Sulla formazione, la manifattura italiana lancia un urlo alla Edvard Munch. Nei prossimi cinque anni nei settori chiave della meccanica, della chimica, del tessile, dell’alimentare e dell’Ict le imprese avranno bisogno di qualcosa come 272mila addetti con oltre il 60% di periti e laureati tecnico-scientifici, annuncia Confindustria in un dossier realizzato con Unioncamere, che viene presentato oggi a Verona all’apertura della 27esima edizione del Job&Orienta.
Un’opportunità enorme per studenti e famiglie. Ma le nostre scuole secondarie saranno in grado di sfornare, per tempo, i profili richiesti? La risposta è un triste «no».
Sono ormai anni che gli istituti tecnici perdono iscritti; nell’indirizzo meccanico, solo per fare qualche esempio, nell’ultimo triennio di corsi, siedono in classe poco più di 30mila ragazzi. Di questi circa la metà andrà poi all’università. Sapete quanti diplomati serviranno alle aziende meccaniche? Quasi 40mila. Dalla meccanica al tessile il passo è breve. Ma i problemi, purtroppo, sono gli stessi. Nell’ultimo triennio degli istituti tecnici a indirizzo «tessile, abbigliamento, moda» gli studenti iscritti superano appena le 2mila unità. Immaginiamo, anche qui, che la metà prosegua negli studi accademici. Risultato? Mille periti per un settore che invece ne chiede 16.350.
«Siamo di fronte a una grave emergenza formativa – spiega Giovanni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano –. Va detto con chiarezza, e con la forza dei numeri. Lo studio che presentiamo oggi parla chiaro: è un messaggio che indirizziamo a tutti, politica, insegnanti, genitori, ragazzi. C’è tanta manifattura in Italia. Venite a conoscerla. È una ricchezza, non un fastidio».
Il punto è che bisogna spingere l’acceleratore sull’orientamento, soprattutto tra i banchi. E partendo dalle medie. Non a caso è questo lo slogan che apre il dossier degli industriali, curato da Ermanno Rondi, a capo del gruppo tecnico «Formazione professionale e alternanza scuola-lavoro» di Confindustria.
Il fabbisogno dei 272mila addetti da qui al 2021 è calcolato in base al turn-over e alle aspettative di crescita (o decrescita) dei cinque settori. La cifra dello studio è tutta nei numeri, inediti: nella meccanica la stima è di 93.550 nuovi ingressi, di cui circa 60mila in possesso di laurea o diploma (c’è una forte riduzione di manodopera senza titoli scolastici o con la qualifica professionale, indotta, probabilmente, anche dalle rinnovate esigenze di Industria 4.0).
Nell’alimentare la richiesta è di 49mila addetti, nel tessile 47.500, nel chimico 5mila, nell’Ict 77mila. In questi ultimi due settori, vale a dire chimico e Ict, la quota di laureati è piuttosto alta. «Ma anche qui molti posti – aggiunge Brugnoli – rischiano di rimanere scoperti. Questo perché ci sono pochi laureati Stem, ossia in Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Ciò penalizza le imprese, e molto spesso favorisce la disoccupazione. Di qui la necessità di informare famiglie e studenti, e cambiare rotta: vanno valorizzati gli Its, gli Istituti tecnici superiori (nella legge di Bilancio è stato trovato un accordo per un ulteriore finanziamento pari a 65 milioni di euro nel triennio, ndr) e le lauree industriali manifatturiere legate proprio a queste super scuole tecniche, post diploma».
Insomma, c’è bisogno di una formazione subito professionalizzante. Lo si capisce bene – per i dettagli rinviamo agli altri servizi in pagina – sbirciando all’interno dei 272mila profili che l’industria italiana è pronta ad assumere. Il settore meccanico, in particolare, cerca ingegneri per fare i progettisti, programmatori informatici, super periti specializzati in robotica. Il 72% dei nuovi ingressi avverrà da Firenze in su.
L’industria alimentare aprirà le porte agli addetti alla lavorazione, ai controllori di qualità-sicurezza, ai tecnologi alimentari, agli esperti di legislazione. Da segnalare che qui oltre il 40% dei contratti previsti si firmerà da Roma in giù; e inoltre il 21,7% dei profili più richiesti è rivolto a giovani sotto i 29 anni.
Nel tessile-moda la mappa del fabbisogno è più o meno omogenea in tutt’Italia: la ricerca è rivolta essenzialmente a tecnici di tessitura, della confezione, della nobilitazione e della stampa tessile. Ma è caccia aperta pure a ingegneri, tecnici di processo, specialisti informatici e di prodotto. C’è poi la chimica, che chiede analisti, ricercatori, tecnici di laboratorio, conduttori d’impianto, esperti nell’area sicurezza, salute, ambiente. Ci sarà bisogno di giovani risorse, e la prospettiva è piuttosto invitante: a cinque anni dalla laurea lavora l’86% dei chimici e il 90% degli ingegneri chimici, e ormai, in questo settore, ogni 100 neoassunti, 28 sono laureati. L’industria chimica cerca giovani pure per attività non tecnico-scientifiche, dove è necessaria però una formazione di base chimica. Qui gli esempi sono questi: il «Regulatory affairs» e l’area vendite.
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