«Di estremo il nostro programma ha soltanto coerenza e concretezza. Siamo convinti che l'Italia debba avere al più presto un governo legittimato dalla volontà popolare. E i partner europei, per essere tali devono pienamente rispettarla. Come Movimento 5 Stelle ambiamo a essere garante di crescita e modernizzazione del nostro Paese, gettando le premesse per un'Italia finalmente protagonista ai tavoli europei». All’allarme lanciato da Merkel e Macron sulla «crescita delle posizioni estreme» in Italia dopo il 4 marzo replica al Sole 24 Ore Fabio Massimo Castaldo, l’europarlamentare M5S che lo scorso novembre è stato eletto vicepresidente del Parlamento Ue anche con i voti di Ppe e socialisti: il primo segnale concreto della fine dell’ostracismo dell’Europa nei confronti dei Cinque Stelle. Ma adesso i timori delle cancellerie europee per i populismi e le forze anti-sistema sembrano crescere di nuovo.
L’ansia franco-tedesca per l’Italia parte da ciò che accomuna voi e la Lega: le critiche storiche alla moneta unica, la volontà di rivedere il tetto del 3% al rapporto deficit-Pil, il rifiuto del Fiscal Compact e del bail-in…
È quantomai necessario che l’architettura dell’eurozona venga ristrutturata prontamente per sanarne gli squilibri e puntare finalmente alla crescita, superando il fiscal compact e archiviando definitivamente la stagione dell'austerità. Lo diciamo da anni, e siamo in compagnia di illustri premi Nobel per l'economia: basti pensare a Stieglitz, Krugman... la lista cresce ogni anno. A Bruxelles siamo da sempre molto pragmatici e pienamente partecipi nel gioco negoziale tra i gruppi, come è stato provato dalla mia elezione a vicepresidente del Parlamento Europeo e recentemente dall’appello (al Pd perché sostenga il M5S, ndr) arrivato dal vicepresidente dei Verdi Pascal Durant e dall’europarlamentare della Gue Barbara Spinelli, due europeisti convinti. Chi conosce davvero il nostro lavoro dentro le istituzioni riconosce l’efficacia e la competenza della nostra azione politica.
Il leader francese ha strappato alla più cauta Germania la promessa di una road map entro giugno per riformare l’eurozona e ha legato anche l’esito del voto italiano all’incapacità europea di rispondere a due bisogni: le conseguenze della crisi e le sfide migratorie. Pensa che la strada indicata da Macron sia giusta?
A mio avviso questa rinnovata volontà può essere letta come una prima, timida ammissione di colpa. L'Italia è stanca delle pacche sulle spalle e dei complimenti di circostanza sul dramma delle migrazioni: la riforma del regolamento di Dublino deve essere netta e radicale, includendo anche i migranti economici e prevedendo procedure efficaci e rapide. Come forza di governo siamo pronti a fare la nostra parte, rispettando gli impegni presi, ma pretenderemo solidarietà concreta e soprattutto risposte adeguate sulle cause profonde del fenomeno. Non si può ipocritamente finanziare con i soldi dei nostri contribuenti Erdogan - mercoledì scorso sono stati erogati 3 miliardi di euro alla Turchia - e poi non finanziare il Trust Fund Ue per l’Africa, creato proprio per sradicarne la povertà: manca all’appello ancora 1 miliardo. E intanto l’Italia è lasciata sola.
Sul tavolo c’è l’idea di un unico bilancio della zona euro e di un ministro delle Finanze dell’unione monetaria. Servono?
Spesso le proposte di riforma in ambito europeo commettono l'errore di soffermarsi sugli strumenti e non sulle politiche. Ma sono le seconde a dover governare i primi, e non viceversa. Prima deve essere attuata una svolta chiara in favore di politiche espansive e anticicliche: poi discuteremo di cosa serve per attuarla. Ma se l'obiettivo è creare una nuova figura che accentri ancora di più il potere decisionale, allontanandolo dal controllo democratico e imponendo condizionalità asfissianti e demolizione del welfare ai Paesi in difficoltà spacciandole per “aiuti, saremo in prima linea per impedirlo. Nel frattempo vengono avanzati tagli ad agricoltura e politica di coesione. Stiamo parlando di oltre 5 miliardi di finanziamenti in meno per l'Italia rispetto alla programmazione 2014-2020. Noi non ci stiamo.
Oggi la Russia probabilmente incoronerà Putin per la quarta volta, nel momento in cui dopo lo scandalo Londongrad Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania fanno asse contro il Cremlino. È ancora praticabile, come chiedete sia voi sia il centrodestra, invocare l’addio alle sanzioni e buone relazioni con Mosca? Non pensa che anche la simpatia verso Putin sia motivo di diffidenza delle cancellerie europee nei vostri confronti?
Non si tratta di simpatia ma di buon senso: che la politica delle sanzioni e delle conseguenti controsanzioni russe non abbia ottenuto nessun risultato apprezzabile, se non aver chiuso un importante mercato di export per decine di migliaia di pmi europee e in particolar modo per quelle italiane, accentuando le già devastanti conseguenze della crisi economica, è sotto gli occhi di tutti. Le nostre alleanze internazionali non sono in discussione, così come la solidarietà al popolo britannico per quanto è accaduto e che è oggetto di indagine, ma quando si menziona la Russia è bene ricordare che si tratta di una potenza globale da cui dipende anche la nostra sicurezza energetica, senza contare il loro seggio permanente con diritto di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il dialogo è l'unica via percorribile.
L’agenda Cinque Stelle è ambiziosa, con la sua promessa di reddito di cittadinanza, di abbassamento della pressione fiscale sul ceto medio. Per coprirli si punta a ottenere più flessibilità per la crescita. Ma quali sono i margini di trattativa per un Paese che si conferma sempre più sotto osservazione?
L’Italia paralizzata dai partiti è stata sotto osservazione. Con noi si apre una nuova stagione: quella dei cittadini. Con un piano di digitalizzazione della pubblica amministrazione e una spending review della spesa improduttiva si possono recuperare miliardi di euro per investimenti ad alto moltiplicatore.
A Roma la sindaca Raggi ha ridotto il numero delle partecipate da 31 a 11 prevedendo un risparmio di 90 milioni di euro. Pensate se questo accadesse anche in tutto il resto d’Italia.
In fondo proprio sulla flessibilità per la crescita si giocherà il rispetto del vostro impegno a ridurre di 40 punti in dieci anni il rapporto debito-Pil, che oggi supera il 130%. Che cosa dovrebbe fare l’Ue?
Il rapporto debito-Pil è appunto un rapporto: finora ci si è incaponiti sulla riduzione del primo termine, ma in realtà per migliorarlo la priorità è far crescere il secondo. L’Ue dovrebbe assecondare questo cambio di prospettiva rivedendo anche lo statuto e gli obiettivi della Bce, che a differenza della FED non deve perseguire la piena occupazione ma solo il controllo dell'inflazione, ossessione tedesca. Inutile appellarsi agli zero virgola. Per rimettere in moto l’Italia serve una spesa pubblica ponderata che generi ricchezza e posti di lavoro. Il debito è uno strumento, non un fine.
Voi europarlamentari M5S siete ancora nel gruppo degli euroscettici Efdd con l’Ukip di Nigel Farage. Eppure già un anno fa avevate tentato senza successo il passaggio tra gli ultraeuropeisti di Alde. La nuova veste moderata che il Movimento di Luigi Di Maio ha assunto in Italia cambierà gli equilibri anche a Strasburgo?
Le nostre proposte sono note da tempo, così come la nostra capacità di interloquire e lavorare con le varie sensibilità politiche. La veste non è mai cambiata. La Brexit sarà senz'altro un passaggio cruciale all'interno delle istituzioni e per l'Unione intera. Ma il vero problema risiede nello squilibrio di rappresentanza. Nella Conferenza dei Presidenti, uno degli organi più importanti del Parlamento europeo, siedono 4 tedeschi su 9. I segretari generali di Commissione e Parlamento sono tedeschi. Forse il futuro presidente della Bce sarà tedesco. L’interesse dell’Italia deve essere tutelato di più a Bruxelles. Questa è e continuerà ad essere la nostra bussola al Parlamento europeo.
Quante probabilità ci sono che il Movimento trovi i numeri in Parlamento per governare?
Io sono fiducioso nel ruolo di saggezza e lungimiranza rappresentata dal Capo dello Stato. Noi non faremo nessun mercanteggiamento ma proporremo al Parlamento un impegno chiaro sul programma di governo con leggi e tempi di approvazione. Vogliono o no i partiti ridurre le tasse, tagliare gli sprechi, dare soldi alle famiglie, alzare le pensioni minime? Se sì voteranno il nostro programma. Vogliamo far uscire l’Italia dal pantano.
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