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Ilva, Alitalia, Tlc al bivio del voto

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verso le elezioni

Ilva, Alitalia, Tlc al bivio del voto

(Ansa)
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Il negoziato in esclusiva per la cessione di Alitalia: saltato. La fine della contesa tra ministeri e Regione e Comune di Taranto sul risanamento di Ilva: rinviata. La soluzione di “sistema” nelle tlc su separazione della rete Tim e intesa Vivendi-Mediaset sui media: ancora in bilico. Tre esempi di una serie che potrebbe essere molto più lunga: forse mai come in questa tornata elettorale l’effetto voto si fa sentire sulle grandi partite industriali.

Sliding doors
Il potenziale disallineamento tra la linea e le convinzioni espresse finora dal governo in carica e le idee di chi potrebbe formare il prossimo esecutivo – che siano larghe intese, un governo di scopo oppure (a sorpresa) espressione di una maggioranza netta – prefigura delle autentiche «sliding doors» in grado di determinare esiti completamente diversi rispetto a quanto sembrava scontato solo pochi mesi fa. Con qualche eccezione, ovviamente. Per esempio, nella partita italo-francese che vede in pista Fincantieri e il tentativo di un’alleanza allargata nelle navi militari con coinvolgimento di Leonardo. La tabella di marcia è già stata delineata al summit di Lione di fine settembre e non dovrebbe subire particolari scossoni nel dopo voto. Entro giugno è attesa la road map dettagliata del futuro patto e Fincantieri e l’omologa francese, Naval Group, sono al lavoro su un’integrazione più stretta, giudicata cruciale anche alla luce dei piani europei per una difesa comune. Ed è forse più sugli sviluppi di quest’ultimo tassello che potrebbero pesare le diverse “sensibilità” politiche: più allineati Pd e Forza Italia (considerato anche l’impegno su questo fronte del presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, che molti indicano come possibile premier di un governissimo), meno protesi sull’Europa, invece, Lega e Cinquestelle.

L’Ilva e la convergenza Emiliano-M5S
Una variabile, quella della formazione pentastellata, che potrebbe condizionare anche il destino dell’Ilva. Novità degli ultimi giorni la sintonia con il governatore della Puglia, Michele Emiliano, che non a caso si è già espresso a favore di un sostegno Pd nel caso fosse affidato un incarico di governo ai grillini. Il programma M5S per il sito di Taranto sembra distante anni luce dal percorso avviato dal governo Gentiloni: progressivo addio dell’acciaio, bonifiche e piano di riconversione industriale che punta su ricerca, economia circolare, energie rinnovabili. Uno scenario che non contemplerebbe più un ruolo della Cassa depositi e prestiti. Che invece potrebbe entrare nell’attuale disegno per sbloccare un’eventuale impasse a livello di Antitrust Ue sui soci della cordata Am Investco.

Alitalia e ipotesi nazionalizzazione
Ironia della sorte, c’è chi invece tiferebbe per la Cdp nella partita Alitalia. Il centro-destra al governo potrebbe spingere per una sorta di «nazionalizzazione» di ritorno con il coinvolgimento della Cassa, ipotesi non sgradita nemmeno ai grillini ma in contrasto con le soluzioni caldeggiate dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. Il presidente di Cdp, Claudio Costamagna, parlandone a gennaio, non ha chiuso le porte. «Al momento Cdp non è coinvolta nel caso Alitalia, ma se un potenziale acquirente ci chiederà qualche sostegno siamo pronti a parlare a tutti». Un eventuale intervento della Cassa dovrebbe fare i conti con alcune variabili, a partire dai limiti statutari che impedirebbero almeno in teoria di intervenire in società non in bonis, ma una strada potrebbe essere quella già battuta per l’Ilva, con la Cdp in cordata con altri soggetti.

La partita Tlc e la variabile FI
Suscita un certo fascino trasversale, stavolta tra tutti gli schieramenti da cui potrebbe uscire un nuovo governo, anche il coinvolgimento della Cdp nella rete Telecom, con una suggestione forte di creare un polo unico della banda ultralarga con Open Fiber. Ciò che conta davvero però è la variabile Forza Italia, con il peso di Berlusconi, troppo forte per essere sottovalutata nel futuro dell’investimento francese di Vivendi in Tim. Mentre ancora si attende la decisione finale sulla sanzione da comminare a Tim per la violazione degli obblighi del «golden power» (possibile una riduzione in extremis rispetto al tetto massimo di 300 milioni), i sogni di convergenza con Mediaset sono finiti in ghiacciaia così come la risoluzione della controversia. Se l’irrigidimento delle posizioni permanesse dopo un’eventuale ascesa del centro-destra, potrebbe deflagrare anche il processo di separazione della rete che ha visto in Calenda un paziente tessitore e che arriva al cda di Tim il 6 marzo, due giorni dopo il voto.

Effetti del “caso Embraco”
Non ha il peso dei grandi gruppi finora citati, ma la vertenza Embraco apre un’ulteriore riflessione politica. Il leader della Lega Matteo Salvini annuncia una battaglia contro le multinazionali in fuga, prefigurando strette sugli incentivi che in realtà sono già previste dalle norme vigenti. Forza Italia, per la verità più prudente su questo aspetto, lancia piuttosto la sfida in stile Trump della competizione fiscale con altri paesi di destinazione degli investimenti. Il Pd, invece, non potrebbe disconoscere la linea tenuta dall’attuale governo, che ha puntato sull’attrazione dei capitali stranieri secondo la “fair competition” salvo battere per la prima volta i pugni con forza a Bruxelles all’esplosione del caso Embraco.

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