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Robotica, le aziende italiane a caccia di tecnici «introvabili»…

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INDUSTRIA 4.0

Robotica, le aziende italiane a caccia di tecnici «introvabili» (perché non esistono ancora)

Devono disegnare robot, programmarli, curarne la manutenzione, descriverli ai clienti. Magari in inglese, visto che l'export incide sul 56,3% della bilancia commerciale e non è il caso di rivolgersi in italiano a clienti sauditi o norvegesi. Sono le competenze richieste ai tecnici cercati dalle 400 aziende italiane del segmento di robotica e automazione, la filiera che realizza le “infrastrutture” per l'evoluzione dell'industria 4.0.

I dipendenti che gravitano intorno al settore sono circa 32mila, un numero che ha retto senza troppi scossoni anche nel vivo della crisi finanziaria. Nel 2018 si dovrebbe registrare un aumento delle posizioni aperte fra il 10 e il 15%, secondo le stime dell'agenzia di lavoro e-work, con un fabbisogno di figure che copre l'intero processo produttivo. Sempre che si trovino, visto che alcune delle risorse più ambite sono appena apparse sul mercato italiano (o sono pagate di più all'estero).

Di che mercato si parla...
Stando ai dati dell'Ucimu (l'Associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione), l'industria della Penisola ha registrato una produzione per 6,1 miliardi di euro nel 2017 e punta a raggiungere i 6,5 miliardi nel 2018. Le esportazioni hanno inciso per 3,4 miliardi, con una propensione in crescita per l'Asia. Nei primi nove mesi dell'anno scorso le vendite verso la sola Cina sono salite dell'11,5%, a 248 milioni di euro, oltrepassando quelle verso gli Usa (246 milioni, giù dell'8,7%). Per darsi un ordine di grandezza, il mercato della Germania (quinto al mondo e primo in Europa) ha archiviato l'anno scorso con una stima di 13,7 miliardi di euro nel settore. In Francia, appena sotto la Penisola per valore di mercato, la sola robotica industriale genera un turnover di 400 milioni di euro. E i numeri sono in ascesa anche in Spagna e Regno Unito, dove le esigenze di automatizzazione del manifatturiero fanno da leva per le vendite. E il lavoro.

...e i professionisti “introvabili”
E qui torniamo all'Italia. Tra le figure con più domanda si registrano analisti e progettisti di software, disegnatori industriali e tecnici esperti in applicazioni. Se si va oltre la vetrina delle agenzie, però, affiorano competenze più specifiche di quelle che possono essere elencate su annunci e qualifiche lavorative. Come sottolineano dall'Ucimu, parlare di automazione non equivale solo ad «aziende che producono robot» ma un segmento più vasto, che spazia dall'internet of things ai macchinari.
Fabrizio Brucato, talent acquisition manager dell'azienda di robotica piemontese Comau, spiega che la domanda si concentra più sul software che sull'hardware. Inclusa la capacità di analizzare e sfruttare i dati raccolti dalle macchine: «Ad esempio il linguaggio di programmazione e tutta la tecnologia che lega l'uomo alla macchina - dice Brucato - Quindi sviluppatori, specialisti di Internet of things (internet delle cose, i dispositivi connessi alla rete ndr) e analisti di Big data, i “grandi dati” veicolati dalle macchine». L'azienda ha dato vita a una scuola interna, chiamata Academy, dove sostiene di «formare in casa» gli specialisti necessari alle sue linee produttive. Un esperimento che lascia intendere la difficoltà di rintracciare profili adatti, non per la qualità dei laureati ma per la natura stessa di competenze che variano da impresa a impresa: «Diciamo che non è facile, nella misura in cui emergono competenze tecniche molto specifiche - ammette Brucato - In questo senso essere giovani è un vantaggio, ma non una una prerogativa indispensabile».

Il nodo delle retribuzioni
Brucato aggiunge che i professionisti di ultima generazione, i cosiddetti millennials, guardano «più al progetto che alla retribuzione in sé». Ma è probabile che i candidati diano uno sguardo anche allo stipendio offerto, prima di siglare un contratto in uno dei pochi settori che si espandono a vista d'occhio. I dati estratti da e-work stimano una Ral (retribuzione annua lorda) di 28-36mila euro per analisti e progettisti di software, 30-40mila euro per i disegnatori industriali e 30-35mila euro per tecnici esperti in applicazioni. Per salire di grado, un «ingegnere programmatore di robot per l'industria 4.0» può guadagnare fino a 40mila euro lordi dopo almeno cinque di anni esperienza, con retribuzioni in ascesa a seconda di maturità professionale e grado di specializzazione. Nel resto d'Europa i valori sono diversi, anche se il balzo è meno brusco rispetto ad altri settori industriali. Secondo il portale PayScale, nel Regno Unito si scende all'equivalente di una media di 37mila euro, mentre in Germania l'asticella sale poco sopra i 44mila euro annui.

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