La soluzione trovata nell’ultima legge di bilancio per lo sblocco degli scatti di stipendio del passato - scatti biennali dal 2020 e una tantum di parziale ristoro - non soddisfa i professori universitari. Che dopo il clamoroso e inconsueto sciopero degli esami nella sessione d’autunno (a cui parteciparano in oltre 11mila) minacciano ora un nuovo blocco la prossima estate.
Già oltre 5mila adesioni
In questi giorni sta montando la protesta e già avrebbero aderito a un appello promosso dagli stessi promotori dello scorso sciopero oltre 5mila prof e ricercatori. Nel mirino non solo gli stipendi - proprio in questi giorni il Miur sta lavorando a come assegnare un ristoro parziale per il blocco del passato - ma anche la richiesta di impegni precisi al futuro Governo che uscirà dalle urne su nuovi investimenti per l’università: dalle borse di studio per gli studenti a nuove assunzioni per i giovani che aspirano a raggiungere la cattedra.
A rischio l’appello estivo
Nella «lettera di proclamazione di sciopero dagli esami di profitto dal 1 giugno al 31 luglio 2018» messa a punto dal movimento per la dignità della docenza universitaria che sta circolando da alcuni giorni negli atenei si legge infatti che nella prossima sessione di esami «i professori universitari, nonché i ricercatori universitari ai quali sia stato affidato in maniera ufficiale un corso o un modulo nella loro sede di appartenenza, si asterranno dal tenere tutti gli appelli degli esami di profitto programmati nella sede di appartenenza nella giornata fissata per il primo di tutti gli appelli dei loro corsi o moduli della loro sede che cada all'interno del periodo 1 giugno-31 luglio 2018.». In pratica tutti gli esami verranno spostati all'appello successivo che si terrà regolarmente. In ogni caso come già avvenuto per lo sciopero degli esami dello scorso autunno verrà assicurato - spiegano i promotori della nuova protesta - lo svolgimento di almeno un appello nello stesso periodo (1 giugno-31 luglio). Previsti anche appelli straordinari per laureandi, studenti Erasmus e studentesse in gravidanza o con problemi di salute.
Bocciate le misure in manovra
Nel mirino della protesta torna di nuovo il blocco degli stipendi del periodo 2011-2015: l’intervento previsto dalla manovra varata a fine dicembre - che costa 150 milioni all'anno a regime - non recupera infatti il pregresso, ma guarda al futuro e punta attraverso l’introduzione di scatti biennali e non più triennali a favorire soprattutto i giovani (anche in chiave pensionistica) che sono stati i più penalizzati in passato. La norma prevede che il nuovo meccanismo comincerà a decorrere con i suoi effetti giuridici dal 1 gennaio del 2018. Mentre gli effetti economici si vedranno solo due anni dopo. Ma per compensare almeno parzialmente professori e ricercatori del blocco degli stipendi del passato è prevista anche una “una tantum” compresa tra i 2.572 euro e i 2.250 da spalmare in due rate (la prima nel 2018 per un valore tra 1250 e 1429 euro e la seconda tra i 1000 e i 1.143 euro). Una misura questa su cui sta lavorando proprio in questi giorni il ministero dell’Istruzione che deve varare un decreto attuativo della legge di bilancio con i criteri per assegnare questo ristoro parziale.
Le richieste dei prof
«Nella legge di Bilancio 2018 non riscontriamo risposte soddisfacenti allo sblocco definitivo delle classi e degli scatti sollecitato con lo sciopero dagli esami di profitto dal 28 agosto al 31 ottobre 2017»: questo l’incipit della lettera diffusa dal movimento di protesta. Che innanzitutto chiede che gli scatti bloccati nel quinquennio 2011-2015, vengano sbloccati a partire dal 1° gennaio 2015, come è stato previsto per tutti gli altri dipendenti pubblici, e senza chiedere arretrati. In più i professori sul piede di guerra chiedono che vengano stanziati 80 milioni per incrementare il «Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio» destinate agli studenti e che poi vengano messe a disposizione risorse per procedere ai concorsi per 6000 posti da professori associati e 4000 da ordinari, «riservate almeno per il 90% a cambiamento di fascia o ruolo, nell'ambito della sede di appartenenza, del personale già in servizio». A cui aggiungere i fondi per 4000 posti da ricercatori di tipo B (il primo gradino per la docenza).
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