotizzabile che il capoluogo lombardo diventi l’approdo fisso del Giro d’Italia, come Parigi e gli Champs-Élysées lo sono della Grande Boucle?
Il Giro è arrivato a Milano 75 volte in 99 edizioni. Per cui ci sembrava giusto che la corsa del Centenario giungesse qui. Peraltro non sarà una passerella, ma una cronometro di 29 chilometri, con partenza dall’Autodromo di Monza, che potrebbe rivelarsi decisiva per il podio. Stiamo comunque valutando per il futuro se istituzionalizzare questa soluzione.
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