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Bertarelli: «Bello godersi la Coppa America da spettatore»

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Bertarelli: «Bello godersi la Coppa America da spettatore»

Ernesto Bertarelli
Ernesto Bertarelli

Ernesto Bertarelli, già proprietario della industria farmaceutica Serono è arrivato alla Bermuda con la sua nave da crociera Vava 2, 96 metri costruita in alluminio e acciaio a Devonport su progetto di Redman Witeley Dixon, valore stimato 150 milioni di dollari. Ha sostituito il vecchio Vava di 48 metri. È arrivato come spettatore della Coppa America, ammirato per le regate in multiscafo anche se critico con la formula. Vincitore con i suoi Alinghi nel 2003 e nel 2007 ha dovuto cedere il Trofeo nel 2010 nelle regate di Valencia all'ex amico Larry Ellison e ha chiuso con la sua presenza. Sono tutti convinti che ritornerà in campo. Lo farà, probabilmente, se restano i multiscafi. Dice subito: «Sono circolate voci sulla mia intenzione di fare il Challenger of Record - ha detto – non lo farò».

Possiamo dire che finalmente si gode la Coppa America da spettatore?

«Sono qui sereno, neutrale, me la godo come una bella festa e con me sono tutti simpatici. Per una volta non ho nessun problema con nessuno, mi diverto e non è lavoro. La Coppa fa parte della mia vita ce l'ho nel sangue. Sono stato invitato sulla barca francese da Franck Cammas ed è stato molto divertente. Ho visitato la base di Emirates Team New Zealand e ho giocato con il simulatore che prepara i timonieri. Molto interessante».

Le piace Emirates Team New Zealand?
«Sono tutti sorpresi dalla velocità dei kiwi e ancora una volta hanno dimostrato di avere inventività: anche solo da vedere la barca è più bella di quella americana. Nel primo week end c'è stato il vento giusto; vediamo se aumenta cosa succede, non è ancora fatta. E il loro timoniere Peter Burling ha proprio lo sguardo del killer, è un vero talento».

Se potesse decidere il futuro della Coppa cosa farebbe?
«Di sicuro manterrei i catamarani foiling, con questa forma ce ne sono già sei. Darei un piccolo vantaggio alle squadre che entrano e partono da zero. Cercherei di fare la prossima edizione tra due o tre anni al massimo e non quattro. Due anni non è male anche per una squadra che arriva nuova. La cosa che pesa di più sull'evento è il numero delle squadre. Che bisogna stimolare a tutti i costi».

Cosa bisogna fare per richiamare più squadre?

«Purtroppo la Coppa continua a essere un evento non proporzionato in termini di costo e resa per gli sponsor. La Formula Uno costa molto di più ma rende molto di più e la relazione tra incassi e costi è più equilibrata. Chiunque sarà il defender dovrà porsi questa domanda. Deve fare molta attenzione al relativo costo della squadra a confronto dell'incasso».

Tornerà alla Coppa America, ci sono delle condizioni per tornare?
«Quando ho fatto la Coppa nel 2000 avevo varie ragioni per farla, oggi ce ne sono molte meno. La principale è che l'ho già vinta due volte e quindi sono meno accanito che certi altri. L'altra è che penso che ci sia troppa incertezza e probabilmente la Coppa ha un momento critico peggiore di altre volte. Bisogna aspettare a vedere chi vince e cosa ci propongono. Speriamo che non ci facciano aspettare per sei mesi come fatto in passato».

Quanto può esser il budget sostenibile per un team partecipante?
«Ho sentito diverse cifre, dai trenta milioni di euro per i francesi agli 80 milioni di pound per gli inglesi. Gli inglesi dicono che serve molto meno e i francesi dicono che con trenta milioni non è abbastanza. Dovremmo avere squadre che con 30 milioni ce la fanno a fare una buona partecipazione e con 50 possono vincere».

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