A Roma le persone, tra stranieri e italiani, che vivono negli oltre cento palazzi occupati oscillano tra 5mila e 10mila. Ma la portata dell’emergenza abitativa nella capitale è spiegata anche da altri numeri. Per esempio le 10mila famiglie in lista di attesa per un alloggio popolare. Numeri che rischiano di aumentare, se è vero che, come sottolinea l’Unione inquilini, a fronte di 1.500 nuove domande si registrano in media 500 nuove assegnazioni annuali. Una situazione di difficile soluzione, se si aggiunge che nel territorio di Roma Capitale sono stimati circa 7.000 provvedimenti di sfratto annui, di cui oltre l'80% per morosità. E che il numero delle famiglie soggette ad interventi di sgombero forzoso ammonta a circa 2.300/2.500 all'anno.
A fine luglio la giunta Raggi ha approvato con due differenti delibere le linee guida per la redazione del piano di azione capitolino per la realizzazione del programma straordinario di interventi per l'emergenza abitativa e un piano generale assistenziale alternativo ai Caat (centri di assistenza alloggiativa temporanea). L’obiettivo è fornire assistenza a circa 6mila famiglie entro il 2019 con strumenti diversificati che vanno dal buono casa allo scorrimento delle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica, dal contributo all’affitto, al reperimento di nuovi alloggi, dal frazionamento degli immobili fino al ricorso agli immobili confiscati alla mafia.
A tal proposito dovrebbe arrivare a breve in Aula, dopo un ultimo passaggio nella commissione competente, il nuovo regolamento per la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata sul territorio romano, un documento a cui in Campidoglio si sta lavorando da circa un anno. Il Comune ha acquisito circa 70 beni di questa provenienza, alcuni dei quali saranno utilizzati anche per finalità sociali e abitative, ad esempio per ospitare persone con fragilità, come donne sole o anziani disagiati.
A Roma assistiti 8.600 rifugiati e richiedenti asilo
Quanto a rifugiati e richiedenti asilo, in circa 3mila vivono da anni in edifici occupati, che - anche se si tratta di situazioni differenti - si sommano ai quasi 9mila assistiti in centri autorizzati, della Prefettura e del Comune. Secondo dati della Prefettura di Roma, al giugno scorso erano 8.600 i migranti ospitati in strutture: 5.581 assistiti in centri gestiti direttamente dalla Prefettura, come i Cas e i Cara , e 3.028 in strutture gestite dal Campidoglio e dagli altri comuni della Provincia nell'ambito del circuito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). Il rapporto Sprar 2016 parla per Roma di 2.768 posti ordinari. Ai quali vanno aggiunti 62 posti per minori non accompagnati e 6 per persone con disagio mentale. Si tratta di posti nei quali la permanenza è possibile per sei mesi, estensibili per altri sei. Chi esce dal sistema di protezione comunale e ottiene il permesso di soggiorno per asilo politico o protezione sussidiaria spesso non riesce però a trovare un alloggio o un impiego.
Solo il 5% dei sindaci fa accoglienza «integrata»
Malgrado ciò, va segnalato che il circuito Sprar è considerato una sorta di «fiore all’occhiello» del sistema di assistenza perché offre servizi di accoglienza «integrata», finanziata dallo Stato, inclusiva di corsi di lingua, formazione e integrazione di richiedenti asilo e rifugiati. Una ricerca della Fondazione Leone Moressa però sottolinea come stigmatizza che i Comuni evitano l’accoglienza qualificata, finanziata dallo Stato: «Meno del 15% dei migranti accolti in Italia è ospitato in centri Sprar - si legge - e solo il 5% dei Comuni aderisce al sistema». Eppure l’accordo raggiunto il 14 dicembre 2016 tra Anci e Viminale e poi confluito nel Decreto Minniti del 17 febbraio 2017 premia i Comuni che gestiscono progetti Sprar, fissando il tetto di 2,5 posti ogni 1.000 abitanti. E garantisce a chi gestisce un progetto Sprar di non vedersi imposti dalle Prefetture altri posti straordinari di accoglienza per migranti.
Da gennaio a oggi l’incremento nell’ospitalità di richiedenti è quasi tutto in capo ai Cas, i centri di assistenza temporanea: ricercati in fretta e furia dai prefetti, obbligati a distribuire la quota di migranti destinata dal Viminale dopo ogni sbarco. Nei Cas, dunque, c'è la maggior parte in Italia dell'accoglienza dei 3.183 Comuni - su 8mila - finora impegnati nell'ospitalità dei richiedenti asilo e rifugiati.
Polemica Raggi-Anci sui posti Sprar
In una recente intervista dopo le polemiche seguite allo sgombero dell’immobile di via Curtatone (occupato da oltre 400 rifugiati eritrei e etiopi) la sindaca di Roma Virginia Raggi ha chiesto all’Anci di «farsi sentire di più». Una presa di posizione contestata però da Matteo Biffoni, delegato Anci all'Immigrazione e sindaco di Prato, che ha dichiarato: «La posizione dell'Anci – per rispondere alla sollecitazione del sindaco Raggi – è di stupore, perché il sistema Sprar nel caso di quanto avvenuto a Roma non c'entra nulla. Risulta che gli occupanti sono lì da anni e in alcuni casi provengono da strutture non Sprar». E ancora: «Il sindaco Raggi pare non conoscere a fondo il sistema Sprar. Non si attacca un modello che funziona in tutti i Comuni, indipendentemente dal colore politico di chi lo amministra.
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