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Calcio italiano da rifondare senza isterie o populismi

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L'Analisi|non solo mondiale

Calcio italiano da rifondare senza isterie o populismi

Ancora più grave della sconfitta con la Svezia e della conseguente esclusione dalla Coppa del mondo russa del 2018 sarebbe farsi prendere ora dall’isteria e dalla fretta, sprecando l’occasione per rifondare il calcio italiano. La Serie A e la Nazionale stanno perdendo competitività rispetto al resto del football europeo e mondiale da almeno un decennio. La deriva è iniziata all’alba del nuovo secolo, a dire il vero. Ma da Calciopoli e dall’inattesa vittoria nel mondiale tedesco il rallentamento si è accentuato.

Il sistema calcio ha smarrito velocità e orientamento, ha mancato l’appuntamento con l’organizzazione degli eventi europei del 2012 e del 2016 e non ha saputo autorigenerarsi, ammodernando le proprie strutture materiali e immateriali. L’arretramento economico della Serie A e le ripetute delusioni azzurre sono i sintomi più evidenti di una malattia che erode il football tricolore dalle radici.

Le nubi che si addensano intorno alla nuova proprietà cinese del secondo brand calcistico nazionale, la richiesta di fallimento avanzata nei confronti del Palermo dalla Procura del capoluogo siciliano per un presunto buco da 70 milioni e la radiazione del Modena dalla Lega Pro per un’insolvenza manifestatasi dopo poche giornate dall’inizio del torneo sono tutti elementi di un declino generale. Questi problemi non si risolvono con misure urgenti e scelte populiste. Il presidente del Coni Giovanni Malagò auspica un commissario per la Figc con ampi poteri e un mandato lungo. Dopo l’elezione di Mauro Balata in Serie B, la Lega di A si riunisce domani a Milano per scegliere i propri organi.

Ma prim’ancora degli uomini sarebbe importante trovare un accordo su sette-otto riforme da fare inderogabilmente da qui a un anno per rimettere in carreggiata lo sport più amato nel paese. Dopo tutto, di esempi da emulare e magari perfezionare non ne mancano guardandosi attorno.

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