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Pd, Martina: «Guiderò partito coinvolgendo tutti. No a…

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direzione dem, renzi ASSENTE

Pd, Martina: «Guiderò partito coinvolgendo tutti. No a congresso subito, noi all’opposizione»

«La segreteria si presenta dimissionaria a questo appuntamento. Ma io credo sia importante che continui a lavorare insieme a me in queste settimane che ci separano dall'Assemblea. Con il vostro contributo cercherò di guidare il partito nei delicati passaggi interni e istituzionali a cui sarà chiamato. Lo farò con il massimo della collegialità e con il pieno coinvolgimento di tutti, maggioranza e minoranze, individuando subito insieme un luogo di coordinamento condiviso. Chiedo unità». Questo l’appello del vicesegretario Maurizio Martina (al quale va la “reggenza” del partito) nella sua relazione alla direzione Pd convocata a largo del Nazareno dopo la cocente sconfitta alle elezioni del 4 marzo. Una relazione (nella quale Martina ha detto no all’ipotesi di congresso e primarie subito e ha schierato il partito all’opposizione) scandita subito dopo la lettura della lettera di dimissioni di Renzi da parte del presidente Pd Matteo Orfini.

Renzi ha deciso di non partecipare ai lavori della direzione (ai quali sono invece presenti il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e tutti i big del partito: Graziano Delrio, Andrea Orlando, Dario Franceschini, Carlo Calenda, Cesare Damiano, Gianni Cuperlo, Michele Emiliano). Ma non ha rinunciato a far sentire la sua voce. «Io non mollo. Mi dimetto da segretario del Pd come è giusto fare dopo una sconfitta. Ma non molliamo, non lasceremo mai il futuro agli altri» ha scritto nella sua e-news.

Direzione approva documento finale, 7 astenuti
La direzione del Pd in tarda serata ha approvato l'ordine del giorno finale, con 7 astenuti e voto favorevole di tutto il resto della platea «prendendo atto delle dimissioni del segretario e ringraziandolo per il lavoro e l'impegno appassionato di questi anni alla guida del partito nella sfida politica e di governo, intrapresa sempre con grande determinazione» (secondo fonti concordanti i 7 astenuti appartengono all'area vicina a Michele Emiliano). «La direzione assume, come avvio del confronto - si legge nel documento approvato - la relazione del vicesegretario, che svolgerà le funzioni di segretario fino all'Assemblea nazionale convocata - come da Statuto - dal presidente, e condivide le proposte avanzate sulla gestione collegiale dei prossimi passaggi politici». Ancora «riconosce l'esito negativo del voto, garantisce il pieno rispetto delle decisioni e delle scelte espresse dai cittadini e il proprio apporto al presidente della Repubblica». Il Pd, prosegue il documento, «si impegnerà dall'opposizione, come forza di minoranza parlamentare, riconoscendo che ora spetta alle forze che hanno ricevuto maggior consenso l'onere e l'onore di governare il Paese».

Martina: Di Maio-Salvini governino, Pd all’opposizione
Quanto alla sconfitta elettorale nessuno sconto da parte di Martina nel suo intervento. «Non cerchiamo scorciatoie o capri espiatori - ha detto il vicesegretario - a una sconfitta netta e inequivocabile che ci riguarda tutti, ciascuno per la propria responsabilità, e da cui tutti dobbiamo imparare molto». Mentre sulla linea politica Martina non ha avuto dubbi a schierare il partito all’opposizione: «Alle forze che hanno vinto diciamo una cosa sola: ora non avete più alibi. Ora il tempo della propaganda è finito. Lo dico in particolare a Lega e Cinque Stelle: i cittadini vi hanno votato per governare, ora fatelo. Il Pd continuerà a servire i cittadini dall'opposizione, dal ruolo di minoranza parlamentare». Un posizionamento condiviso da Graziano Delrio (tra i papabili alla segreteria dem). «Abbiamo ricevuto una cartolina netta, chiara, dagli elettori - ha detto il ministro - Noi staremo dove ci hanno messo gli elettori: all'opposizione» Una opposizione definita «seria, responsabile, costruttiva».

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«No subito congresso, prima progetto»
Per Martina l’assemblea nazionale di aprile anziché avviare il congresso e le primarie dovrebbe dar vita a una Commissione di progetto per una fase costituente e riorganizzativa («serve una fase costituente del partito democratico in grado di potarci nei tempi giusti al congresso. Perché il nostro progetto ha bisogno ora più che mai di nuove idee e non solo di conte sulle persone»). E citando Churchill ha aggiunto: «Il successo non è mai definitivo, la sconfitta non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta. So che possiamo farcela. So che possiamo lavorare alla nostra riscossa».

Renzi: noi mai con Lega e M5s, sono estremisti
Oggi dunque il Pd ha chiuso l’era Renzi. Il segretario uscente però non molla il Pd. Anche se tra i Dem si moltiplicano i 'rumors' su un possibile nuovo partito di Renzi, “alla Macron”. «Il mio ciclo alla guida del Pd si è chiuso. Sono stati 4 anni difficili ma belli. Abbiamo fatto uscire l'Italia dalla crisi. Ma la sconfitta impone di voltare pagina. Tocca ad altri. Io darò una mano» ha detto Renzi in un'intervista al Corriere della Sera. E ha avvertito, non rinunciando a dettare la linea: «Non esiste governo guidato dai 5 Stelle che possa ottenere il via libera del Pd». E ancora: «Abbiamo detto che non avremmo mai fatto il governo con gli estremisti, e per noi sono estremisti sia i 5 Stelle che la Lega».

La scelta dei capigruppo
Nonostante sia dimissionario, Renzi è ancora nelle condizioni di condizionare la linea politica dei gruppi parlamentari a maggioranza renziana sia al Senato che alla Camera. Il tentativo è per ora evitare “conte”, sia oggi in direzione che la prossima settimana, quando si dovranno eleggere i capigruppo. Già si ragiona di una presidenza renziana e una di mediazione (si citano Guerini e Rosato alla Camera, Bellanova e Parrini o anche Pinotti al Senato).

Verso la scelta del nuovo segretario
Il tutto in attesa dell’assemblea che ad aprile sceglierà se eleggere un segretario di transizione o indire subito le primarie. Ma molti nel partito (tranne qualche pasdaran renziano), a partire da Martina, sembrano concordare sull’inopportunità di primarie subito. Dunque si dovrebbe cercare un segretario di unità in vista del congresso, da tenersi nel 2019 o, come preferirebbero i renziani, nel 2021. In questo caso la scelta potrebbe ricadere su una figura come Graziano Delrio, che per ora si tira fuori, mentre avrebbero meno chance nomi come Nicola Zingaretti (che unisce un ampio fronte di sinistra) o Carlo Calenda, vicino a Paolo Gentiloni e sempre più attivo («È urgente riaprire le iscrizioni», ha twittato).

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