L'Italia ha usato i metodi corretti per ridurre gli sbarchi di migranti sulle sue coste. Lo ha ribadito il ministro degli Interni Marco Minniti in una intervista al britannico Guardian, in cui il titolare del Viminale ha respinto le voci riportate da alcuni media secondo cui sarebbero state pagate somme di denaro per indurre le tribù e le milizie locali in Libia a contrastare il lucroso business del traffico di esseri umani. In particolare sera stata l'Associated Press a rilanciare nei giorni scorsi la tesi secondo cui il calo degli sbarchi in Italia non è dovuto solo agli accordi con il governo presidenziale libico di Al-Sarraj, ma anche a un'intesa con due potenti milizie di Sabrata (Brigata Al-Ammu e Brigata 48), cittadina non lontana da Tripoli che negli ultimi mesi è diventata il principale punto di partenza dei barconi.
Minniti: cruciale il confine meridionale libico
«Il punto cruciale per me - ha sottolineato il ministro - era quello di andare in Libia e trovare una soluzione» al problema degli sbarchi. «In Turchia con la crisi dei migranti c'era un leader forte con cui collaborare - probabilmente troppo forte. In Libia era l'opposto». Nel Paese nordafricano infatti, la mancanza di un governo centrale ha reso le cose molto più difficili. «A mio avviso il confine meridionale della Libia è cruciale per l'intero confine meridionale dell'Europa - ha spiegato il ministro - così abbiamo costruito una relazione con le tribù del Sahara meridionale. Sono infatti fondamentali per il sud del Paese, sono i guardiani del confine meridionale, ma hanno combattuto le une con le altre e questo ha causato la mancanza di un controllo al confine».
«Aiutare le comunità a liberarsi dei trafficanti»
Di qui la missione il 13 luglio con una serie di sindaci locali per definire alcuni progetti di intervento. Con l’impegno di finanziarli in cambio di una attività più incisiva di contrasto ai trafficanti di esseri umani. Minniti ha sottolineato la trasparenza dell'Italia negli accordi, negando casi di corruzione: «Dovevamo aiutare le comunità a liberarsi dai trafficanti e a produrre un reddito alternativo» ha aggiunto «e abbiamo presentato i loro progetti di sviluppo locale alla Commissione europea» per ottenere i finanziamenti necessari. «Questa gente vuole cambiare - ha spiegato Minniti - ed è dovere della comunità internazionale aiutarla in questa riconversione».
La macchia dei campi di detenzione libici
Il ministro, che ha incontrato nei giorni scorsi nel suo ufficio a Bengasi il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, ha ammesso che c’è molto altro da fare. A partire da una regolamentazione da parte delle Nazioni Unite degli inumani campi di detenzione in Libia. Obiettivo reso difficile dalla mancanza delle necessarie condizioni di sicurezza. Servono poi più fondi per i rimpatri volontari in patria dei migranti rimasti intrappolati in Libia.
Il piano per l’integrazione
Tra le iniziative in cantiere a metà settembre la presentazione di un “Piano per l'integrazione”. Alla base di tutto c'è la convinzione che non ci sia un collegamento tra terrorismo e migrazione ma che ci sia invece una connessione «tra terrorismo e mancata integrazione».
Sbarco nell'Agrigentino, arrivati in 60
Da segnalare oggi una ripresa degli sbarchi. Una sessantina di migranti, provenienti dalla Tunisia, è arrivata sulla spiaggia di Seccagrande, nel territorio comunale di Ribera (Agrigento). Una decina è stata bloccata da polizia, carabinieri e guardia di finanza. Gli altri si sono dileguati nelle campagne circostanti. Sul posto anche due motovedette della guardia costiera. L'imbarcazione utilizzata per la traversata è stata sequestrata. Complessivamente, ad ogni modo, i numeri segnano una flessione marcata degli sbarchi. Da inizio anno, in base ai dati del Viminale aggiornati al 6 settembre, è stata del 18,5%. Con una flessione concentrata negli ultimi due mesi: -81,6% ad agosto e -51,3% a luglio.
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