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Dossier Sinistra divisa e «tenuta» M5S al test nazionale

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    Dossier | N. 86 articoliElezioni amministrative 2017

    Sinistra divisa e «tenuta» M5S al test nazionale

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    Le elezioni locali in Italia hanno sempre avuto una rilevanza nazionale. Un anno fa fecero scoprire alla massa degli osservatori la competitività del M5s. In particolare la sconfitta di Piero Fassino a Torino al secondo turno contro Chiara Appendino fu una grande sorpresa. Come le 19 vittorie del Movimento nei 20 ballottaggi in cui era presente. Fu allora che partì la campagna di delegittimazione dell’Italicum con la scusa che avrebbe fatto vincere Luigi Di Maio contro Matteo Renzi. Oggi si torna a votare in un contesto diverso dall’anno scorso e soprattutto da 5 anni fa.

    Il numero dei comuni maggiori al voto non è elevato. Si tratta di 161 comuni sopra i 15mila abitanti. Ma tra questi ci sono 25 comuni capoluogo, di cui alcuni importanti come Palermo, Genova, Verona, Parma. Inoltre quello che rende molto interessante questo test è il fatto casuale che questo insieme di comuni è così ben distribuito territorialmente e politicamente da rappresentare un campione rappresentativo dell’elettorato nazionale.

    In altre parole, nei 150 comuni in cui si vota oggi, e dove si è votato anche nella tornata precedente con il sistema maggioritario a due turni, i partiti hanno preso – chi più, chi meno - una percentuale di voti simile a quella che hanno ottenuto a livello nazionale, sia alle europee del 2014 che alle politiche del 2013.

    LA PARTITA NEI «GRANDI» COMUNI

    Per esempio, alle europee del 2014 il Pd ha preso il 40,8% a livello nazionale e nei 150 comuni del campione ha preso esattamente la stessa percentuale, mentre alle politiche del 2013 aveva preso una percentuale leggermente inferiore (24,6% contro il 25,4%). Così per gli altri partiti, con l’unica parziale eccezione della Lega. Per questo sarà possibile ricavare dal risultato in questi comuni una stima relativamente attendibile del consenso effettivo di partiti e coalizioni e, quindi, dei loro rapporti di forza. Non dovremo quindi basarci più solo sui dati di sondaggio che molti ritengono oggi poco affidabili. Avremo finalmente dei dati “veri” per cercare di capire cosa potrebbe succedere alle prossime politiche.

    Amministrative 2017, come e quando si vota

    Il dato più interessante di questa tornata elettorale sta nella diversità dell’offerta politica tra centrosinistra e centrodestra rispetto a cinque anni fa. Allora lo schieramento più unito fu il primo, oggi è il secondo. Sul totale dei 161 comuni sono ben 88 i candidati sostenuti solo dai partiti alla sinistra del Pd. Nei venticinque capoluoghi i candidati dei partiti di sinistra che si contrappongono a quello del Pd sono addirittura 28. Solo a Oristano, Rieti e Como il Pd non ha almeno uno sfidante alla propria sinistra. Questo vuole dire che nella maggioranza dei comuni e nella quasi totalità dei capoluoghi la sinistra si presenta più divisa rispetto al 2012. Il contrario di quanto accade nel centrodestra. Nei 161 comuni i candidati sostenuti solo da Lega Nord e Fdi sono 46. In parte il dato riflette l’assenza della Lega Nord in molti comuni, ma resta il fatto che anche nei capoluoghi solo in due casi (Palermo e Belluno) ci sono candidati dell’uno o dell’altro di questi due partiti contrapposti a quello di Forza Italia.

    Le divisioni a sinistra rendono questo passaggio elettorale ancora più problematico per Renzi e il suo partito. Sono 77 le amministrazioni uscenti targate Pd e alleati tra i 150 comuni, di cui 33 al Nord, 12 nell’ex zona rossa e 32 al Sud. Sarà difficile ripetere questa performance. Cinque anni fa il centrodestra era in crisi dopo la rovinosa caduta del governo Berlusconi e il M5s non aveva i consensi che ha ora. È proprio il movimento di Grillo l’attore più atteso in queste elezioni. A differenza del 2012, i suoi candidati sono presenti quasi dappertutto. Per la precisione, ci sono in 131 comuni su 161 e in tutti i capoluoghi. Dato che in moltissimi casi la competizione è tripolare, sarà interessante vedere in quanti comuni i suoi candidati andranno al ballottaggio e contro chi. E se, come l’anno scorso, riusciranno a beneficiare delle seconde preferenze degli elettori che al secondo turno hanno dovuto decidere se astenersi o votare un candidato che non era la loro prima preferenza. L’impressione che si ricava dai casi di Genova e Parma è che questa volta la sfida sarà più complicata. Ma il M5s ci ha sorpreso in passato e potrebbe sorprenderci ancora.

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