«L'obiettivo è il governo di centrodestra. Ma se all'indomani del voto non dovessimo avere la maggioranza, io non chiamerei mai Gentiloni, Renzi e Alfano. Dei governissimi gli italiani sono stanchi, hanno prodotto disastri.
Piuttosto alzerei il telefono e chiamerei Beppe Grillo». Il leader della Lega Matteo Salvini fa ipotesi sul dopo voto: «Se fossi costretto a chiamare qualcuno, chiamerei lui».
Eppure, Beppe Grillo l'ha appena attaccato dalla piazza vicina, a Palermo, definendolo un “poveraccio” venuto a prendere i voti al Sud, nella sfida per la Sicilia. «Ecco - replica Salvini intervistato da Repubblica - vedete? Lui mi da del poveraccio, mentre io gli tendo la mano. Mi accusa di essere venuto qui a prendere voti, sai che scoperta, è proprio quello che sono venuto a fare. Come lui, del resto». Liquida la nuova apertura del governo sullo ius soli:
«Vogliono coprirsi a sinistra, ma è pura follia, una roba che non interessa gli italiani. E nemmeno agli stranieri. Qualcuno propone il referendum abrogativo. Ma noi la legge dobbiamo fermarla prima. E ci riusciremo. Quella roba non deve uscire dal Parlamento. Se vanno avanti, piantiamo tende e sacchi a pelo dentro e fuori il Senato. Li avverto: passeranno il Capodanno in aula. Li convinceremo a cambiare idea con ogni mezzo. Legale, non violento, come sempre».
Il caso Torino scuote l’M5S, Grillo tira dritto
«Storia chiusa. Sono passate ventiquattr’ore, appartiene già al passato». Beppe Grillo liquida così, con queste poche parole, il caso il Paolo Giordana, capo di gabinetto della sindaca Chiara Appendino, dimissionario dopo la notizia di un paio di telefonate in cui chiedeva “l'aiutino” per un amico multato sull'autobus per 90 euro. «Una vicenda come questa - aggiunge - è un test, un test che dovrebbe far riflettere su come siamo». Sulla stessa linea Luigi Di Maio. «Non possiamo prevedere se qualcuno sbaglia ma se qualcuno sbaglia interveniamo». Il Movimento 5 Stelle, insomma, serra i ranghi e riafferma la sua immagine di forza politica cristallina di purezza e integrità morale. Tra poco si vota in Sicilia e le sbavature non ci devono essere. A chi gli chiede se ci saranno conseguenze negative, Di Maio risponde che «l'importante è la reazione». «La vecchia politica» uno come Giordana «se lo sarebbe tenuto, mentre noi, se qualcuno sbaglia, abbiamo la schiena dritta». E poi il capo di gabinetto - precisa - «non era
nemmeno un eletto M5S». Giordana, funzionario comunale di lungo corso, è stato l'uomo che più di ogni altro si è speso per la carriera di Appendino, tanto che i cronisti lo avevano soprannominato - complice il suo passato di seminarista e di prete ortodosso di una confessione “autocefala” - il Rasputin di Palazzo Civico. Con Appendino, e con l'assessore Sergio Rolando, Giordana ha condiviso una informazione di garanzia per falso ideologico in un'inchiesta
sui conti del Comune: un debito di 5 milioni che secondo la procura doveva essere messo a bilancio, secondo lui no.
E nella Capitale tensioni per assessore indagato
Gli effetti di una nuova vicenda giudiziaria scoppiata a Livorno si fanno intanto sentire a Roma in seno alla Giunta Raggi, creando secondo fonti del M5S più di un malumore nella maggioranza. È stato lo stesso sindaco della città toscana Filippo Nogarin ad annunciare qualche giorno fa su Facebook di essere indagato per turbativa d'asta nell'inchiesta della procura di Livorno sulla Spil, la società porto industriale. Nell'inchiesta sarebbe incappato anche l'ex assessore di Livorno, ora membro di primo piano nella giunta capitolina a Cinque Stelle, Gianni Lemmetti (già indagato un anno fa con Nogarin nell'ambito dell'inchiesta sull'azienda per la raccolta dei rifiuti). Il quale precisa però, anche lui su Facebook, di non aver ricevuto nè avvisi di garanzia nè altre comunicazioni.
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