La Uefa è dunque orientata a respingere la richiesta del Milan di un accordo preventivo sul fair play finanziario. La decisione di non concedere il voluntary agreement sarà ufficializzata dopo la riunione dell'8 dicembre ma è già stata ampiamente anticipata nelle scorse settimane. La scelta della commissione Uefa presieduta dall'ex primo ministro belga Yves Leterme, davanti a cui l'a.d. rossonero Marco Fassone ha prodotto un documento di 150 pagine a novembre, è dipesa dalla difficoltà di soppesare l'andamento dei ricavi supposto dalla dirigenza rossonera nel nuovo piano, ma soprattutto dai dubbi della Uefa sulla proprietà cinese.
Tra le trenta domande sottoposte alla delegazione guidata da Fassone, il comitato Uefa ne ha dedicate, infatti, molte alla consistenza del patrimonio di Yonghong Li e alla sua capacità di assicurare continuità al progetto societario. Le risposte ottenute non hanno rassicurato evidentemente i giudici di Nyon. L'inchiesta del New York Times sull'impero minerario di Yonghong Li, che secondo il quotidiano statunitense non apparterrebbe al patron rossonero, ha ingrandito le perplessità. Per Fassone la Uefa avrebbe fatto richieste «impossibili».
La Uefa dal punto di vista politico non intende legittimare, sia pure indirettamente, una proprietà di cui non si fida al 100 per cento. E c'è chi si domanda come sia stato possibile per le istituzioni calcistiche italiane accettare senza muovere alcun rilievo un simile passaggio societario. Senza considerare che l’attuale livello dei ricavi viene reputato troppo basso per far fronte al debito consolidato da oltre 350 milioni (inclusi gli interessi) con il fondo Elliott. Rifinanziarlo con un altro soggetto significherà avere più tempo per ripararlo, ma gli oneri finanziari a carico della società si aggraveranno. Il club ha firmato un accordo con BGB Weston, advisor londinese per la ricerca di una banca o un altro fondo che sia disposto a concludere l'operazione (ci sarebbe già un soggetto interessato, Highbridge Capital Management, banca d'affari americana con cui in queste settimane sta completando la due diligence).
Basterà poi la Champions conquistata tra due o tre anni a fare da volano per la crescita dei ricavi a quota 350/400 milioni? Per questo la Uefa avrebbe deciso di rimandare l'esame dei conti del club (che con un rosso di oltre 250 milioni nel triennio sono oltre i paletti che ammettono una perdita massima di 30 milioni) alla prossima primavera, quando saranno approntati i settlement agreements con le sanzioni per i club non in linea con il fair play finanziario. Ma che cosa rischierebbe a quel punto il Milan? L'esclusione dalle Coppe europee paventata da Marca è in realtà la misura estrema. Per capire che genere di restrizioni saranno imposte basta guardare ai precedenti che hanno coinvolto anche Inter e Roma e quindi multe, restrizioni alle rose, limitazioni al mercato, eccetera. Al di là di ogni considerazione, la Uefa non vuole rinunciare al Milan e al suo brand che fa parte del gotha del calcio continentale.
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