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L’EMENDAMENTO ALLA MANOVRA

La web tax chiede i dati allo spesometro: gettito iniziale da 100-200 milioni ma si punta a un miliardo

Un emendamento che punta a costuire le basi per un gettito di un miliardo ma non subito, quando l’Erario potrebbe puntare ragionevolmente a incassare tra 100 e 200 milioni. La web tax all’italiana si fonderà su tre pilastri. In primo luogo, il monitoraggio dell’agenzia delle Entrate attraverso lo spesometro. Poi, l’accertamento della stabile organizzazione laddove non sia dichiarata: l’amministrazione finanziaria “verificherà” il superamento di una soglia di 1.500 operazioni per un controvalore di 1,5 milioni di euro nell’arco di sei mesi, dopo di che l’Agenzia convocherà il soggetto in contraddittorio per effettuare i riscontri. Infine, l’introduzione dell’imposta al 6% sul valore della singola transazione.

A delineare i capisaldi della web tax italiana è Massimo Mucchetti (Pd) primo firmatario dell’emendamento al DDl di bilancio che ha illustrato in una conferenza stampa al Senato la riformulazione del correttivo alla manovra rispetto alla prima versione. Un emendamento parlamentare ma che nasce «da un lavoro spalla a spalla con il Governo» e per cui c’è la «ragionevole certezza che l’Esecutivo lo sostenga», ha sottolineato lo stesso Mucchetti.

Il credito d’imposta
Una riformulazione che introduce anche il credito d’imposta per le imprese web. «Per il fornitore del servizio che hanno visto essere prelevato dalla loro fattura il 6% hanno diritto a un credito d’imposta di pari entità - ha spiegato Mucchetti - che può essere utilizzato in compensazione per i versamenti da effettuare. Oltre all’Ires il credito potrà essere esercitato per i versamenti Irap, per le ritenute d’acconto, per i contributi previdenziali e i premi Inail». In pratica, ha aggiunto Mucchetti, «per un’impresa che è evidente e che ha costi in Italia il 6% viene recuperato, mentre per un’impresa non è radicata il recupero non avviene: ma è esattamente quello che vogliamo».

Gettito iniziale tra 100 e 200 milioni, ma si punta a un miliardo
Nei primi due o tre anni il gettito dovrebbe essere «rilevante ma non enorme», ha aggiunto Mucchetti: «La strada maestra è applicare le imposte sui redditi, in alcuni casi specifici come queste si possono ipotizzare misure ad hoc».

«Nel 2018 il gettito avrà due handicap: l’imposta entra in funzione dal 1° luglio e poi andranno fatti riscontri». Quindi, ha puntualizzato Mucchetti, «per i primi anni si può stimare un gettito tra 100 e 200 milioni e poi fatti gli step necessari si «potrebbe arrivare a un miliardo» ma bisognerà inquadrare le basi imponibili degli Ott (Over the top, ossia i giganti del web e non solo come Google, Facebook e altri), facendo funzionare «i primi due pilastri della norma». Mucchetti ha esortato a non parlare di «tesoretto» perché «dovremo prima costruirlo».

«Con questo emendamento cerchiamo di stimolare gli Stati a individure un ordine internazionale. Certo, può valere l’obiezione che l’imposta sia traslata sul cliente finale ma è un’obiezione valida per tutte le imposte, come l’Iva» ha ricordato il senatore Luigi Marino (Ap), anche lui firmatario dell’emendamento insiene a Mauro Maria Marino (Pd) e Gianluca Susta (Pd).

Applicazione in linea con i Trattati europei
«L’imposta del 6% sui ricavi si applica - ha puntualizzato Mucchetti - a tutti perché questo richiedono i trattati europei. Già nella prima stesura del testo però non c’erano problemi con le imprese italiane. Con la riformulazione, d’intesa con il Governo, si è cercato di essere più forti in caso di eventuale contenzioso futuro in ambito comunitario», ha spiegato Mucchetti.

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