Italia

Msf lancia l’allarme: in Italia 10mila rifugiati in edifici occupati…

  • Abbonati
  • Accedi
INTEGRAZIONE

Msf lancia l’allarme: in Italia 10mila rifugiati in edifici occupati e ghetti

Migranti nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa (foto Ansa)
Migranti nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa (foto Ansa)

Sono almeno 10mila le persone escluse dall’accoglienza, tra richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria, con limitato o nessun accesso ai beni essenziali e alle cure mediche. A lanciare l’allarme è Medici senza forntiere, che oggi ha presentato i risultati della seconda edizione del rapporto “Fuori Campo”. L’indagine è il frutto di un lavoro di monitoraggio compiuto nel 2016-2017 in circa 50 insediamenti informali. La conclusione è che queste persone «pur essendo regolarmente presenti sul territorio italiano, si trovano al di fuori del sistema di accoglienza, spesso in condizioni durissime, senza un riparo decoroso, cibo sufficiente e un adeguato accesso alle cure mediche». Vivono in edifici occupati delle città, nei ghetti delle aree rurali, bloccati alle frontiere, a Ventimiglia, Como, Gorizia e Bolzano, senza accesso ai beni essenziali e alle cure mediche di base.

Tra queste persone ci sono anche italiani
Si tratta di persone di varia provenienza, dall’Africa sub-sahariana e dal Corno d’Africa, ma anche da Siria, Iraq, Pakistan, Afghanistan, appena arrivati in Italia o presenti nel Paese da anni. In alcuni siti, ci sono anche italiani a condividere le condizioni dei migranti.

In 17 siti su 47 anche bambini piccoli
I siti “informali” sono edifici abbandonati o occupati (53%), luoghi all’aperto (28%), tende (9%), baracche (4%), casolari (4%), container (2%). Undici di questi si trovano nel Lazio, sette in Puglia, sei in Sicilia, cinque in Calabria e in Piemonte. Solo il 45% degli insediamenti ha accesso all’acqua e all’elettricità. In 17 su 47 insediamenti informali è stata riscontrata la presenza bambini piccoli, al di sotto dei 5 anni.

Sistema di accoglienza ampliato ma rimane in sofferenza
«Il sistema di accoglienza - rileva il report - è stato ampliato fino a raggiungere al 31 dicembre 2017 il numero di 183.681 posti, in leggero aumento rispetto al 2016. Nonostante i tentativi del Governo di attuare un sistema di accoglienza unico promuovendo il modello dell’accoglienza diffusa gestita dai Comuni - continua Msf - i richiedenti asilo e rifugiati ospitati nella rete Sprar alla stessa data risultavano essere 31.270, appena il 17% del totale».

Carenza cronica di posti
La sofferenza strutturale del sistema di accoglienza, spiega Msf, si manifesta nella «carenza cronica di posti», dovuta «non soltanto all’aumento del numero di richieste d’asilo, ma anche al basso livello di turnover nelle presenze dei centri a causa dei tempi necessari per l’esame delle domande».

Tra richiesta e notifica dell’esito in media 307 giorni
In particolare, «malgrado l’aumento delle Commissioni territoriali degli ultimi anni, il tempo medio intercorrente tra la presentazione della richiesta di asilo e la notifica dell’esito dell’audizione risulta essere di 307 giorni. In caso di diniego della protezione e di presentazione di un ricorso - si legge ancora nel report -, il tempo di permanenza nei centri può prolungarsi di ulteriori 10 mesi, il tempo medio necessario per giungere all’esito del primo grado di appello».

Il dramma della frontiera di Ventimiglia
L’indagine si sofferma poi sul caso Ventimiglia. Dalla fine del 2016, più di 20 persone sono morte nel tentativo di lasciare l’Italia. Quindici solo al confine con la Francia. Molti hanno perduto la vita sulle montagne, lungo il cosiddetto “passo della morte”, usato nel passato da ebrei in fuga, partigiani e contrabbandieri. Dei 287 adulti intervistati da Msf a Ventimiglia tra il 28 agosto e il 14 settembre 2017, 131 hanno dichiarato di aver provato ad attraversare il confine con la Francia, dei quali 90 tra 1 e 3 volte, 25 tra 4 e 7 volte e ben 8 persone per più di 12 volte. Il 23,6% di chi ha tentato il passaggio del confine ha dichiarato, inoltre, di aver subito almeno un atto di violenza da parte di uomini in uniforme, italiani o francesi.

© Riproduzione riservata